CAPITOLO DECIMO - parte 1

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-Tim...- farfugliò Asya, ancora accasciata a terra con i gomiti premuti contro alla parete.
Il ragazzo era in piedi, completamente immobile, e sembrava guardare dritto nella sua direzione. Difficile dire quanto fosse cosciente, ma indubbiamente Asya era in una situazione di pericolo.
Si alzò in piedi barcollante; le spalle e la schiena erano doloranti, e le gambe non sembravano voler più smettere di tremare, sorreggendo a fatica il peso del suo corpo.
-Tim- ripeté con maggiore decisione, avanzando un passo indeciso verso di lui, che ancora la fissava immobile.
Sapeva per certo che lui stava lottando, in quel momento, contro la volontà di quel maledetto mostro. Stava certamente cercando di opporsi,  ma l'influenza che quel mostro aveva su di lui era certamente troppo forte.
Allungò una mano tremante, e chiamò ancora una volta il suo nome. -Tim, sono io...-.
Fu forse quella frase che fece recuperare al ragazzo il controllo del suo corpo, perché pochi secondi dopo si mosse. Girò la testa a destra e sinistra con movimenti rapidi e nervosi, poi afferrò la maschera che aderiva al suo volto e la gettò a terra con violenza. L'espressione del suo volto, finalmente visibile, era confusa e spaventata.
-Asya...- balbettò scattando verso di lei con le braccia aperte. La strinse a sé con forza, ignorando il dolore che questo gesto gli causava, e non riuscì a trattenere le lacrime.
-Scusa...- farfugliò ancora stringendola più forte -Non avevo capito.... Non avevo capito-.
E lei, finalmente protetta in quell'abbraccio stretto, si abbandonò completamente appoggiando la testa contro al suo petto caldo. Non disse niente; non c'era bisogno di parlare.
-Oh Cristo.... Ma che..?!- esclamò Berto con le mani premute sulla bocca e gli occhi sbarrati. Era appoggiato allo stipite della porta, a guardare con paura ed orrore la scena che si trovava davanti: i vetri rotti, il sangue, ed il cadavere di Jason che giaceva sul pavimento.
Tim sciolse l'abbraccio con Asya, e si voltò verso di lui. Stava per dire qualcosa, ma l'uomo iniziò a sbraitare ancor prima che lui riuscisse ad aprire la bocca. -Chiamo la polizia! ..... Oddio! Oddio!.... Ti prenderanno, vedrai!-.
Scappò via, e recuperò al volo il suo cellulare, posto sul bancone del bar, prima di chiudersi a chiave nello sgabuzzino.
-Merda...- farfugliò il ragazzo aggrottando la fronte.
Asya posò gli occhi sul cadavere a terra, piegando il volto in una smorfia, prima di tornare a voltarsi verso Tim. -Ed ora?- chiese, con voce tremante.
-Quello fa sul serio, dobbiamo andarcene da quì- rispose lui a denti stretti.
-Ce la fai a camminare?- domandò subito Asya, poggiando una mano sulla sua schiena. Il ragazzo annuì con un lieve cenno del capo, e senza pensarci troppo iniziò ad avanzare. Ciò che non disse era che ad ogni passo sentiva dolori lancinanti, simili a quello che si proverebbe quando un coltello si conficca nella carne. Ma non poteva fermarsi, doveva uscire da lì ed allontanarsi assieme ad Asya, prima dell'arrivo della polizia; con un cadavere a terra e le loro impronte dappertutto, sarebbero stati processati.
Uscirono dalla porta avanzando più velocemente che potessero, trovando maggiore difficoltà a camminare sull'erba del giardino; la priorità, adesso, era allontanarsi dalla strada.
Non avendo nessun altro posto dove nascondersi, furono costretti ad inoltrarsi, ancora una volta, nel bosco.
In quel bosco maledetto ove si celava un nemico ben peggiore.

Masky - La fineWhere stories live. Discover now