CAPITOLO NONO - parte 2

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Il vetro si ruppe, e mille schegge scintillanti caddero sul pavimento emettendo un forte frastuono; rimbalazono a contatto con le mattonelle, tintinnando.
La fronte si Jason era piena di sangue, ma Tim non si decideva a mollarlo; stringeva ancora il suo collo impedendogli di scappare, con una ferocia tale da non sembrare neanche più sé stesso.
-Aspetta, posso...- balbettò l'uomo, ma non fece in tempo a finire quella che, probabilmente, era una frase di supplica. Tim afferrò un grosso pezzo di vetro adagiato sul lavandino, e lo usò per tagliargli la gola. Il sangue schizzò via imbrattando le pareti, mentre il corpo cadeva a terra sotto agli occhi terrorizzati di Asya.
Emise un tonfo sordo, prima di restare immobile disteso sul pavimento; una chiazza rossa si allargò velocemente sotto di lui.
Tim a quel punto si fermò, lo guardò a pugni stretti per una manciata di secondi, poi si voltò verso Asya.
A quel punto avrebbe voluto rassicurarla, dirle che andava tutto bene e che avrebbe risolto tutto quanto, ma no ne ebbe la possibilità: subito, una serie di forti colpi di tosse lo costrinsero a piegarsi a terra. La stanza iniziò a girare vertiginosamente attorno a lui, mentre nella sua testa si espandeva il suono distorto e disturbante segno dell'arrivo dell'operatore.
Stava succedendo.
Ancora una volta.
Il ragazzo tentò di sollevare la testa per dire ad Asya di scappare via, ma non di riuscì: si accasciò a terra, tossendo e dimenandosi. Il dolore provocato da quei movimenti continui era insopportabile, tanto da farlo lacrimare.
-Tim...-.
La sua voce.
Asya lo stava chiamando.
Tentò di alzare ancora lo sguardo, e si accorse che lei era al suo fianco; lo aveva afferrato per le spalle e cercava invano di sollevarlo. E dietro di lei, fin troppo vicino, l'operatore.
Il mostro se ne stava in piedi, immobile, con le lunghe braccia distese lungo i fianchi e la testa storta di lato. Li stava guardando, non c'erano dubbi.
-Scappa...- farfugliò Tim, cercando invano di spingere via la ragazza; ma lei, che non intendeva mollarlo per niente al mondo, continuava a trascinarlo per le spalle come poteva. E questo all'operatore, evidentemente, non piacque.
Il mostro si teletrasportò a pochi centimetri di distanza da loro, e dalla sua schiena spuntò un orrendo tentacolo che fece dondolare più volte a mezz'aria; poi, d'un tratto, lo allungò e colpì Asya con una forza tale da sbatterla contro al muro opposto.
La ragazza sbattè violentemente la schiena contro alla parete rivestita di mattonelle e si accasciò a terra emettendo un gemito di dolore; la sua vista subito si offuscò. Tentò di alzare la testa, ma a malapena riusciva distinguere il pavimento dal soffitto; tentò di ancorarsi con la schiena al muro, ma cadde rovinosamente al suolo.
Non riusciva più a vedere niente, ma il suono disturbante dell'uomo alto non era ancora cessato. Una serie di colpi di tosse la costrinsero a poggiare i palmi sul pavimento, mettendosi in gocchio.
Non aveva più il controllo dei suoi sensi, le sembrò di impazzire.
Difficile dire quanto tempo passò, ma all'improvviso il suono cessò. Asya sollevò la testa a fatica, e strabuzzò gli occhi: l'operatore era svanito, ed al suo posto c'era Tim.
Era in piedi al centro della stanza, con la maschera sul volto.
Quella stessa maschera che lei stessa aveva fatto a pezzi e gettato nella spazzatura due giorni prima.

Masky - La fineWhere stories live. Discover now