Capitolo XIII

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Riley, 13 maggio 1997

Sono riuscito a salire le scale con le stampelle: sto diventando davvero agile con quest'altro paio di gambe.

Hyris mi scorta lungo i corridoi della sua casa sterminata, attenta ai possibili infortuni. Mi sento un pesce fuor d'acqua, circondato da arredamenti così sofisticati e spazi vasti.

Ora arriviamo in una stanza ampia e luminosa -non che le altre non lo siano di meno- adibita a biblioteca. Gli scaffali straripano di libri di tutti i generi, non si sa dove guardare.

Appoggio il mio modesto zaino nero sul tavolo di legno scuro e lucido, ingegnandomi poi a trovare qualche appiglio per le stampelle.

Hyris mi toglie la felpa prima che mi sieda sulla sedia che ha prontamente trascinato dietro di me.
«Iniziamo» dico per porre fine al suo traffico di matite e penne da un astuccio all'altro. Non mi piacciono le persone che non si sanno concentrare.

Esordisco con la spiegazione delle venti pagine da studiare. Se fossi io, non avrei problemi. Lei ha insistito affinché la aiutassi, anche se con la sua attenzione volubile non so quanto posso esserle d'aiuto.
Qualche domanda gliela faccio, anche perchè la vedo molto più attenta alla mia bocca che a ciò che dico.

«Qual'è la regola per l' equazione con coefficiente irrazionale?»

Si contorce sulla sedia, ridacchiando perchè l'ho colta sul fatto. È fastidioso non essere ascoltati.

«A cosa stavi pensando?»

Si alza e si appoggia con i gomiti al tavolo. «Alle tue lentiggini, che si vedono anche da qui» mormora con il sorriso che la rende troppo bella per essere guardata da me.
L'accorciamento repentino delle distanze mi mette in soggezione, mi destabilizza.

Allunga l'indice per sfiorare le mie guance, ma non appena lo fa torno indietro sullo schienale. Non mi ero nemmeno accorto di essermi avvicinato. Dev'essere il suo profumo dolce che da'alla testa.

Non faccio altro che trovare scuse per lei, per me, per noi. Incapace di vedere la realtà, gli occhi coperti dalla stessa illusione che manda avanti la teoria dell'inutilità dell' amore.
Cerco solo il suo tocco, le sue mani, ostinandomi però a non contraccambiare lo sforzo di un sorriso.
Sono egocentrico; del resto tutti cercano di rubare un pezzo di cielo per renderlo proprio. Sono uno dei tanti, sono tra i tanti.
Il mio non ha nulla di particolare, tranne per il fatto che il suo tramonto ha il colore degli occhi di Hyris.

***

«Da questa parte» dice guidandomi lungo un corridoio che da' per metà della parete sinistra su un giardino interno.

Arriviamo in salotto, che è una stanza ampia e ariosa pur avendo dei soffitti piuttosto bassi. Una parete è a finestra e le altre sono di un materiale che sembra cemento scuro; gli arredi antichi abbinati bene tra loro creano uno stile che, da un'inesperto come me, può essere descritto come modernamente fastoso.

Hyris si siede e distende le gambe sulla penisola del divano.

«Ti piace qui?»

Dico di sì guardando le sue cosce. Sono una pessima persona.
Forse é anche l'arredamento lussuoso a rendere l'atmosfera così tesa e pronta ad esplodere di energia ignota.

La televisione è accesa, la coperta sul divano è stropicciata come se ci fosse stato qualcuno prima di noi.
Sull'enorme schermo c'è un tizio che viene intervistato, mentre in sovraimpressione girano le foto in bianco e nero di concerti e dischi.

Mi avvicino a lei, sedendole accanto impacciato.
La canottiera azzurra le è salita all'altezza della vita, ciò che di più magnetico abbia mai visto. Gira una ciocca di capelli tra le dita, guardandomi da sotto le ciglia. Lo so che fa apposta. Voglio che smetta, ma anche che continui.

Possiamo dire che Revolver sia stato un picco della loro creatività. Con questa raccolta, riescono a trasmetterci dei capolavori che trattano temi profondamente attuali, prendiamo ad esempio...

Tende un braccio verso di me; trattengo il respiro per paura di qualsiasi suo movimento. Le sue dita tracciano il profilo del mio volto, sono un fuoco che gela i polmoni e brucia la pelle.
«Ti giuro che puoi respirare!» ridacchia mentre sfiora la fossetta sinistra.
Butto fuori l'aria lentamente, anche se sono incapace di calmarmi e continuo a non incamerare abbastanza ossigeno.

Anche Eleanor Rigby, che è stata una delle opere di maggiore successo all'interno dell'album, richiama il senso di smarrimento che...

Continua a seguire le linee del mio volto, mentre io bevo con lo sguardo ogni centimetro della sua pelle. Si mette in ginocchio e si avvicina tantissimo. Quanto voglio toccarla. Sento il suo calore e percepisco il sapore della sua bocca, anche se non l'ho ancora baciata.
Sono ancora immobile davanti ad un corpo fasciato da un pezzo di stoffa che potrebbe benissimo essere tolto. Ha una vita sottile e stretta, così come i fianchi.

Across the Universe è invece la pura felicità lisergica, piena di allusioni surreali. I Beatles rivedono il loro stile, analizzandolo da un punto di vista prettamente spirituale, e ci fanno così scoprire...

«Felicità lisergica» Le sue labbra si muovono lente, volluttuose.
«Potremmo provare.» Descrivono contorni di rose bianche, di corpi disinvolti e mani intrecciate.

Proviamoci, proviamoci subito.

Ancora prima di avere entrambi il tempo di realizzarlo, premo il suo corpo al mio.
Con forza. Il suo respiro diventa per un attimo un gemito ad occhi chiusi.
Stringe la mia maglia sulle spalle e tiene un palmo sulle nostre guance. Io la tengo vicina alla nuca e sulla vita.
Le nostre bocche si toccano. É elettrizzante. Il nostro bacio sa di cioccolato, di ansia e di cuori a mille.

Apre le ginocchia per farmi stare in mezzo a lei, e io ci riesco benissimo nonostante il femore malandato. Intanto scorro le mani sulle sue cosce coperte dai pantaloni. Immagino solo quanto sia morbida la sua pelle sotto la stoffa.

Laghi di onde di scioltezza
Sono alla deriva nella mia mente aperta.

Ricambia ancora più entusiasta il bacio.
È sotto di me, mi tocca ovunque, un paradiso. I capelli di entrambi si infilano tra le bocche, le nostre lingue sono fameliche ma rintontite dalla nostra energia improvvisa.

La pelle del collo si fa mordere dai miei denti, la felicità più assoluta. Viole e glicine, mi sento bene respirando il suo profumo.

Ci separiamo per un attimo, sorridendoci come degli idioti. Non avrei potuto desiderare più di un suo sorriso insieme al mio.

Il tempo non si ferma, non ci lascia conservare questo attimo. Ma non importa. Ci aspettano cose bellissime: in un futuro con lei, niente è inarrivabile.

Frammenti di luce, che danzano
Davanti a me come un milione di sguardi.

Voglio baciarla ancora, per sempre, per il resto della mia vita.

Eterno amore senza limiti, che brilla
Intorno a me come un milione di soli.

É lei il mio sole.

The Unsaid | Wattys2017Where stories live. Discover now