14 Capitolo.

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I mesi poi passarono e finalmente provai la felicità nel suo lato più bello. Dopo quella litigata non ce ne furono altre, o per lo meno non di quel livello. Litigavamo spesso, soprattutto per stupida gelosia. Sapevo che era bello ma non avrei mai pensato di doverlo dividere con tutte. Amo che le cose mie siano solo mie. E lui sarebbe dovuto essere solo mio.
Io la pensavo così.
Amavo quando si arrabbiava perché mi vedeva abbracciare qualche mio amico e quando cercavo di spiegarli per l'appunto che era solo un amico iniziava ad agitarsi e a dire che i ragazzi avevano una mente perversa e che lui lo sapeva perché fino a prova contraria era un ragazzo pure lui. Iniziava a farmi lezioni, vere e proprie lezioni per capire quando a un amico piacevo o meno, e quali erano le persone con cui era affidabile parlare e quali no. Io me la ridevo perché quando diventava geloso era impossibile farlo ragione, iniziava a farfugliare e non si capiva più nulla.
Mi ricordo che un giorno mi disse che aveva un regalo per me, io ero contenta perché non c'era nulla da festeggiare ed era sempre bello riceve un regalo inaspettato, mi regalò una lavagna.
Una lavagna che poi serviva a lui per farmi gli schemini e potermi spiegare cosa dire ai ragazzi e quando. Ogni volta mi spaventavo sempre di più, perché avevo sempre pensato che la ragazza psicopatica fossi io ma mi sbagliavo.
Amavo l'idea che Marco si era fatto di me, mi vedeva così bella che credeva che tutti mi volessero mentre non era così se no sicuramente qualcuno avrebbe lottato per me prima di lui.
Ma ciò non bastava, ne aveva pronta sempre una e sempre più strana ma non importava perché io mi divertivo. Era intenzionato pure a regalarmi una maglia con scritto "appartengo a mio moroso, desidero che tutti coloro di sesso maschile che non lo conoscono di non avvicinarsi" e una collana con scritto "occupata", dopo ore e ore di proteste riuscì a convincerlo a non farlo.
Lui era psicopatico al livello massimo ma pure io non ero da meno.
Ogni volta che usciva con qualche suo amico pretendevo che mi scrivesse almeno ogni ora se non mezz'ora in modo che mi dicesse se si era unita qualche ragazza o se era ancora in grado di ricordarsi che aveva la ragazza nonostante fosse alla quinta o sesta birra.
Io non bevevo, ero astemia, e ringraziavo i miei genitori di avermi imposto ciò fin da piccola, che nonostante il crescere come mi avevano insegnato non ne vedevo l'utilità. Preferivo restare sobria per ricordarmi tutto ciò che succedeva.
Le mie amiche alla fine ebbero ragione, non ero quello che dimostravo di essere.
Perché con l'arrivo di Marco tutto cambiò, ero sempre sorridente e felice, non ero più così tanto acida e scontrosa, iniziai ad amare la gente e a stare spesso attorno alle persone invece che chiudermi a casa.
Avevo iniziato ad amare la mia vita, era una cosa così bella.
A casa le cose andavano un po' meglio, con mia mamma però eravamo in un periodo di "pausa", nessuna parlava con l'altra.
Si ostinava a "chiudermi" in casa, non voleva che uscissi spesso, diceva che dovevo impegnarmi a scuola e non pensare a perdere tempo che di quello ne avrei avuto a sufficienza dopo.
Ma se non fosse stato così?
Se fossi morta da un momento all'altro? Volevo vivermi ogni singolo momento, volevo avere la libertà che tutte le diciottenni avevano.
Si preoccupava per me, era lecito, ma tutto doveva avere un limite. Ormai ero grande e responsabile e sapevo qual'era era il momento di fermarmi e quale quello di andare avanti.
Ma solo oggi capisco di cosa avesse avuto veramente paura, se potessi tornare indietro credo che la ascolterei su tutto quello che mi diceva di non fare.
Aveva paura per me,perché voleva che diventassi una donna a tutti gli effetti.

Dear Me. Where stories live. Discover now