14. Stampellone dai capelli arcobaleno

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Strinsi le mani sulla catena dell'altalena su cui mi stavo dondolando. Harry e Lou erano andati al centro commerciale con Jessy e Niall per una sorta di appuntamento a quattro (si, quella specie di vacanza aveva scatenato uragani che mai nessuno si sarebbe aspettato), Britt era agli allenamenti di tennis e Izzie aveva accompagnato Liam all'università, visto che doveva ancora iscriversi ed era settembre. E io, avendo ovviamente litigato con mia madre per stronzate, ritrovatami sola come un cane, avevo cominciato a vagare senza meta per Bradford come ero solita fare per smaltire la rabbia, ritrovandomi senza volerlo in uno dei parco-giochi che frequentavo quando avevo dieci anni.

Sembrava che fosse tutto esattamente come l'avevo lasciato. Sulle pareti degli scivoli gialli c'erano ancora delle scritte fatte da mia sorella, quando la nonna ci permetteva di portare con noi i pennarelli, che diceva 'Camille+Ellie=the bestest". Bei tempi quelli.

Mi diedi una spinta e cominciai a muovermi leggermente, beandomi dell'aria che mi arrivava in viso. Non mi era nuova quella sensazione: io e il riccio facevamo sempre gare a chi saltava più in alto dall'altalena, e una volta si era rotto il braccio istituendo un nuovo record.

Risi al pensiero. Eravamo dei bambini davvero stupidi, eppure eravamo felici.

Ci bastava così poco per sentirci bene, non avevamo incubi che ci tormentavano, pensieri che ci toglievano il sonno. Avevamo i nostri amici, un pallone mezzo sgonfio e un pacchetto di caramelle eppure ci sembrava di avere il mondo, non avevamo paura di rischiare, di essere noi stessi.

Avevamo avuto tanta voglia di crescere e una volta cresciuti ci eravamo resi conto che l'adolescenza non era tutto questo granchè, che forse erano più belli i tempi in cui nessuno usava Facebook o Whatsapp per comunicare, nessuno litigava via messaggi e ci si guardava di più negli occhi, anche se per la maggior parte delle volte io mi ritrovavo a guardare Ashton Irwin e i suoi spasmi mentre mi chiedeva se volessi essere la sua ragazza.

Risi di nuovo. Quel ragazzo aveva fatto delle cose davvero stupide nella sua vita, ma cercare di imitare superman buttandosi dalla sua casa sull'albero per fare colpo su di me era stata sicuramente la peggiore, viste le ossa rotte che si era ritrovato dopo.

Pensai a Zayn senza una ragione in particolare. Dopo il nostro litigio mi capitava di pensarlo, di tanto in tanto, forse per il fatto che non l'avevo più visto nè sentito, o forse perchè mi ero resa conto che i miei comportamenti lo avessero ferito più di quanto mi aspettassi.

A dire la verità, mi sentivo davvero una merda umana quando mi tornava in mente il modo in cui mi aveva guardato quella sera. Lui aveva davvero creduto che fossimo diventati amici e mi aveva trattato nel migliore dei modi possibili, mentre io mi ero stupidamente fatta influenzare dai pettegolezzi che mi aveva riferito Ashton, tornando all'idea sbagliata che mi ero fatta di lui all'inizio e scordandomi della persona stupenda che avevo conosciuto in quella settimana.

Ma nonostante mi sentissi così in colpa, non riuscivo a fare nulla. Non riuscivo a mandargli un messaggio, a chiamarlo, o semplicemente ad andare da lui per parlargli, perchè io ero fatta così. Io non sapevo chiedere scusa alle persone, anche se questo comportava mesi e mesi a stare male, e non avrei imparato mai.

Una voce molto familiare mi fece tornare alla realtà.

"A cosa stai pensando?" chiese, sedendosi sull'altra altalena. Non avevo bisogno di girarmi per sapere che avevo accanto Michael Clifford, una delle persone migliori che avessi mai incontrato nella mia vita, ma lo feci lo stesso, solo per specchiarmi nei suoi occhi color ghiaccio.

"A niente" risposi soltanto, accennando ad un sorriso. Lui mi guardò con aria dubbiosa.

"Deve essere un niente davvero carino, allora" ammiccò lui, capendomi più di quanto non potessi fare io stessa.

Fight or Flight? || Zayn MalikWhere stories live. Discover now