Capitolo 20.

349 20 0
                                    

Durante il tragitto verso casa, mi fermai alla CIA. Volevo scusarmi con mio fratello. Mi ero comportata da stronza nei suoi confronti e per farmi perdonare ero andata dal Mc Donald per prendere da mangiare. Parcheggiai la moto davanti all'edificio e lasciai il casco dentro al piccolo bagagliaio presi il sacchetto di carta del Mc e presi le chiavi mettendole nella tasca dello zaino.
Camminai lungo tutto il corridoio per trovarmi di fronte all'ascensore. Premetti il tasto 98 e una voce metallica risuonò in quel piccolo spazio.
-Codice identificativo-
-Jes7638cobra43- dissi mentre mi avvicinano ad una parete.
Da quella parete uscì uno scanner per le impronte, digitali, visive e un codice che dovevi inserire.
Dopo aver inserito tutti i dati lo scanner rientrò nella parete e la voce metallica risuonò nella stanzetta.
-Benvenuta Forest- disse con simpatia. Pochi minuti dopo le porte si aprirono e uscì dirigendomi verso l'ufficio di Jack.
Salutai un paio di persone e arrivata all'enorme porta d'acciaio grigia con il cartellino nero che indicava la persona che c'era in quella stanza, bussai.
-Avanti- fece Jack con la voce bassa. Entrai piano con il sacchetto dietro la schiena e lo vidi in giacca e cravatta che sistemava carte dentro a cartelle gialle. Si girò per guardare chi era entrato e si fermò un'attimo.
-Jes- disse vedendomi a salutare.
-Mi volevo scusare per ieri...- dissi
-No non ti preoccupare- disse guardandomi
-Pranziamo insieme?- chiesi tirando fuori la busta.
-Okay, aspettami fuori che poi andiamo in terrazza su- disse
-Va bene- risposi uscendo.
Rimasi fuori dall'ufficio per cinque minuti finché non uscì Jack. Chiuse l'ufficio con le chiavi e se le portò dietro.
Prendemmo le scale, tanto mancavano due piani alla terrazza.
Uscimmo e la luce riscaldò le mie spalle che in quel momento era scoperte poiché avevo lasciato giù il giacchetto.
-Allora cos'hai preso?- chiese impaziente.
-Allora hai fame!- dissi sorridendo.
-Raramente pranzo-
-Allora, Mc Bacon, Mc Crispy patatine grandi, Coca-Cole grandi e qualcos'altro- dissi aprendo la busta e tirando fuori la roba.
Mangiammo in silenzio mentre ci guardavamo intorno.
Fu il telefono di Jack a rompere il silenzio.
-Pronto?... Si... Tra quanto?... Arrivo- disse chiudendo la chiamata e guardandomi.
-Devo andare Jes, ci vediamo a casa?- chiese io annuì.
-A dopo allora- dissi mentre lui se né ritornava dentro.
Finì di mangiare con calma e ritornai giù al primo piano per ritornare a casa.
Arrivai a casa senza nessun tipo di problemi e mentre mi dirigevo verso l'ascensore di casa Beggins, il portinaio mi fermò.
-Jessica, gli è arrivata questa lettera- disse mostrando la lettera.
La presi e la tenni in mano mentre ringraziavo Beggins.
Andai nell'ascensore e aspettai di aprire questa lettera. Se era qualcosa di importante non volevo farlo vedere in giro. C'erano le telecamere nell'ascensore.
Uscì dalle porte e questa volta chiusi l'accesso all'appartamento, adesso se si voleva entrare servivano le chiavi.
Lasciai cadere lo zaino per terra e mi misi sul divano in soggiorno.
Lasciai la lettera sul tavolo ed andai in cucina per prendere un coltello. Ritornai in soggiorno e prendendo la busta di lato tagliai il bordo.
Presi fuori il contenuto e cominciai a leggere.

Cara Jessica,
Sono John, il figlio del capo dell'azienda di cui hai fatto il passaggio di proprietà.
Volevo scusarmi se non sono riuscito a mandarti un messaggio o una chiamata per vederci ma sono stato occupato con l'azienda.
Ti volevo comunicare con mio grande dispiacere e tristezza che mio padre è venuto a mancare un paio di giorni fa. Prima che ci saranno i funerali volevo incontrarti per vedere come stai e per salutarti. Partirò per un paio di settimane per la Russia.
Ti lascio il mio numero in allegato e spero di rivederti presto.
Baci John

Girai il secondo foglio e trovai attaccato con una graffetta il biglietto da visita di John. Non esitai a chiamarlo. Presi il telefono e composi il numero.
Mi alzai e cominciai a vagare per il soggiorno aspettando che John rispondesse.
-Pronto?-
-John, sono Jessica. Ho ricevuto la lettera- dissi con voce bassa e triste.
-Le mie condoglianze-
-Non ti preoccupare, sono cose che capitano- disse lui
-Quando vorresti che ci incontrassimo?- chiesi io guardando la libreria del soggiorno.
- Il prossimo giovedì pomeriggio?- chiese
-A che ora?- chiesi
-Per le 17.30 al Palm Beach?- chiese di nuovo.
-Ci sarò. Allora al prossimo giovedì- dissi aspettando una sua risposta.
-Allora a Giovedì- disse mentre lo sentivo che stava allontanando la cornetta.
Aspettai che chiudesse lui. Sentì dei bip bip continui segno che aveva chiuso lui.
Mi scappo un sorriso non per John ma per il padre di John.
Chiamai subito Jack che mi rispose dopo un paio di squilli.
-Oi- dissi
-Cos'è successo?!- disse allarmato.
-Ho una bellissima notizia- dissi
-Con chi esci?- disse annoiato.
-Con John, gli devo fare le condoglianze per la sua perdita-
-Il padre?- chiese
-Esatto- dissi facendo i salti di gioia.
-Cazzo finalmente qualcosa che va avanti- disse entusiasta.
-Ora ti lascio, ho del lavoro da mandare avanti e devo ancora riprendermi da questa notizia- disse mentre chiudeva la chiamata.
Mi lasciai andare sul divano mentre sorridevo felice.

Il veleno messo nel drink pensavo ci mettesse di più a farlo morire. Ma sopratutto inconsapevolmente.
Forse il suo organismo era debole e non è riuscito a fare una reazione chimica, così e morto molto precocemente.
Pensai però a Jonas e John come avessero reagito quando seppero la notizia della morte del padre.
Ma il rumore dell'ascensore mi distrasse dai pensieri. Mi alzai e per coprirmi da un'esplosione mi misi dietro al muro della cucina.
Ma la voce di Begghins mi fece rialzare.
-Jes, è arrivata un paio di minuti fa una lettera dalla Casa Bianca pensa un po'- disse sorpreso.
-Aspetta un'attimo- dissi rialzandomi e dirigendomi verso l'ascensore per aprire le porte a Begghins.
-Non ti preoccupare, tanto avrei finito il turno- disse tranquillo.
Mi avvicinai e con le chiavi delle porte aprì le due porte facendo entrare Begghins.
Mi consegnò la lettere che infilai nella tasca dei pantaloni.
-Allora io vado- disse dopo un paio di minuti.
-Come vuoi- dissi guardandolo.
-Si si non ti voglio disturbare e poi ho anche delle commissioni da fare- disse dirigendosi di nuovo all'ascensore.
-Okay, fai come ti pare- risposi solamente.
-Ti lascio così non ti rompo le scatole, Ciao Jessica- disse mentre stava cominciando a sparire insieme all'ascensore. Mi diressi in cucina per prendere un coltello e posarlo sul tavolo insieme alla lettera.
Presi il coltello e tagliai piano il bordo della lettera che racchiudeva il contenuto.
Rimasi sorpresa nel trovare più fogli allegati. Uno... Due... Tre... Quattro fogli tutti ben riempiti da scritte e una tabella.
Il mio sguardo fu rapito subito dalla tabella che cominciai a leggere riga su riga. Nomi su nomi. Ma di quel cognome non c'era traccia. Eppure era strano. C'era qualcosa che non quadrava, ma avevo dato la mia parola e non essendoci quel nome dovevo presentarmi all'appuntamento che avevo stupidamente pre-fissato.

Domani salirò sull'auto che ho chiesto che mi venisse a prelevare e non tornerò indietro. Non voglio farlo.
È l'unica cosa per cui sono ancora qui. In piedi. A lottare. Per uccidere mio fratello. E non voglio pentirmi delle scelte che ho fatto.
Salgo su in camera e prendo una valigia da sotto il letto. La apro e comincio a metterci dentro tutte le mie cose per Washington e anche alcune armi e munizioni.
Prendo dell'armadio inoltre un completo composto da dei pantaloni lunghi neri attillati e una giacca nera elegante che si allaccia su un bottone davanti. Inoltre una camicia nera abbastanza leggera da mettere sotto la giacca.

Presi anche un giubbotto anti-proiettile per le evenienze, non so cosa potrebbe succedere ma qualunque cosa centri con il presidente porta a me. Putin non mi conoscerà di persona ma tutta la mia storia la sa eccome.

Continuo a pensare il perchè della non venuta di Jonas, e io devo continuare a non pormi questa domanda. Lasciai la valigia sul letto e frustata da questi pensieri, presi il pacchetto di Marlboro ed uscì in terrazzo per distrarmi. Un rumore. Inudibile forse. Ma io lo sentì. E forse non lo potrò neanche raccontare.

Spie. Un gioco sporcoDonde viven las historias. Descúbrelo ahora