Capitolo 25

135 8 0
                                    

Mi sedetti sulla sedia della cucina e mangiai la mia presunta cena.
Jack mi ha chiamato dieci minuti fa dicendomi che ha avuto una riunione di emergenza per la sicurezza nazionale di alcuni agenti.
La bistecca che avevo davanti però non mi ispirava molto.
La lasciai là e aprì il frigo prelevando una mela.
Andai in camera e mi preparai le cose per la partita di domani.
Un paio di shorts strappati e legati in vita da una cintura in cuoio, una camicia senza maniche blu notte e di un tessuto leggero.
Presi un paio di Adidas superstar e le appoggiai vicino ai vestiti che avevo selezionato.
Gli guardai soddisfatta ma mi resi conto che forse sarebbe stato come gli altri. Era stato così anche con Marcus. All'inizio ero tutto eccitata.
Insomma, chi non desidererebbe stare con il capitano della squadra di rugby?
Sarebbe andato tutto liscio per i primi mesi, ma poi si sarebbe rivelato per com'è veramente.
Ho cominciato a rendermene conto qualche settimana fa. Siamo tutti falsi. Compresi noi stessi. Faremmo di tutto per piacere agli altri.
Squillò il telefono e non risposi subito. Era un numero sconosciuto.
Lo presi in mano e accettai la chiamata per poi posare il telefono sul suo orecchio.
-Ciao Jess, sono Max- disse subito lui.
-Oh ciao, che c'è?- chiesi mentre mi tranquillizzavo nel sapere che era Max.
-Oh niente, volevo sapere se allora domani venivi alla partita e poi andavamo da Marcus-
-Come no. Vieni a prendermi te e poi andiamo allo stadio per la partita, no?- chiesi io mentre mi preparavo per una risposta negativa in merito.
-Ovvio. Se no, che gentiluomo sarei se non ti accompagno?- rispose lui mentre lo sentivo ridacchiare.
-Hai ragione...- Dissi io mentre mi spuntava un sorriso sul volto -Cosa fai sta sera?- le parole mi uscirono dalla bocca. Lo sentì mentre prendeva qualcosa tintinnare.
-Dimmi dove abiti e sono da te- mi rispose in fretta. Chiusi la chiamata e gli scrissi l' indirizzo per messaggio.
Forse per la prima volta dopo tanto tempo ritornavo ad interessarmi del mio benessere. Insomma, uccidere mi fa sentire più leggera, ma sentirsi amata? Non mi ricordo più come ci si sente. Mi sedetti sul bordo del letto e con il telefono in mano lo rigirai nell' altra. Mi alzai decisa e lasciai là il telefono. Mi avvicinai alla borsa da dove estrassi il pacchetto di sigarette. Uscii in terrazzo, ma non per fumare. Se volevo cominciare a fare del bene a me stessa, dovevo smettere di ammazzarmi con il fumo. Presi l' accendino depositato dentro al pacchetto e mi sporsi sul bordo in cemento. Presi una ad una le sigarette e le bruciai tutte quante davanti ai miei occhi. Lasciai andare tredici mozziconi quando la carta era arrivata al filtro. Presi dopodiché il pacchetto e con un gesto deciso feci scorrere con decisione la rotellina dell' accendino per far fuori uscire il fuoco e dare fuoco al pacchetto. "Il fumo uccide" c'era scritto sul pacchetto. Lasciai andare il pacchetto ancora in preda alle fiamme.
-Questa vita uccide di più- sussurrai mentre appoggiavo l' accendino spento sul bordo e mi vennero in mente le ultime parole di mia madre.
"Non avere mai paura tesoro, il mondo è cattivo ma tu sii forte, abbi coraggio e affrontalo" e se invece fossi io a essere cattiva? Dovrei essere forte e affrontarmi?
Sentii il cellulare squillare, così mi alzai per andare a prenderlo.
-A che piano stai?- chiese lui.
-Ottantunesimo- poi chiuse la chiamata abbandonando definitivamente il telefono sul letto.

*****

Parcheggiai la macchina non molto distante dal campo di rugby dove si poteva intravedere già la gente entrare e riempire gli spalti.
La sera precedente è stata abbastanza normale. Max è venuto su e abbiamo solamente parlato. Stava per rimanere a dormire da me, ma mi ero ricordata che ho un fratello nella Cia.
Appena entrai nello stabile dove si tenevano le partite di rugby della nostra scuola risaltò ai miei occhi la quantità di ragazzi della scuola avversaria. Mi squillò il telefono così lo presi e non servì nemmeno rispondere, poiché capì da dove arrivava la chiamata.
Mi andai a sedere vicino a Giuly e Nicky che erano già qua da un po'.
-Cosa mi raccontate?- Chiesi guardandole leggermente distaccate a com'ero di solito.
-Nella vita reale?- Chiese Giuly mettendosi gli occhiali da sole.
-Indifferente- Risposi io guardando tra i vari spalti se ci potesse essere qualcuno di sospetto.
-De Lion ha un figlio. E sono voci fondate dai russi- Disse Nicky mentre mi cedettero le gambe. Ero zia. La zia di un nipote che sarebbe cresciuto come criminale.
-Ho smesso di fumare- Dissi guardando l'enorme campo di rugby riempirsi di cheerleader. Tra loro riconobbi Alexia. Nessuna delle tre aprì bocca per un po'.
-Jess. È da un po' che volevamo dirtelo...- Cominciò Nicky guardandomi.

Spie. Un gioco sporcoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora