Capitolo 24

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-Questo non mi piace- sussurrai tra me e me.
Il vestito che avevo indosso non era per niente adatto per l'incontro con John. Era troppo... sensuale.
Lo tolsi e lo lanciai sul letto insieme agli altri.
Guardai dentro all'armadio ormai vuoto e mi rassegnai.
Poi vidi una gonna aderente nera piegata su uno scaffale.
La presi velocemente insieme a una camicietta bianca e un paio di décolleté nere in cuoio.
Mi misi il tutto, infilando la camicetta nella gonna ed infilando le décolleté.
Mi guardai allo specchio e sorrisi soddisfatta.
Notai il mucchio di vestiti sul letto.
-Ci sarà tempo anche per voi- dissi uscendo in fretta dalla mia camera e dirigendomi in bagno per darmi solamente una passata abbondante di mascara e mettermi un po' di profumo.
Mancava meno di un'ora all'appuntamento e io stavo disperatamente cercando una borsa che si abbinasse.
Optai per una borsetta di Gucci, regalatomi da mio fratello, grigia ma tendente al nero.
Mi diressi inoltre giù in cucina per prendere e bere un bicchiere d'acqua.
Guardai l'ora e per poco non mi andò di traverso l'acqua appena inghiottita.
-Sono in ritardo- imprecai mentre presi le chiavi della Lamborghini. Andare in moto con la gonna non mi sembra proprio il caso.
Entrai in ascensore e aspettai con ansia che l'oggetto in metallo si fermasse.
Sarà cambiato John?
Sicuramente. Ma adesso non è un mio problema.
Le porte si aprirono e corsi, cercando di non distruggermi le caviglie, mentre impugnavo le chiavi. Il toro contornato d' oro era una dei miei loghi d'auto preferiti. Al secondo posto c'è ovviamente il cavallino Ferrari e al terzo posto i quattro cerchi orizzontali della Audi.
Tre marche potenti e anche perfette.
Uscì dal parcheggio e con un rombo del motore mi avviai al Palm Beach.
La musica della radio inondava la macchina.
Guardai dallo specchietto retrovisore che non ci fossero problemi e proseguì tranquilla verso la costa.
Aprì un po' il finestrino e l'aria fresca schizzò dentro muovendomi i capelli. Presi dalla borsetta gli occhiali da sole Ray Ban e gli indossai.
Dieci minuti dopo ero a cercare parcheggio sulla costa vicino al Palm Beach.
Scesi dalla macchina dopo aver posteggiato sotto ad una palma alta più o meno cinque metri, chiusi la macchina e misi le chiavi nella borsetta. Vidi già in lontananza la figura di John. Aveva i capelli tirati indietro con il gel e la camicia bianca leggera era la stessa di quella sera di un paio di mesi fa.
-Jessica- disse lui avvicinandosi.
-John- dissi io baciandolo sulla guancia.
-Vieni accomodiamoci- disse lui mettendosi di fianco a me per poter camminare vicini.
-Mi dispiace molto per tuo padre- dissi mentre mi sedevo di fronte a lui. Lui fece un dissenso con la testa.
-Non ti preoccupare- rispose lui sorridendomi.
Quello forse fu il sorriso più bianco che abbia mai visto. Forse anche il più sincero.

-Quindi mi stai dicendo che John ti ha proposto di scappare in Russia per ricominciare tutto da capo e tu gli hai detto di no?- ripeté Nicky bevendo la sua granita.
-Esatto- dissi io rubando un sorso alla mia granita all' arancia.
-Non per fare l' idiota, ma non saresti comunque andata, no?- chiese Giuly sistemandosi sulla sedia del bar all'aperto.
-È la mia madrepatria, ci sarei ritornata ma in occasioni più... adatte- risposi io.
-Quindi hai stroncato i rapporti?- continuò Nicky impertinente.
-A dire il vero, mi ha dato il numero di casa sua e quello del suo telefono russo- risposi io mentre tiravo fuori un biglietto da visita. Lo girai e in lingua cirillica c'era scritto l' indirizzo di casa e poco più sotto il suo numero di telefono.
-Cazzo- disse Giuly togliendosi gli occhiali per decifrare la lingua.
-Si fida di te?- chiese la brasiliana.
-Non ne sono sicura- continuai bevendo lentamente l'ultimo sorso.
-Beh, considerando i fatti- disse Giuly facendomi l' occhiolino.
-Ricordati che stiamo parlando di Jonas, essere insicuri porta solo alla-
-Morte- continuò qualcun'altro per me. Mi girai e lo ritrovai dietro alla mia sedia.
-Mi stavi per caso spiando?- chiesi a mio fratello.
-No, passavo di qua e casualmente ti ho intravista- disse lui ironico.
-Avevo intenzione di venirti a trovare- continuò lui sarcastico.
-Viste le circostanze... Siediti- dissi rimettendomi comoda sulla sedia.
Lui si sedette senza troppi complimenti e ordinò anche un caffè.
-Parlando di Jonas- cominciai io.
-È veramente diventato... Padre?- chiesi davvero troppo incredula.
-Sembra di si- disse Giuly seria. Le avevo già fatto le mie condoglianze. Era crollata quando è venuta a saperlo.
-Giu...- cominciò Nicky.
-Trovate e uccidete quel maledettissimo bastardo, non voglio altro, ok?- chiarì lei sbattendo i pugni sul tavolino.
-Secondo te cosa stiamo cercando di fare da più di una vita?- chiesi io alzando la voce.
Lei prende la cosa come se fosse un criminale qualunque. Magari fosse così. È sotto l'ala di Putin quel bastardo. Esce solo quando lo vuole lui.
-Jessica- cominciò Jack come per riprendermi.
Insulso sbaglio.
-A te ha tolto un cugino, a me ha tolto una vita, ricordatelo- dissi io alzandomi e andando via.
Mi allontanai abbastanza da non essere più vista e tirai fuori dalla borsa il mio pacchetto di sigarette.
Ne estrassi una e poi rimisi il pacchetto nella borsa. Accesi la sigaretta che lentamente ma piacevolmente mi uccideva. Forse ci sono troppe cose che uccidono in questa piccola e fragile vita.
Il fumo, l'alcool, i soldi, la droga e l'amore.
Fondamentalmente sono queste le cause.
Con la sigaretta tra le labbra passeggiai sulla sabbia con le Vans.
-Fottuta sabbia- sussurrai mentre i miei piedi affondavano sotto i granelli scaldati dal sole. Tra due settimane circa finirà la scuola ora che ci penso.
Meglio così. Pensai.
Chiederò a mio fratello se potrò abbandonare la scuola. So già tutto che non sia scritto sui libri. La teoria ormai non serve ad un cazzo.
Prova tu matematico a trovarti di fronte ad un ladro/ stupratore/ serial-killer, vorrei davvero vederti.
Ho un lavoro assicurato, oltre che una morta assicurata.
Insomma. Ho una vita già calcolata davanti.

Passai vicino ad un coppietta piazzata sulla sabbia a prendere il sole.
Si tengono la mano.
Improvvisamente, mi sembra di avere un vuoto dentro di me. Da quanto non dico un 'ti amo' o 'mi manchi'? Davvero troppo tempo.
Non ricordo nemmeno da quanto non tengo la mano a qualcuno.
Mi allontano velocemente per dirigermi al veicolo a due ruote. La lacca rossa splende sotto il sole e le gomme nere 'risaltano'  l' asfalto.
Prendo le chiavi della moto e apro il bauletto prelevando il casco e riponendo la borsa.
Forse riposi anche qualche pensiero.
Chiusi il bauletto e mi misi seduta sul sellino in pelle nera leggermente caldo per via del sole. Accesi la moto e gettai il mozzicone a terra spegnendolo con la scarpa. Misi il casco e lo allacciai abbassando la visiera.
Alzai il cavalletto che fece un cigolio quasi inudibile e accellerai un po' per uscire dal parcheggio.
Decisi di farmi un giro.
Il bel sole picchia, e le palme caratteristiche della nostra costa fanno delle lunghe e strette ombre. Accellerai ancora un po' e il vento mi rinfrescò le braccia scoperte.
Non badavo più alle persone che mi lanciavano strane occhiate o qualche commentino.
Ormai mi ero rassegnata.
Non potevo cambiare. In meglio.
Mi sembra di essere come De Lion per certi versi. Tutti sono contro di me. Penso di fare delle buone azioni ma, mi ritrovo ancora di più nei casini.
Forse se mi suicido faccio contento qualcuno.
Non che sia tentata però...
Il semaforo rosso mi richiamò alla realtà e appoggiai il piede sinistro sull'asfalto. Ero proprio davanti a tutte le altre macchine.
Una moto mi affiancò e il guidatore mi lanciò un'occhiata.
Mi rimisi nella posizione di guida e feci fremere un po' il motore.
Ormai era questione di secondi. Il guidatore affianco si posizionò e lanciò un'ultima occhiata a me e alla moto.
Povero illuso.
Il rosso cambiò colore e nemmeno il tempo di rimettere su il piede che accellerai, lasciando indietro il motociclista esibizionista.
Mi spuntò un piccolo sorriso di soddisfazione sul viso e continuai a sfrecciare veloce verso casa.
In men che non si dica ero al fresco sotto al garage a togliermi il casco.
Presi la borsa e salì in ascensore.
Arrivata su a casa non trovando nessuno mi diressi su in camera aprendola per farla rinfrescare.
Presi dalla borsa il pacchetto e ne presi una mettendola in bocca e accendendola.
Guardai l'ora cosicché mi regoli con i tempi.
Le quattro in punto. Ho abbastanza ore per recuperare sei materie scolastiche che ho trascurato in questi mesi.
Mi avvicinai ad un armadio aperto da dove estrassi i libri con un trascurato block notes.
Uscì in terrazza e mi misi seduta all'ombra del gazebo.
Avevo il posacenere a portata di mano come la penna per prendere appunti.
Tra un tiretto e l'altro riuscì a riassumere un capitolo di economia aziendale. Quindi posai il mozzicone e mi misi comoda per continuare Biologia, Chimica, Diritto, Matematica e Informatica.

-Fanculo matematica- imprecai quando chiusi il libro e guardandolo con odio.
Se la matematica fosse stata una persona, avrei messo in secondo piano De Lion per uccidere quella bastarda.
La suoneria del cellulare rimasto in camera mi fece alzare per raggiungerlo.
Lo presi e lo sbloccai senza vedere il contatto.
-Pronto?- chiesi aspettando una risposta.
-Ehm... Ciao Jes... Sono Giuly. Mi volevo scusare per il mio comportamento... Sono stata presuntuosa nei tuoi confronti. Io...-
-Scuse accettate- risposi scusandomi mentre mi sedevo sul letto.
-Devi anche scusare me per il mio solito comportamento da stronza- dissi sorridendo.
-Beh, ormai le scuse per il tuo comportamento sono scontate- rise lei.
-Grazie stronza- la ringraziai io tra le risate.
-Prego, non c'è di ché- rispose lei.
-Che stavi facendo?- continuò.
-Stavo cercando di recuperare sei materie- dissi io guardando il gazebo. -Allora, sei pronta per i due incontri di sabato e venerdì sera?- mi ricordò lei.
Improvvisamente mi resi conto che non avevo un vestito da mettermi per la discoteca.
-Vuoi fare shopping?- chiesi io dubbiosa.
-Fatti trovare pronta tra dieci minuti sotto casa tua- disse solamente prima di chiudere la chiamata.

-Mi piace questo. E anche molto- disse Giuly guardandomi da fuori la cabina.
Indossavo un vestito lungo fin sopra alle ginocchia. Era di colore blu notte e la parte addominale era molto particolare.
All'altezza dell' ombelico c'era uno stacco completo del vestito che però veniva tenuto su da dei nastri sberluccicanti.
La parte del seno era a triangolo e il bordo dei due triangoli riprendevano i nastri degli addominali.
-Anche a me- risposi guardandomi sorridente allo specchio.
-Lo prendi?- chiese lei studiandomi.
-Uno in meno uno in più non mi cambierà- risposi rientrando nella cabina.
Mi rivestì e prendendo il vestito ci dirigemmo verso la cassa per pagare. La commessa mi guardò da cima a fondo e mi disse il prezzo leggermente vertiginoso.
Gli diedi la carta di credito e poco dopo me la ridiede con il pacco contenente il vestito.
Lo presi e ringraziando uscimmo fuori.
Ci dirigemmo alla Starbucks per prendere due cappuccini al cioccolato e caramello.
Giuly addocchiò un paio di ragazzi e mi misi a ridere.
-Che c'è?- chiese lei guardandomi e distogliendo, quindi, lo sguardo dai ragazzi.
-Niente- risposi bevendo un sorso di cappuccino.
Uscimmo dal bar e ci dirigemmo al parcheggio, Giuly aveva insistito a prendere la sua Audi.
Entrammo e accesa la macchina ci avviammo a casa.

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