Capitolo 22.

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Il giorno seguente mi svegliai con un gran trambusto provenire dalla cucina. Alzai lo sguardo e Jack stava preparando qualcosa dato il profumo. Era dolce. Pancake. Era da tanto che non li faceva. Mi alzai solo per andare a vedere come li faceva.
-Buon giorno Jes- disse Lui continuando a cucinare.
-Vedo che ieri siete tornati ieri- dissi
-Eh già- rispose lui
-Inoltre Cindy ha dormito qua...- dissi
-Esatto anche quello- disse lui
-E avete fatto qualcos'altro...- dissi.
-Ed è esatto anche quello- disse lui a bassa voce.
-Che sporcaccione...- dissi ridendo. Vidi sul suo volto che stava diventando visibilmente rosso.
-Se vuoi i pancake vieni- disse togliendo la padella dai fornelli touch screen. Prese un piatto e mise tutti i pancake dentro. Poi prese dal bancone varie e piccole ciotoline con dentro vari condimenti. Nutella, Burro, Miele, Caramello e altro. Mi sedetti e presi un piatto, poi presi tre pancake e misi sopra la Nutella. Feci colazione in silenzio mentre sotto lo sguardo attento di mio fratello pensavo a mille cose.
-Allora... Vai o resti?- chiese guardando il piatto. Misi in bocca il boccone e rimisi sul piatto la forchetta.
-Vado-
-Allora ti darò un paio di dritte- disse sorridendo ma rimanendo serio.
Lo guardai mentre mettevo in bocca un'altro pezzo di pancake.
-Là dentro saranno letteralmente tutti bastardi, alti e più grandi di te come età ovviamente- annuì mentre continuava.
-Dovrai essere il più stronza ed attenta possibile. Ti chiameranno con nomi bastardi ma ignorali, non e ripeto NON AGIRE. La prima cosa che vogliono vedere e considerare è l'autocontrollo. Vuoi veramente agire? insultali o ammazzali di parole. Appena finita l'incontro potrai decidere se ritornare o rimanere fino alla fine della rimanenza del presidente russo. Il capo delle Guardie del corpo è Marcus, eravamo amici di vecchia data. Molto probabilmente non si ricorderà chi sei quindi digli che sei la sorella di Jack. O molto semplicemente mostragli questa- disse mentre mi passava una foto. Era vecchia. Aveva i bordi ingialliti ma potevo riconoscere i vari volti, o meglio, potevo riconoscere solo mio fratello. Era ancora un diciottonne quando andò in Iraq, era quello in centro, con un sorriso smagliante e gli occhi grigi brillanti. Indossava una divisa mimetica ed era sporco di terra anche sul viso. La mitragliatrice sul petto era un mezzo di riconoscimento. In ogni foto la mostra. Se era lui ma non la mostrava. State certi che non è lui.
-Lui è quelli in piedi vicino a me, quello a destra- disse mostrandomelo con l'indice. Un ragazzo con gli occhi verdi e i capelli dorati aveva un braccio sulla spalla destra per fare la foto di gruppo. Lui avrà, a giudicare dalla foto, due anni più di mio fratello.
-Cosa farò appena atterrerò?- chiesi appoggiando la foto e portando lo sguardo su mio fratello.
-Ti porteranno alla Casa Bianca, ti faranno sistemare e ti accenneranno qualcosa sulle norme di sicurezza. Ho parlato con Maxim. Il presidente avrà due guardie del corpo. Una di queste probabilmente sarai te. Per norme di privacy ti daranno una maschera bianca da mezzo volto plastificata. Del resto non so dirti altro. Mi farò sentire io, non provare a chiamarmi o a chiamare nessun'altro. Per la scuola non ti preoccupare, ho avvisato che hai un'improvviso senso di vomito e che non sarebbe il caso di influenzare gli altri scolari- disse.
-Io vado a prepararmi allora- dissi alzandomi per prendere il piatto ed appoggiarlo nel lavabo. Uscì dalla cucina e cominciai a salire su per farmi un bagno e rilassarmi prima di entrare nell'inferno, da come aveva descritto mio fratello.
Salì in camera e prendendo fuori la biancheria intima da un cassetto mi diressi in bagno per chiudermi dentro. Mi spogliai e nel mentre la vasca si riempiva d'acqua calda mi guardavo allo specchio. Continuavo a vergognarmi di me stessa. Quella cicatrice sulle scapole non rendeva me una ragazza "vissuta" ma semplicemente curiosa che per una sciocchezza non ha urlato aiuto. Volevo cambiare. Ma non sapevo come.
Entrai nell'acqua tiepida, tendente al freddo, e ci rimasi per un tempo indeterminato.
Uscì con la determinazione di una nuova ragazza ma non lo sarò per molto. Ne sono certa.

*****

La bella vista del suolo americano mi fa accapponare la pelle. Abbiamo sorvolato Chicago mezz'ora fa e tra due ore circa dovremmo essere nella capitale. Mi sono congedata da mio fratello in modo freddo con un semplice "Ci vediamo" per salire in macchina.
L'agente Jackson è difronte a me. Mi guarda o forse guarda il finestrino da dove osservo il panorama.
-Vuoi qualcosa da bere o da mangiare Jessica?- chiese cercando di essere il più cortese possibile.
-Si, grazie- dissi rivolgendo il busto a lui.
Si alzò e si diresse verso la coda dell'aereo e coprì la mia vista con una tendina bordeaux in velluto. Eravamo solo io e Jackson, esclusi il capitano e lo Stuart, su questo aereo.
Le poltrone lungo il perimetro dell'aereo erano interrotte dai tavolini bianchi. Per la precisione questo era un Jet. Ora che ci penso mentre lo guardo.
-Tieni- disse Jackson dandomi un bicchiere con della Coca, presumo, e accompagnata da delle patatine.
-Da quando sei Bar-man?- chiesi ridendo.
-Quando andrò in pensione dovrò pur fare qualcosa no?- disse ridendo mentre sorseggiava del vino bianco che si era messo in un calice.
Sembrava quasi che stessimo parlando da vecchi amici e che parlassimo del lavoro che ci attende.
-Cosa avresti voluto fare se non saresti diventata un'agente?- chiese. Ci pensai. Non sapevo che rispondere alla sua domanda. Certo. Stavo studiando economia, ma non vuol dire che diventerò contabile o commercialista.
-Non saprei- dissi soltanto.
Appoggiai il bicchiere di Coca e mi diressi in bagno.
Ritornai pochi minuti dopo e Jackson aveva una rivista in mano e i suoi occhi erano attratti dalle parole e frasi nelle pagine. Mi sedetti al posto di prima e tirai fuori il telefono dalla borsa appoggiata sul sedile affianco e presi anche le cuffiette. Le infilai e aspettai l'atterraggio dell'aereo.

Spie. Un gioco sporcoWhere stories live. Discover now