Capitolo 21.

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Quel clic mi fece pensare a molte cose. Al perché fossi uscita in terrazzo quando potevo benissimo stare in casa ad ascoltare la mia canzone preferita o al perché ho deciso di preparare la valigia.
Ma voltando la testa i miei pensieri si dileguarono.
-Brutta figlio di puttana- urlai rimanendo con lo sguardo fisso su di lui.
-E che paroloni- disse lui ridendo mentre guardava la pistola.
-Perché l'hai fatto-
-Per divertirmi...- disse lui annoiato.
-Cosa cazzo vuoi- dissi impaziente.
-Avvertirti-
-Su quando mi ammazzerà?-chiese ridendo ironicamente.
-Non ti conviene fare la saputella, sappiamo benissimo di cosa ti sto per avvertirti- disse serio buttando la pistola.
-Lui ci sarà ma non sarà presente- disse prendendo dalla tasca retrostante dei Jeans una sigaretta.
Prese dalla tasca davanti un vecchio accendino. Quelli che si aprivano se toglievi il coperchietto che lo facevano sembrare una normale scatoletta.
-Lui sapeva già che cosa avrei fatto vero?-
-Non fare la saputella cazzo- disse nervoso.
-Se sei venuto qua solo per rompermi beh oggi è il tuo giorno fortunato- dissi mentre guardavo il fumo uscire dalle sue labbra.
Mi morsi il labbro inferiore e lui accorgendosene preso una bella boccata di fumo per poi buttarla fuori.
-Vaffanculo Micheal- dissi prendendo il pacchetto di sigarette e prendendone una. Presi dalle sue mani l'accendino e accesi la sigaretta. Dalle mie labbra ora usciva solo fumo con la mia frustrazione.
-Contenta?- chiese
-Molto- risposi con la mia sigaretta tra le dita.
-Contenta te- disse sedendosi su una delle sdraio posizionate per prendere il sole.
-Perché lavori per lui- chiesi.
Sapete... da sedici anni mi chiedo e mi chiederò perché è nata tutta sta merda. Alla fine noi siamo soli pedine senza neanche un giocatore. Il re non è De Lion, lui è la regina. Si muove a suo piacimento e come gli pare. Io sono la torre. E Micheal è l' alfiere.
Allora vi starete chiedendo chi è il re? Tralasciando tutte le altre pedine.
La risposta se ci pensate è abbastanza logica. Nessuno. Nessuno è il re. Ci muoviamo senza uno scopo preciso. Non sappiamo chi dobbiamo proteggere e perché. Ho paura di cedere da un momento all'altro perché il re potrebbe rivelarsi qualcuno che potrebbe essermi terribilmente vicino o anche uno sconosciuto.
-Sono il suo migliore amico, il suo più fedele compagno da quando ci siamo conosciuti, poi ho accettato io di mettermi al suo servizio-
-Come sta- Non so se volevo veramente sapere la risposta. Ma volevo soltanto parlare.
-Oh Jessica, non so se diventi più stupida o fai talmente la saputella che mi prendi in giro- rise amaramente lui.
-Ti ho fatto una cazzo di domanda da una cazzo di persona civile. Hai voglia di rispondermi, cazzo?- forse sono troppo ripetitiva.
-Dovrebbe stare bene- mi risponde lui buttando fuori dalla bocca una densa nuvola di fumo.
-Quando pensi di andare via?- chiesi
-Quando finisce la sigaretta- rispose lui.
-Chi era Philip?- chiesi improvvisamente
Diventò serio e fece fuoriuscire il fumo dal naso.
-Era mio cugino minore. Lavorava per De Lion, ma essendo uno dei pochi parenti che ho, chiesi a De Lion di congedarlo ma probabilmente gli diede solo un periodo di riposo- rimase dopodiché zitto e non aprì bocca.
-Sapeva del rischio che correva, non puoi farci niente- risposi guardandolo e alzandomi per prendere un posacenere.
-Perché l'hai ucciso- chiese
-Ero impaurita all'idea di avere qualcuno dentro casa mia- dissi ricordando quel fottutissimo rumore e quell'odore di polvere da sparo.
-Penso di andare- disse dopo minuti di fumo e alcuni colpi di tosse accennati.
-Dovrei aspettarmi Morfina, un sacco sopra la testa o qualcosa di imprevedibile?- chiesi guardandolo alzarsi.
-Un semplice ciao mi basterà- disse freddo.
-Meno male... Allora ciao- dissi. Attesi alcuni secondi ma non ricevetti risposta. Mi misi seduta e mi guardai attorno. Era scomparso. Sorrisi. Era così prevedibile che non me l'ero aspettato.
Spensi la sigaretta premendo contro la ceramica del posacenere e lo lasciai là. Mi alzai e camminai a piedi scalzi sul terrazzo. Le piastrelle crema erano fredde ad un primo impatto, ma diventavano calde con il tocco del piede. Il sole cominciava ad avviarsi verso il mare per scomparire. Erano solo le cinque e mezza del pomeriggio ma il cielo sembrava dire che fossero le sette di sera. Mi appoggiai con i gomiti al bordo in pietra e osservai da lontano le spiagge ancora affollate di Los Angeles. Continuavo a pensare a quello che era successo tra me ed Alexander. Forse mi ero comportata da stronza. Molto da stronza.

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