QUARTO CAPITOLO...

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Nate si trovava in doccia, lasciando che l'acqua gli lavasse via quel poco delle sensazioni che marchiavano ancora la sua pelle.
Non credeva che sarebbe mai accaduto una cosa del genere.
Uscì dalla doccia, sperava gli lavasse via anche i pensieri... Ma non c'era riuscita.
Sospirò, passandosi una mano sul viso, per la frustrazione facendo un gemito straziato.
Si mise a letto subito dopo, non aveva alcuna voglia di mangiare, era solo stanco.

[...]

-"Finito, l'orecchio sentirà la voce della foresta..."- e così andava avanti la lezione di filosofia. Lezione a cui, Nate, non prestava minimamente attenzione ormai da minuti.
Nessuno sapeva, o poteva comprendere, cosa gli passasse realmente per la testa a quel ragazzo. Nessuno poteva immaginare dei capelli pallidi, pallidi... Come la sua pelle... Nei pensieri di un ragazzo scorbutico, di tanto in tanto, nessuno sarebbe riuscito ad immaginare Akira. Non faceva altro che gironzolare fra i pensieri del castano.
Le sue mani su di lui lo perseguitavano, leggio di qualsiasi altro tormento. Sembra una canzone che non smette di suonare, e che io non so ballare.
Borbottava nella sua mente, poiché non poteva far altro. Poggiò a peso morto la guancia sulla mano, aspettando impaziente la fine delle lezioni.
Guardava la professoressa che spiegava e spiegava ancora, parlando di un poeta famoso a cui la vita non gli aveva mai sorriso.
Nate aveva orami smesso di ascoltare e seguire qualsiasi cosa stesse parlottando dall'inizio dell'ora.
-Yamamoto!- urlò la donna sistemandosi gli occhiali da davanti al naso, urlando il cognome del ragazzo, e interrompendo la spiegazione.
Nate per la prima volta, dall'inizio della lezione, venne distorto dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo verso di lei, confuso dal perché delle sue urla.
La donna indicò con un gesto fulmineo la porta assottigliando lo sguardo verso di lui -dal preside- biascicò a denti stretti, in modo prepotente.
Nate si alzò lentamente dalla sua piccola sedia in silenzio, stricandola rumorosamente contro il pavimento e interrompendo il silenzio della classe la cui attenzione era concentrata su di lui.
Con la stessa lentezza, camminò lentamente verso la porta, per poi superarla ed uscire fuori.
Si alzò il cappuccio della felpa, camminando strafottente fra i corridoi. Si fermò sul ciglio della porta del preside, indeciso se entrare davvero dentro la presidenza oppure gironzolare ancora per la scuola.
Il signor Hun sarà comprensivo...? Si chiede nel dubbio. Infondo ero solo distratto, non è colpa mia se quella vecchia racchia ha perennemente il cilc-... Si ricordava appena com'era la faccia del preside, erano rare le volte in cui l'aveva visto.
Un profumo familiare avvolse le sue narici, e prima di ogni altra cosa, due braccia avvolsero la sua vita, stringendolo. La sua schiena incontrò un petto, e qualcosa respirava vicino al suo collo -mmh... Il tuo profumo- sussurrò in modo sensuale al suo orecchio facendolo scontrare col suo respiro umido. Quelle braccia lo strinsero ancora di più -è dall'altro giorno che mi eviti Shonen...- mugugnò contro la sua pelle.
Era incredibile, non si vergognava neanche a fare quello che stava facendo, davanti alla porta della presidenza.
-C-che ci fai qui?- provò a cambiare argomento il castano, mentre l'altro non lo lasciava andare. -È per quello che è successo, vero?- la sua voce non mostrava malizia, sembrava che si stesse sentendo in colpa, e quello era... un modo per farsi perdonare?  -Non ti volevo costringere...- sussurrò mentre le sue mani lo accarezzavano dolcemente.
Nate rimaneva fermo, a farsi coccolare da quelle carezze e il sui respiri, i suoi capelli che gli accarezzavano il collo, riusciva ad immaginare quell'albino.
Chiuse appena gli occhi, la sua mano scivolò inconsciamente su quel di Akira accarezzandola a sua volta -non fa niente...- sussurrò con la stessa delicatezza che si usa con i bambini. Nate stesso si sorprese delle sue parole. Davvero l'ho perdonato? Si chiese chiudendo completamente gli occhi.

Akira era più alto di Nate, si mise in piedi, pigiando la sua guancia fra i capelli color cioccolato di Nate.
-Sono perdonato?- chiese speranzoso e sorpreso come l'altro. Nate sospirò pesantemente diventando rosso, -ci vuole tanto per capirlo?- domandò falsamente seccato e in modo timido. Akira rise appena, -ich liebe dich- disse d'un tratto, incuriosendo il giovane fra le sue braccia.
-Cosa?- domandò confuso alzando appena la testa cercando di incontrare i suoi occhi.
Il ragazzo dai capelli bianchi sorrise ancora di più -è tedesco... Prima o poi ti dirò cosa significa- gli sorrise dolcemente.
La campanella suonò in quel istante, interrompendo il momento fra i due. Nate sussultò sentendola scivolando via da Akira, si mise in modo rigido davanti lui fronteggiando il suo sguardo -perché sei qui?- domandò cercando di regolarizzare la sua voce è calmare quel suo tremolio.
Akira incrociò le braccia -devo parlare al preside... Per... Yokom...- giustificò la sua presenza lì in quel momento, in modo insicuro, poi guardò il castano assottigliando lo sguardo sospetto -e tu che ci fai qui?- chiese avvicinando il suo viso a quello di Nate, che tornò paonazzo come lo era poco prima. -B-beh... mi hanno mandato dal preside- abbassò lo sguardo verso il pavimento e i loro piedi, notando che i suoi a confronto con quelli di Akira erano estremamente piccoli.
Il ragazzo dai capelli bianchi diventò rigido come un soldato, mettendosi le mani in tasca -mmh...- mugugnò -e perché mai?- chiese curioso per la risposta, un leggero sorriso si formò sul suo viso notando il rossore su quelle guance che aveva voglia di mordere e baciare. Osservò quelle labbra imprigionate fra i denti per l'ansia, immaginando di morderle al posto suo.

Ma doveva interrompere quei pensieri, non avrebbe potuto, non in quel momento, doveva dimenticare quel semplice gesto delle labbra, e quel rossore. Ma non l'avrebbe più toccato, non contro la sua volontà.

Nate guardò dall'altra parte, il muro, sentendosi osservato da quegli occhi intensi e diversi -che t'importa!?- sbottò gonfiando le guance, sentiva una strana sensazione dentro... Mai provata, era diversa, nuova e sconosciuta.
Il cuore gli batteva, più forte ed irregolare di qualsiasi altro momento. Poteva dargli la colpa per le sue guance rosse, ma a quello... Quello che sentiva in quel momento... A tutto c'è un perché, no? Perché il mio cuore batte così forte adesso?

𝙻𝚘𝚜𝚝 𝚆𝚒𝚝𝚑𝚘𝚞𝚝 𝚈𝚘𝚞 - YAOIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora