37. Quando le parole non servono.

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Non appena misi piede oltre a quella porta fu come se il mio corpo si fosse bloccato, come se io avessi lasciato il mio corpo trasformandolo in un robot.

Mi ritrovai a guardare tutta la scena da fuori.

Vedevo me mentre ferma aspettavo che Alexis parlasse con la segretaria della dottoressa Morrison.

Mi fissai e guardandomi dritta in viso mi chiesi come avevo fatto a ridurmi così?
Perché l'avevo fatto?
Perché non riuscivo mai a fare la cosa giusta?

"Sasha?" la voce di Alexis mi riportò bruscamente alla realtà.
Entrare in quella sala d'aspetto, in quel posto non aveva fatto altro che farmi salire il panico.

"La dottoressa ti aspetta..." mi disse guardando la porta al suo fianco.

Io fissai lei, poi la porta, poi la segretaria tutta sorridente come se al di là di quella porta ci fosse un negozio di dolciumi.
Sapeva fingere bene quella donna.

Tornai a posare lo sguardo su Alexis e la raggiunsi.
Non appena fui al suo fianco le afferrai il polso delicatamente e fissai i miei occhi nei suoi.

"Non lasciarmi sola, ti prego..." sussurai il più piano possibile.

Alexis annuì e poi ci girammo entrambe verso la porta della dottoressa.
Io posai la mano sulla maniglia e dopo aver preso un lungo respiro la aprii.

Per un secondo tenni gli occhi chiusi, preferii osservare il buio piuttosto che affrontare ciò che mi stava aspettando al di là di quella porta.
Quel secondo non durò più di un battito di ciglia.

Quando aprii gli occhi la luce illuminó ogni oggetto della stanza e il mio sguardo non poté che fermarsi sulla signora dai capelli rossi seduta dietro la grande scrivania intenta ad osservare dei fascicoli.

Feci un passo avanti, mossa da una piccola spinta da parte di Alexis, e il parquet sotto i miei piedi scricchioló attirando l'attenzione della donna.

O meglio della dottoressa Morrison.

"Sasha, quanto tempo! Vieni cara accomodati, è un piacere per me rivederti..." disse sorridendo.

Perché là dentro sorridevano maledettamente tutti quando sapevano che era la cosa meno appropiata da fare?

Mi sedetti e Alexis prese posto accanto a me dopo aver chiuso la porta.

"Non la prenda sul personale, ma io avrei preferito non rivederla più.." lo dissi senza pensare e anche se sembrò scortese, era esattamente ciò che pensavo.

Avevo sperato con tutta me stessa di non rivederla più, ma non ce l'avevo fatta.

Il sorriso della dottoressa Morrison si spense e sul suo viso comparse un'espressione consapevole.
Capiva cosa sentivo, cosa stavo provando a stare là dentro.

Abbassò lo sguardo sulla sua scrivania e prese il suo taccuino e una penna.
Guardò un' ultima volta l'orologio e io presi un respiro profondo prima di cominciare.

"Quanto tempo fa i primi sintomi?" mi chiese con tono fermo e deciso.
Sostenni il suo sguardo e pensai a quando mi ero risentita in quel modo.

"Un mese, credo non di più..." le risposi ricordando perfettamente la scena nella mia testa.

Era stata una di quelle sere in cui, rimasta sola a casa, avevo aperto una bottiglia di vino e avevo iniziato a bere senza pensare alle conseguenze.
Avevo avuto bisogno di non pensare ad altro se non all' alcool che entrava nel mio corpo rilassandomi.
E poi dopo la prima bottiglia, avevo deciso di passare a qualcosa di più forte, ed era lì che avevo iniziato a ricordare scene che non avrei voluto rivivere.
Mi era sembrato di essere tornata bambina, quando vedevo mia madre tornare ubriaca sempre.
Avevo guardato il bicchiere vuoto nelle mie mani e poi le bottiglie vuote sul tavolo, che erano più di quante mi sarei aspettata di vedere.
Era allora che avevo lasciato che il bicchiere mi scivolasse dalle mano, che si frantumasse a terra.
E avevo iniziato a rovesciare e rompere ogni cosa che mi ero trovata davanti.

Pazza di te.Where stories live. Discover now