CAPITOLO VII

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Come se già la situazione non fosse abbastanza complicata, ci si mette pure Damian West, con la sua camminata perfetta, in un corpo perfetto, perfettamente perfetto che, con ampie falcate, si avvicina a me, con la sua aria da Ce L'ho Solo Io.

Dannazione, devo togliermelo dalla testa.

«Andiamo?» mi domanda, una volta arrivato proprio di fronte a me, dando l'ultimo tiro alla sua sigaretta e lasciandola cadere sull'asfalto, spegnendola con il tacco della scarpa.

«Sai quanto inquini lasciando sempre i mozziconi a terra?» non so neanche perché l'ho detto.

Damian sorride e mi osserva con un sopracciglio inarcato, giustamente.

«E da quando ti interessi di rispetto per l'ambiente?»

"Da quando la tua presenza mi mette in agitazione", vorrei rispondere, ma mi limito a fare un'alzata di spalle per poi entrare in auto.

«Quindi, improvvisamente, la tua moto è rotta.» borbotto, annoiato.

«Dov'è quattrocchi?» mi domanda, invece, lui.

«E' bello quando si ricevono risposte alle domande...» brontolo. «Andy» calco sul nome «ha lezione di chitarra, il venerdì» mormoro e cerco di osservarlo con la coda dell'occhio ma, il bel tenebroso, tiene la sua attenzione rivolta sulla strada.

Dopo il piccolo viaggio fino a casa mia, in totale silenzio se non fosse stato per la solita playlist, Damian esce con fare sicuro dalla mia auto, allungando le braccia sopra la testa per stiracchiarsi come un gatto e io, non posso fare a meno di osservare la striscia di pelle, lasciata libera dalla t-shirt appena alzata, da cui si intravedono perfettamente le favolose V che scendono sin dentro i jeans. Modestamente, le ho anch'io, ma su Damian West, dannazione, sono tutta un'altra cosa.

Adesso sì che sento le farfalle nello stomaco.

Cerco di riprendermi senza fare notare il disagio che appare sul mio volto, prendo lo zaino e mi incammino, senza considerarlo minimamente.

Quando entriamo nell'appartamento, mi guardo intorno, con la speranza che mia madre non sia in giro e, per fortuna, non c è.

«Ho una fame...» sento mormorare alle mie spalle dalla voce calda di Damian che, con passo sicuro, mi supera dandomi quasi una spallata, per raggiungere il mio frigorifero e infilare, letteralmente, la testa dentro.

«Non cresce il cibo se continui a guardare dentro, lo sai, vero?» dico piccato.

Lui si gira e, con un'espressione confusa, continua ad osservarmi, per poi fare un sorriso dei suoi e tirare fuori un sandwich col tonno.

Credo mi manchi il respiro.

«Perché sembra che tu abbia il ciclo?» domanda retorico, tra un morso e un altro e, io, non posso fare a meno di osservarlo stranito.

In effetti, dopo la confessione di ieri, non riesco a trattarlo in altro modo. Mi mette in agitazione, sono estremamente a disagio e sempre all'erta, in attesa che possa utilizzare la mia confessione per prendersi una qualche sadica soddisfazione.

Lo osservo accomodarsi sul solito sgabello e passarsi una mano tra i capelli.

«Io...» faccio per dire, attirando la sua attenzione.

«Oliver?» una voce, alle mie spalle, mi provoca una fitta al petto.

«P-papà?» domando, con un filo di voce.

Mio padre, con il suo aspetto sempre impeccabile nonostante la vita che va sempre più a rotoli, è fermo, sulla soglia dell'ingresso, con in mano una valigia.

Infinity (Incompleta)Where stories live. Discover now