15. Essere fragile

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Sono sempre stata dell'idea che non bisogna mai dare nulla per scontato. Spesso ci arrangiamo a fermarci a ciò che gli altri dicono, o all'idea che ci siamo creati noi stessi, credendo fermamente di pensare la cosa giusta.
Ma molte volte niente è mai come sembra.
C'è chi appare quieto, ma magari possiede il suo inferno e purché questo non bruci ed annienti, lo si nasconde; ma c'è e tormenta.
C'è chi sembra impazzito, ma ogni folle ha le radici piantate nel fango; un fango fatto di menzogne, tradimenti, pressioni, illusioni.
C'è chi non sembra niente, ma poi è un miscuglio spietato di emozioni, a tal punto d'avvolgerlo e creare un individuo apatico alla vita, stanco ed insensibile ad infiniti sentimenti, sofferenze e dolori che per troppo tempo lo hanno sfinito.
Non siamo mai quello che sembriamo. Ci sarà sempre una parte di noi nascosta a chiunque si ferma a guardarci soltanto.
Ed ogni conclusione non è mai troppo scontata.
Com'io, che credevo d'aver delineato un perfetto quadro di quello che Harry era.
Avevo avuto i miei dubbi, le mie incertezze, ma erano bastati tre giorni d'assenza e di lontananza, tre giorni senza parlarsi e senza vedersi, senza tanto meno sentirsi, per ipotizzare, ma crederci a pieno, quanto Harry avesse soltanto desiderato portarmi a letto e poi stroncare ogni rapporto.
Distante da lui, avevo accantonato e non considerato tutte quelle belle parole, che tutto d'un tratto sembravano essere diventate pura finzione.
Lontana da lui, avevo dimenticato ogni singola parola mai detta, ma urlata, tanto da infiltrarsi in ogni angolo del mio cervello, soltanto guardandomi.
Riuscivo a concentrarmi soltanto su di una cosa: Harry era sparito.
Io, che sempre avevo ripreso Erick per il suo cattivo vizio di giudicare chiunque soltanto guardandolo, mi ritrovavo a pensare di Harry senza conoscere a fondo ciò che lui era.
Non mi pentivo d'essermi concessa a lui, ma mi pentivo d'averlo guardato e d'avergli lasciato intuire e leggere i miei occhi e dai miei occhi quanto mi sarei lasciata uccidere dai suoi.
Mi pentivo d'essere stata senza veli e senza timori, dinanzi quello sguardo.
Mi vergognavo a stare di fianco ad Erick, che mi guardava ancora con rammarico ed astio, perché sapevo avesse ragione, ma non sopportavo il suo sguardo.
Amanda, alla quale invece avevo confessato ciò che io ed Harry avevamo fatto, mi sorrideva e mi confortava con i suoi lunghi abbracci. Ed io mi lasciavo consolare dal suo dolce profumo e da quegli occhi tanto blu e tanto grandi. Diceva che non dovevo stare lì a pensarlo, ma andare avanti perché non era il primo uomo e possibilmente non sarebbe stato nemmeno l'ultimo, che avevo una vita d'avanti ed un numero indecifrabile di ragazzi che avrei potuto conoscere; io ridevo ed annuivo, però mi sentivo come se sapessi che mai con nessuno sarebbe stato com'era con Harry.
Non ci stavo male da strapparmi il cuore, forse perché in un modo alquanto strano restavo legata a lui. Come se sentissi e sapessi che non era finita; una parte di me, nascosta, quasi invisibile ed insignificante, lontana e non soggetta dalle mie convinzioni, aveva la vaga sensazione che Harry era oltre una notte e che sarebbe tornato, in un modo, l'avrebbe fatto, rompendo le mie idee e smantellando il quadro che di lui avevo costruito.
Non so spiegarvi bene, forse, ma c'era un filo, anche se stentato e debole, a tenermi stretta a lui e alla speranza di essermi sbagliata. Che Harry era molto più di una finzione.
Per questa ragione mi obbligavo, a volte, a non pensarci: fuggivo da quella fastidiosa incertezza.

Seduta nel salotto di Amanda, soffiavo distrattamente sulla bevanda calda all'interno della tazza tra le mie mani.
Camomilla e miele, il calmante dei calmanti, lo chiamava lei.
Era un infuso che spesso anche mia madre mi preparava e lei sosteneva che oltre ad essere un ottimo calmante, curava il raffreddore ed il mal di gola, mischiato ad un pizzico di limone.
E non so se per via della convinzione con cui ero cresciuta su quella bevanda, ma riusciva davvero a tranquillizzare le mie preoccupazioni.
Sentii Amanda trafficare in cucina con chissà quale arnese, fin quando non arrivò in salotto con il cellulare in mano ed i capelli legati in cima al capo in una crocchia scomposta.
Si sedette accanto a me, appoggiando il cellulare sul divano al suo fianco; mi guardava quasi preoccupata e più o meno conoscevo il motivo.
"Stai bene?"
Sotto il suo sguardo mi sentivo come se fosse finita chissà quale mia appassionante ed affascinante storia d'amore, quando invece non era esattamente così. Mi venne quasi da ridere.
Amanda, sotto quella raggiante maschera, nascondeva, custodiva e che tirava fuori soltanto con chi lei riusciva a sentirsi al suo agio, un cuore tanto dolce e tanto premuroso, tanto sensibile e tanto ingenuo.
Ma forse era semplicemente il fatto che nascondevo anche a me stessa quanto Harry avesse lasciato un vuoto molto più intenso del previsto.
Perché ogni persona che entra nella nostra vita, che inizia a fare parte della nostra quotidianità, in un modo o in un altro, quando poi se ne va, si porta con se un parte di noi, della nostra essenza, del nostro vivere.
E non saremo mai in grado di colmare ciò che ci è stato portato via.
Ad ogni modo, annuii per rispondere alla domanda di Amanda, accennando un lieve ed innocuo sorriso.
"Ancora niente?"
Sapevo alludesse all'improvvisa scomparsa di Harry, ma era esattamente ancora niente.
Non era cambiato nulla dall'ultima volta in cui c'eravamo viste e dall'ultima volta che mi aveva posto la stessa domanda, o comunque, qualcosa di simile.
"No." Sussurrai, guardando la tazza tra le mie mani.
Mi si chiuse lo stomaco, tanto da portarmi a non riuscire più a bere nemmeno quella calda e deliziosa camomilla. Appoggiai allora la tazza sul tavolo, sospirando; un vago ricordo dei suoi occhi sfrecciò impavido e prepotente nella mia mente, violò la mia quiete e capovolse mille sensazioni nel mio stomaco.
"Mi dispiace, Scar. Non lo facevo un tipo del genere." Mormorò Amanda, dispiaciuta.
"Già, nemmeno io." Sussurrai.
Lasciai poi che le sue braccia avvolgessero il mio corpo e mi portassero al suo petto, stringendomi in un abbraccio caldo ed accogliente, incredibilmente consolante.
C'era una cosa che continuava a farmi quasi rabbia e che mi rendeva irrequieta: non riuscivo a capire cosa Harry avesse avuto d'attrarmi fino a tal punto. Non mi ero mai concessa a nessuno così facilmente nello stesso modo in cui mi ero invece data a lui, eppure non capivo il perché. Possedeva quel fascino che attirava le mie attenzioni, quei modi di fare che scioglievano le mie resistenze, quello sguardo che catturava il mio cuore.
"Tu non hai... umh, ripensamenti, vero?" Mi chiese, titubante.
Scossi subito il capo, aggrottando la fronte, turbata dalla sua assenza.
"No. È solo che vorrei tanto sapere cosa gli è passato per la testa." Sbottai.
Mi portai le dita tra i capelli, sospirando tra le immagini del suo volto che lampeggiavano avidi nella mia mente.
Ma poi Amanda raddrizzò la schiena e si affrettò ad aprire la porta quando qualcuno vi bussò.
Strinse tra le sue braccia ed in modo caloroso Liam, che le sorrise e dopo le lasciò un tenue bacio a fior di labbra.
Era come se il mondo intero volesse ricordarmi di quegli infiniti baci che in una notte io ed Harry c'eravamo scambiati. Qualsiasi cosa riportava a galla nella mia mente il sapore delle sue labbra, il piacevole tocco morbido e ruvido al tempo stesso della sua bocca.
Spostai allora lo sguardo da loro, puntandolo sulle mie mani, fin quando entrambi non si avvicinarono a me.
"Ciao Scarlett." Mi salutò Liam.
Gli sorrisi, alzando una mano e sussurrando un saluto.
Mi sentii di troppo, imbarazzata, m'alzai allora decidendo d'andare via; ma Amanda interruppe la mia corsa, ponendo a Liam una domanda ed io rimasi ferma sulla soglia della porta.
"Liam, hai sentito Harry in questi giorni?"
La guardai sbarrando gli occhi, chiedendomi perché diavolo avesse fatto questa domanda al suo ragazzo.
Liam, con un braccio appoggiato sulle sue spalle, la guardò ed annuí catturando la nostra piena attenzione, la mia soprattutto.
"Sì, ci siamo incontrati giusto questa mattina al bar. Era piuttosto nervoso, in realtà, in questi ultimi giorni è sempre piuttosto nervoso."
Morivo dalla voglia di vederlo, morivo dalla voglia di abbracciarlo.
"Nervoso? Perché?" M'intromisi.
Liam mi guardò, con un'espressione turbata sul viso.
C'è che voglio sapere come stai, cosa fai, dove sei e perché sei sparito.
Voglio abbracciarti e dirti che se qualcosa ti turba, potresti sempre trovarmi al tuo fianco, se solo me lo permettessi.
Tolsi gli anelli, che portavo, dalle dita più volte, con il cuore che batteva al solo pensiero del suo viso.
Deglutii attendendo la risposta di Liam.
"Non te l'ha detto?"
Scossi il capo, "non ci sentiamo da un po'."
"Beh, ha litigato con i suoi genitori."
Mi sentivo quasi turbata, come se solamente pensando a quello che Harry sentiva, mi sentissi allo stesso modo.
Sospirai allora, portandomi la borsa sulla spalla e con una mano stringendo le chiavi della mia auto.
"Dovresti andare da lui Scarlett." Mi disse Liam, prima ch'io potessi uscire dalla porta di quella casa.
"È sparito." Mi rabbuiai, "è sparito." Ripetei ancora.
Ma ci fu qualcosa negli occhi di Liam, proprio quando mi disse che Harry era una persona particolare e che bisognava capirlo, che mi spingeva da quel ragazzo dagli occhi verdi.
"Forse vuole soltanto essere trovato." Disse infine.
Come se in un modo volesse dirmi che Harry, lui ch'era così tanto affascinante, così tanto silenzioso, così tanto misterioso, aveva bisogno di qualcuno più di chiunque altro.
Come se io potessi essere questo qualcuno.
Non si è mai tanto soli per scelta.
Annuii allora, uscendo da quella casa, sotto lo sguardo attento e comprensivo di Liam ed Amanda, la quale non aveva più proferito parola.
Il vento era gelido ed il cielo ombroso, la mia giacca troppo leggera, l'incessante desiderio d'incontrare Harry, invece, troppo pesante.
Ma sapevo dove trovarlo.

Di Vetro [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora