32. Solo per te

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Harry's pov.
Era passato più di un mese ormai dall'incidente di Amanda e Liam, dalla perdita del loro bambino, ma le cose non sembravano migliorare.
Io e Scarlett ci vedevamo tutti i giorni, ma anche noi avevamo avuto i nostri problemi; il battibecco all'ospedale, nonostante l'abbraccio e la voglia disperata di non perdersi, era bastato a scuotere un po' i nostri animi, accendendo altre discussioni. Litigare con lei mi stremava, mi consumava, odiavo farlo e detestavo vederla nervosa in quel modo: arrabbiata e spaventata che questa storia potesse distruggerci entrambi.
L'amore è questo, l'amore non è sempre gioia, ma è anche dolore.
Le cose comunque si erano un po' sistemate, non avevamo più litigato, ma nemmeno avevamo più toccato l'argomento Erick o quella dannata gelosia che a volte mi stordiva.
Ed infine c'era Nick, che ultimamente era strano. Non parlava, non faceva le sue stupide ed infantili battute, passava meno della metà del tempo a casa, aveva smesso di rispondere alle provocazioni o alle frecciatine velenose di nostro padre. Più volte gli avevo chiesto quale fosse il problema, se c'era qualcosa che non andava, ma lui mi aveva risposto di no e si era limitato semplicemente ad alzare le spalle.
Un po' mi preoccupava, perché lui non era mai stato tanto silenzioso, tanto pacato, quello ero sempre stato io.
Eppure, tra la mia relazione con Scarlett, ultimamente più animata, la nuova mostra da organizzare ed il cercare di stare vicino a Liam, anche io avevo passato poco tempo a casa e negli ultimi giorni anche vedere Nick e passare del tempo con lui era difficile.
Quella mattina mi ero alzato all'alba, avevo visto il sole sorgere, bello da mozzare il fiato, così come l'avevo visto tramontare. E non c'era stata ragione per cui io non riproducessi quelle sfumature di colore di quel cielo, mentre quell'intero spettacolo mi riportava alla mente il volto di Scarlett.
L'alba ed il tramonto erano per me sempre stati i perfetti scenari dell'amore, ottimi per perdervisi e ritrovarvisi insieme, mano nella mano, uniti per il resto della vita.
Ero perso in quel dipinto, con un pennello più grande in mano ed uno più piccolo tra i denti, mentre tracciavo con un giallo pastello tenue i raggi del sole, quando Scarlett entrò dalla porta d'ingresso con tanto di sorriso sul suo bellissimo volto e un sacchetto di Starbucks in mano. Le avevo lasciato le chiavi di quel posto, perché le avevo sempre detto che i posti meravigliosi si condividono con le persone meravigliose e lei lo era senza alcun dubbio; dicendole che poteva andarci quando voleva, quando ne sentiva il bisogno, quando voleva me o semplicemente stare da sola; il mio rifugio era anche il suo.
"Ciao!" Esclamò di buon umore, quando mi fu vicina.
Il cuore mi batté forte al suono dolce della sua voce; amavo sentirla, adoravo ascoltarla, mi faceva sentire completo, perfetto.
"Ciao piccola." Risposi, tranquillo.
Appoggiai i pennelli sul tavolo, mi pulii le mani sporche ed afferrando il suo viso mi sporsi per baciarla. Lei rimase immobile, ma un sorriso nacque sulla sua bocca quando prolungai il contatto tra le nostra labbra e scelsi anche di mordicchiarle quello inferiore.
"Hai passato qui la notte?" Domandò quando ci allontanammo.
Annuii soltanto, riprendendo i pennelli tra le dita e ritoccando altro su quel dipinto. Scarlett si spostò alle mie spalle, avvolgendo la mia vita con le braccia e poggiando la testa sulla mia schiena, con le mani che premevano delicatamente sul mio addome. Ma si spostò quando le risposi di sì, per guardarmi in viso.
"E hai dormito almeno un po'?"
Le sue braccia si allontanarono completamente dal mio corpo ed io desiderai soltanto le riavvolgesse intorno a me per sentire il suo corpo caldo, il suo cuore battere contro il mio.
"Mi sono svegliato presto."
"E scommetto che sei andato a letto tardi."
Non risposi, sapendo che aveva ragione, continuando a ritoccare le sfumature rosa di quel cielo sul dipinto.
Scarlett si preoccupava sempre per me, non mi permetteva mai di lavorare tutte quelle ore se con me c'era lei; per quanto amassi il mio lavoro, nei periodi vicini a qualche mostra perdevo la cognizione del tempo, dipingevo a qualsiasi ora, arrivando poi al giorno della mostra con due occhiaie più che evidenti.
"Harry, dovresti riposarti un po'."
"Lo so, mi riposerò quando avrò finito questo." Le risposi, indicandole il quadro che avevamo davanti.
Lei sospirò, ma non si arrese.
E per fortuna che ci sei tu a prenderti cura di me, ad amarmi, a sostenermi.
Afferrò il pennello che avevo tra le dita, appoggiandolo sul tavolo, mentre io protestavo ma invano; strinse il mio polso, costringendomi ad alzarmi ed io piagnucolai, lamentandomi.
"Scarlett, dai. Devo finirlo questo dipinto."
Ma non c'erano parole che potessero frenarla.
"No, lo finisci dopo. Adesso ci riposiamo, okay?"
Si sedette sul letto, appoggiandosi al muro con la schiena, mi porse una mano e mi fece segno di stendermi con lei. Arrendendomi allora l'assecondai, raggiungendola sul letto; mi accoccolai al suo fianco, avvolgendo il braccio attorno alla sua vita e appoggiando la testa sul suo petto.
Sospirai quando lei passò una mano tra i miei capelli e baciò la mia fronte.
E quant'era rilassante stare in quel modo, sereno tra le sue braccia.
La mia casa, la mia ancora e la mia vita.
Una delle principali ragioni dei nostri litigi era la gelosia dettata dalla paura di perdersi, ed io mi ostinavo a strillare che non c'era ragione per cui lei potesse temere e avrebbe semplicemente dovuto capirlo, come in quei momenti dove io mi lasciavo cullare dalle sue mani senza troppe obiezioni, dove diventavo assolutamente niente tra quelle dita e poi tutto tra quelle sue braccia.
"Harry." Chiamò il mio nome.
"Mh?" Mormorai.
Ma la mia risposta fu seguita soltanto dal silenzio, così alzai il viso per guardarla e capire cosa ci fosse che non andava.
"Che succede?"
Le accarezzai la guancia, spostandole i capelli dal viso; l'attirai a me quando vidi ancora esitazione nella sua espressione, portando le sue gambe ai lati delle mie, il suo bacino premuto sul mio e le sue braccia sopra le mie spalle; praticamente la stavo invitando ad abbracciarmi, invito che lei accolse con dolcezza e prudenza, stringendomi proprio come desideravo, proprio come avevo bisogno.
"Liam mi ha detto d'aver incontrato la tua ex ragazza." Borbottò a bassa voce.
"E quindi?"
Aggrottai la fronte, attendendo risposta, mentre lei si pizzicò le unghie, guardandosi le dita.
"Tu non l'hai vista, vero?"
Chiusi gli occhi, sospirando. Era esattamente questo quello di cui parlavo, la sua infinità di insicurezze, le sue paure, la sua gelosia. Mi dava sui nervi, non sopportavo il fatto che dovesse tante volte domandarmi se i miei sentimenti per la mia ex fossero ancora presenti, perché io non sapevo più in che altro modo dimostrarle che si sbagliava. Ma non volevo più litigare e per questo, quella volta, reagii con più calma e pazienza.
"No, Scarlett. E non ho nemmeno intenzione, o voglia, di vederla."
"Okay. Stavo solo chiedendo." Sussurrò, mantenendo lo sguardo basso.
Le nostre mani erano lontane, ma le nostre gambe si toccavano per sbaglio. Era questo che lei spesso si ostinava a non vedere, a non capire: comunque andavano le cose, era come se i nostri corpi lo percepissero tutto quell'amore che ci legava, e si sfioravano, inconsapevolmente, si regalavano emozioni.
Eppure non le davo nemmeno tanto torto; io, a volte, ero più ceco di quanto lo fosse generalmente lei, davo di matto, imprecavo e dicevo le cose di getto, senza pensarci, colpito dalla gelosia che qualcuno, che Erick, potesse guardarla nello stesso modo in cui la guardavo io, o addirittura in un modo, secondo i miei occhi, anche migliore.
Ad ogni modo, dopo le sue parole la guardai, mentre riuscivo a distinguere perfettamente l'esitazione e l'incertezza presenti nei suoi occhi. Afferrai le sue mani, baciandone il dorso e stringendole tra le mie.
"Quando capirai che non importa quanto io sia stato innamorato di lei, che vorrò sempre te e nessun'altra?" Mormorai e lei alzò gli occhi per guardarmi, "Quando capirai che non c'è niente di cui tu debba preoccuparti?"
"Quando tu capirai che Erick per me è solo un amico." Rispose, caparbiamente.
Allora le sorrisi, colpevole e consapevole, e la tensione attorno a noi si alleggerì quando ricambiò quel mio sorriso.
Alzai le mani in segno di resa, scuotendo la testa.
"Okay! Mi arrendo: sono geloso!" Esclamai.
Mi allungai verso di lei, portando una mano alla base della sua schiena, attirandola verso di me per baciarle il volto e sussurrarle qualcosa all'orecchio.
"È che ti voglio solo per me."
"Io sono solo per te." Mi rispose, con il respiro mozzato.
"Ah, si? Lo sei?"
Mi morsi il labbro inferiore, puntando gli occhi sulla sua bocca, respirando il suo sapore, desiderando ardentemente di baciarla, ma lasciando che quel desiderio ci consumasse soltanto.
Annuì, ma senza dire altro, soltanto unendo le nostre bocche e baciandomi.
Sorrisi per un attimo, prima di lasciarmi travolgere completamente da quelle labbra, da quel sapore.
"Non litighiamo più per queste cose, okay?" Mormorai, guardandola negli occhi.
"Va bene."
E ci abbracciamo, ci stringiamo, ci lasciamo sopraffare da ogni nostra sana emozione.

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now