29. Innamorarsi

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Me ne stavo ferma sul letto, con il corpo un po' coperto ed un po' esposto, silenziosa. C'erano una miriade infinita di pensieri ad affollarmi la mente, tutti incentrati sulla notte passata con Harry, che in quel momento dormiva tranquillamente al mio fianco, avvinghiato a me e con le dita strette alla mia pelle. Non facevo altro che sentire e risentire quelle sue parole, quei suoi ti amo, rimbombarmi forte nella testa, quasi a volerla fare esplodere.
Non avevo avuto il coraggio di rispondere ed una folla confusa di incertezze aveva popolato la mia testa; ero stata fino a quel momento così sicura di provare qualcosa per lui, qualcosa di molto simile all'amore, se non l'amore stesso, ma sentirselo dire, sentir pronunciare quelle parole dalle sue labbra, mi aveva scombussolata. Lui però non si scompose, come se il fatto che io ricambiassi o meno i suoi sentimenti non fosse necessario; continuò per tutta la notte a fare l'amore con me, si addormentò al mio fianco e mi strinse quasi gliel'avessi data quella dannata risposta.
Ero sempre stata negata in queste cose, l'amore non era mai stato il mio forte, solo una pura illusione.
Accarezzai i suoi capelli, prima di chinarmi a lasciare un bacio sul suo viso.
Come lo spieghi però questo cuore che batte come un matto?
E sapevo che sarei dovuta andare via perché era tremendamente tardi e mia madre mi stava aspettando, ma non volevo affatto allontanarmi da quell'accogliente tepore; forse un modo per cercare e trovare il coraggio di rispondere a quella sua dolce confessione.
Ad ogni modo, mi costrinsi ad alzarmi, allontanando dolcemente le mani di Harry dal mio corpo e guardandolo stringersi al petto il cuscino intriso del nostro profumo, a colmare un posto che per l'intera notte avevo occupato io.
Raccolsi i miei vestiti dal pavimento, ma i miei occhi si posarono sulla camicia di Harry, la raccolsi e pervasa dal suo piccante profumo, decisi di indossarla, mentre sorridevo. Lo volevo con me, anche quando con me non era.
Infilai un bordo della camicia, decisamente troppo lunga, all'interno dei miei jeans, poi indossai velocemente le scarpe ed infine, cercando tra i fogli sulla scrivania di Harry un foglio, gli scrissi un biglietto da lasciargli sul comodino.

Devo scappare, scusami, ma ho un impegno con mia madre.
Ci sentiamo più tardi.
Ps. Ho passato una bellissima nottata e ho preso in prestito la tua camicia.
-Scarlett. xx

Diedi un'ultima occhiata al bel ragazzo addormentato tra il mucchio delle coperte di quel letto ed uscii da quella stanza e da quella casa, correndo da mia madre.

Camminavo fianco a fianco a mia madre, per il centro commerciale affilato da tantissime persone. Mio padre le aveva promesso di portarla a cena per il loro anniversario ed invece io le avevo promesso di accompagnarla a comprare qualcosa da indossare quella sera. Mi sembravano tanto due ragazzini: appuntamenti misteriosi, mete segrete, crisi isteriche ed adolescenziali su cosa indossare, niente che va bene.
Ridacchiai quando scartò l'ennesimo vestito dell'ennesimo negozio. Avevamo camminato per tutta la mattina, girato il centro commerciale almeno tre volte, eravamo rientrati negli stessi negozi altre dieci volte, riprovato gli stessi vestiti fino allo sfinimento, ma non le andava bene niente.
"Mamma, nemmeno io ho mai avuto queste crisi." Ridacchiai ancora.
"Scarlett, tesoro, tuo padre non mi porta mai a cena e quella volta che succede deve essere memorabile, di conseguenza, io devo essere impeccabile."
Scoppiai a ridere, d'accordo però con le sue parole.
Mio padre era un uomo di casa a tutti gli effetti, amava il caldo accogliente della sua dimora, stare sul divano a guardare un film abbracciato con mia madre, o restare davanti al camino a fissare il fuoco scoppiettare, pranzare e cenare tutti insieme; mia madre invece amava uscire, fare lunghe passeggiate, andare al mare, pranzare e cenare loro due soli come da appena sposati.
Mia madre mi affiancò, sorridendomi maliziosamente.
"Non ci credo che quando quel ragazzo dai capelli ricci ti ha portato a cena non hai avuto una crisi su cosa indossare."
Sbarrai gli occhi, guardandola sbigottita. Ultimamente non faceva altro che nominare Harry durante le nostre conversazioni e questo mi imbarazzava, soprattutto dopo essere stati beccati a dormire in camera mia quasi nudi.
Che comunque, a pensarci, con Harry avevo avuto più di una crisi, perché lui era sempre così perfetto, che io avrei voluto esserlo almeno un tantino, nonostante i pessimi risultati.
"Innanzitutto, quel ragazzo ha un nome, mamma." Ridacchiai, "Si chiama Harry."
Mia madre mi prese a braccetto, girando insieme per la quarta volta lo stesso negozio, in cerca di un miracolo.
"Harry. Mi piace." Annuì.
Io sorrisi, scuotendo il capo.
"E comunque sì, ho avuto anch'io le mie crisi, ma non a questi livelli."
Lei scosse semplicemente le spalle, non curante del resto.
Poi accadde che i suoi occhi s'illuminarono e velocemente si allontanò da me, per afferrare il vestito che i suoi occhi avevano inquadrato, prima che le venisse sottratto da qualcun altro. Era un vestito blu notte, lungo appena sopra il ginocchio, semplicemente stretto in vita e morbido sulle gambe.
Decise di provarlo, mentre io l'aspettavo fuori dal camerino.
"Scarlett." Mi chiamò.
Spostai gli occhi dal mio cellulare con cui stavo un po' giocando, rivolgendo lo sguardo nella direzione della voce di mia madre.
"Dimmi."
"La camicia che indossi è di Harry, vero?"
Sorrisi, scuotendo la testa.
Non riuscivo ancora bene a capire se mia madre fosse d'accordo per questa mia relazione, o se nutrisse un po' di risentimento nei confronti del ragazzo che tanto tempo rubava alla figlia.
"Sì, è sua." Risposi soltanto, continuando a sorridere.
"Hai passato la notte da lui?" Continuò il suo piccolo interrogatorio, con voce più severa.
"Mamma, è il mio ragazzo, posso scegliere se passare una notte con lui." Mi lamentai.
Il mio cuore vibrò quando pronunciai la parola ragazzo.
La situazione stava cadendo in un vortice di imbarazzo. Non volevo assolutamente parlare della mia notte passata con Harry, dei suoi ti amo, delle mie mancate risposte e di tutto l'amore fatto in quella notte; era qualcosa che ritenevo estremamente mio.
La conversazione terminò comunque quando mia madre uscì dal camerino con il vestito addosso. Rimasi a bocca aperta, le stava uno schianto. Il vestito aderiva perfettamente alle sue forme, il colore intonava con quello della sua pelle chiara, e risultava fine ed elegante addosso a lei.
"Mamma, è perfetto."
Mi sorrise, annuendo, mentre il suo sguardo restava puntato sulla sua figura riflessa nello specchio.
"Lo prendo." Affermò, infine, finalmente convinta.
Sospirai, scoppiando a ridere subito dopo.
Avevamo terminato quell'infinita ricerca.
Pagò il vestito e senza altre fermate andammo dritte in auto. La musica accompagnava il viaggio verso casa, bassa e piacevole. Mi madre teneva gli occhi puntati sulla strada, io invece leggevo qualcuno dei messaggi che Harry durante la mattina mi aveva inviato, ricordandomi della mia assenza e del suo dispiacere nel non avermi trovata al suo fianco.
Non risposi a nessuno di questi.
Non riuscivo ancora bene a definire la nostra situazione, non sapevo se correre da lui a dirglielo che lo amavo o se aspettare ancora un po' per capire se questa volta quello era amore, o soltanto, ancora una volta, illusione.
Sospirai, rivolgendo gli occhi a mia madre, che canticchiava adesso felice una delle canzoni che passavano per la radio.
"Mamma, posso chiederti una cosa?"
"Certo, tesoro. Dimmi."
Deglutii, mettendo a fuoco il dubbio nella mia mente che più di tutti volevo chiarire.
"Come hai capito di essere innamorata di papà?"
Mia madre sorrise.
Non avrei potuto trovare esempio migliore d'amore, della loro storia. Nonostante fossero passati così tanti anni, nonostante le liti, i problemi, loro si guardavano ancora come si guardano due ragazzini follemente innamorati, affrontavano la loro vita sempre con immenso affetto l'uno per l'altro, senza mai stancarsi di quella loro storia.
"È successo. Non so spiegarti come, ma è successo." Ridacchiò, "Un giorno l'ho guardato e lui mi sorrideva, bello come il sole, e ..." temporeggiò.
Restava concentrata sulla strada, con un enorme sorriso sul viso.
È così che ci si sente allora - pensai - tanto felici da non riuscire a smettere di sorridere.
"Il cuore mi batteva fortissimo, avevo le farfalle nello stomaco e volevo stringerlo fino a soffocare, così gli ho detto di amarlo e senza mai pentirmene." Terminò il suo racconto.
M'immaginai mia madre appena diciottenne confessare il suo amore ad un uomo, senza la minima idea che quello stesso uomo sarebbe diventato suo marito, con il quale passare per davvero il resto della loro vita.
E poi m'immaginai a come ci si potesse sentire nel riuscire a stare tanto accanto ad una persona senza mai stancarsi, senza mai annoiarsi, senza mai smettere di amarsi; doveva essere una sensazione bellissima.
"Ti sei innamorata di lui?" Mi domandò mia madre, richiamandomi all'attenzione.
Senza accorgermene, ero rimasta a fissare il cellulare tra le mie mani, come se non aspettassi altro che ancora qualche suo messaggio. Ma mia madre mi aveva posto una delle domande che più di tutti quella mattina mi aveva assillato la mente, perché io non ci capivo niente d'amore; Harry aveva ragione: ero una scrittrice, ma dell'amore tante cose ancora non le avevo capite.
Così scelsi di non rispondere e tacqui, rifugiandomi nel mio silenzio.

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now