26. Bisogno

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Chiunque che quel giorno m'aveva incontrato aveva notato il mio buonumore da fare schifo. Continuavo a sorridere e ad essere gentile con tutti, totalmente in contrasto con i miei atteggiamenti scorbutici di giorni prima, dovuti all'assenza improvvisa di Harry; ma dopo esserci ritrovati ed aver passato l'intera notte a chiamarci amore ero così tremendamente serena.
Non capivo ancora bene perché chiamarsi in quel modo era tanto bello, o forse, infondo la sapevo la ragione, ma ancora non riuscivo a crederci.
Amore come amarsi, o come amarti.
Eppure c'avevo preso gusto, dirlo tanto quanto sentirglielo dire, mi faceva sentire così bene, così appagata, così piena e completa.
Dapprima i miei genitori avevano constatato il mio ottimo umore, grazie al grande bacio rumoroso che avevo schioccato sulle loro guance al rientro dalla mia notte passata con Harry; poi era venuto il turno di Amanda, che non appena le avevo urlato un caloroso e rumoroso buongiorno tesoro al telefono, mi aveva risposto "tu ed Harry avete fatto sesso", ed io ero scoppiata a ridere. Non avevamo fatto sesso, ma tutta la notte a stringersi e a baciarsi, mentre i nostri sentimenti si ampliavano ed imponevano prepotentemente nella nostra quotidianità, era forse anche meglio. Pure Jessica, in libreria, aveva notato quanto fossi serena e felice, lei che di me conosceva così poco, o quasi niente, mi aveva chiaramente detto che la mia felicità estrema era quasi fastidiosa ed io, dal mio canto, le avevo risposto con un bacio sulla guancia ed un occhiolino. Tra noi non c'era mai stata tanta confidenza, o chissà quale rapporto, ma poco mi importava.
E alla fine lavoravo canticchiando e vagheggiando all'interno di quel posto, sognando quando rimettevo i romanzi rosa. Mi sentivo un po' una ragazzina di quattordici anni, in preda alle emozioni della prima e folgorante cotta; mi sentivo così viva e tutto grazie alla meraviglia che era Harry.

Salutai con un enorme sorriso l'uomo che aveva appena comprato un libro per il proprio figlio, prima di guardarlo uscire dalla libreria.
Erano appena le sei del pomeriggio e per quanto quel giorno fossi di buonumore non vedevo l'ora di lasciare quel posto; un bel bagno caldo e poi magari un bacio da parte di Harry erano sicuramente più invitanti.
Ero felice soprattutto per la piega che la nostra storia stava prendendo, avevamo acquistato tanta di quella sintonia in quei mesi di conoscenza che probabilmente chiunque altro soltanto stando insieme una vita avrebbe avuto. C'eravamo trovati, quasi come se ci fossimo cercati da sempre, quasi come se ci fossimo cercati in chiunque potesse anche lontanamente somigliarci, di conseguenza, senza mai trovarci, fino a quel momento.
Capivo finalmente perché io non avessi mai avuto un prototipo di ragazzo, perché ciò che sempre ed inconsapevole mi aveva attratto era qualcuno come Harry, lui nel suo insieme. Dopo di lui non ci sarebbe stato più nessuno e se mai un giorno le cose tra di noi fossero finite, io avrei sempre continuato a cercarlo tra la gente, ma senza mai trovarlo. Niente e nessuno poteva essere anche minimamente come lui.
Mentre riponevo i libri al loro posto, me ne ritrovai tra le mani uno che conoscevo più che bene: Oceano Mare.
Sorrisi, i miei occhi che brillavano, pensai ch'era finalmente arrivato il momento di leggere quel libro. Così mi accomodai in una sedia, accavallando la gambe ed aprendo quel libro. Incontrai da subito la parte in cui Plasson, l'artista, bagnava le labbra di una donna, che di nome faceva Madame Deverià, e concepiva la ragione di tutti quei dipinti trasparenti.

"Sulle labbra della donna rimane l'ombra di un sapore che la costringe a pensare 'acqua di mare, quest' uomo dipinge il mare con il mare'."

Riconobbi lo stesso modo in cui anche Harry poggiò la setola di un pennello sulle mie di labbra, per mostrarmi quel segreto. Riconobbi quel dipingere il mare con il mare.
Un vortice di emozioni mi scosse lo stomaco, perché quel momento mi ricordava il nostro primo bacio, la nostra prima notte di amore, l'istante in cui per la prima volte diventammo una cosa sola.
Continuai a leggere le pagine di quel libro, fino ad incontrare Elisewin. Conoscevo quella ragazza ed una miriade di brividi mi scosse il corpo perché lei aveva fatto l'amore con un uomo con quasi la stessa intensità con cui io lo facevo con Harry. Senza tregua, senza limiti, senza freni.
La cura ad una malattia che non ha nome, trovata in un atto che ti spezza le ossa, ma ti ricuce il cuore.
Mi spaventai quando d'improvviso il mio cellulare prese a squillare ed il nome Harry lampeggiò sullo schermo.
Sorrisi istintivamente, scorrendo con il verde per rispondere.
"Pronto?"
"Ciao tesoro." Rispose la sua voce bassa e roca, dall'altro lato.
Chiusi il libro che tenevo sulle gambe, continuando però a stringerlo tra le dita. L'avrei portato a casa sicuramente, per continuare a leggerlo; quel libro aveva più significato di quanto credessi e tra quelle pagine, tra quelle parole, una risposta sempre avrei trovato.
"Ciao." Mormorai, timida.
Mi alzai dalla sedia, feci un cenno a Jessica indicandole il telefono e spostandomi fuori dalla libreria, per continuare quella conversazione in privato.
Il freddo mi avvolse e mi maledissi per non aver preso la sciarpa prima d'uscire dalla libreria. Indossavo il mio caldo parka, che nemmeno a lavoro avevo tolto, ma questo non sembrò bastare, mentre il freddo pungeva il mio collo.
"Stai bene?" Domandò, Harry.
"Benissimo."
La mia voce era bassa e timida, la mia mente ancora ferma a quel libro che aveva riportato a galla momenti di spietate e travolgenti sensazioni. Sentivo sulla pelle tutte le emozioni passate tutte quelle notti con Harry a fare l'amore ed un buco sullo stomaco bloccava la mia voce; il cuore che batteva con la stessa velocità con cui le immagini del corpo di Harry legato al mio passavano nella mia mentre, mi facevano arrossire; le sue parole ancora vivaci al mio udito, mi mozzavano il fiato a settimane di lontananza.
"Ci vediamo più tardi?" Quasi lo pregai.
"In realtà, i miei genitori volevano invitarti a cena." Mi rispose.
Aggrottai la fronte, confusa.
"Perché?"
"Mia madre ha raccontato a mio padre d'averti incontrata e lui adesso vuole sapere chi è questa ragazza con cui passo la maggior parte del mio tempo." Mi rispose.
Percepito da tono della sua voce un leggero fastidio, dovuto al menzionare suo padre ed il suo interesse nel conoscere la ragazza che rubava del tempo al figlio, quasi fosse un ragazzino bisognoso di controllo.
Rimasi comunque in silenzio, immaginando quel possibile incontro, considerando che di suo padre non possedevo un'immagine tanto perfetta. Conoscevo già la madre adottiva di Harry, ma troppo poco per immaginarla con me a tavola ed il figlio, ad incalzare una gentile conversazione.
Harry interpretò il mio silenzio diversamente.
"Scarlett, se non vuoi venire, non preoccuparti." La sua voce rassicurante, "Invento una scusa ed usciamo noi da soli."
Mi riscossi subito dai miei pensieri e balbettai una negazione.
"Verrò." Confermai, aggiungendo subito dopo parole, per alleggerire la situazione, "Devo solo trovare cosa mettere."
Sentii Harry ridacchiare come un bambino ed il mio cuore si gonfiò nel petto.
"Non vestirti troppo elegante, piccola."
Non badai alle sue parole ed un inutile panico si diffuse in me quando realizzai di non sapere cosa indossare e di non avere seriamente nulla di adatto per una cena con i genitori del tuo ragazzo.
Con il mio ex non c'era mai stata occasione.
"Cosa è meglio, una gonna o un pantalone? Oppure metto direttamente un vestitino?" Domandai freneticamente.
Harry ascoltò, in silenzio.
"Indosserò quasi sicuramente un paio di tacchi, ma non credo di avere un vestito adatto, Santo Dio." Continuai il mio monologo.
A quel punto Harry scoppiò a ridere.
"Scarlett, sta tranquilla! E, pantalone, o gonna, non ha importanza; sei comunque perfetta."
"Come no." Borbottai a bassa voce.
Con la fronte aggrottata giocai con i bottoni del mio parka, mentre seguiva il silenzio dopo le mie parole.
Tu odierai sempre quando io ti dirò che non sono bella, perché per te assolutamente nulla c'è più bello di me.
"Scarlett." Mi riprese.
La sua voce era improvvisamente diventata seria, bassa anche un pizzico infastidita. Mi morsi le unghie, accennando appena con un suono basso ed insensato la mia costante presenza.
"Indossa qualcosa con cui sei a tuo agio, non preoccuparti troppo di tutto, soprattutto non negare che sei perfetta e passo a prenderti alle otto, okay?"
"Harry." Lo ripresi anch'io, a modo.
E a differenza sua, io non aspettai una qualsiasi risposta.
"Smettila di essere così autoritario, devo incontrare i tuoi genitori e non chiunque di insignificante e va bene, sarò pronta per quell'ora."
Che a sentirla dalla parte di un pubblico quella conversazione sembrava quasi divertente: un miscuglio di frasi con rimproveri e buffe affermazioni.
"I miei genitori sono nessuno."
Chiusi gli occhi, sospirando. A volte dimenticavo quanto per lui potesse essere complessa e drammatica la sua situazione familiare, quanto non si fosse mai sentito a suo agio insieme a quelle persone, eccetto suo fratello.
"Stiamo discutendo sul serio?" Piagnucolai.
"Vorrei che tu fossi qui con me, adesso, ho seriamente bisogno di abbracciarti." Rispose lui piuttosto.
Piagnucolai ancora, come una bambina, in preda alla voglia tremenda di stringerlo, per placare qualsiasi suo malcontento nei confronti di quella famiglia che tanto gli mancava.
E lui ancora una volta mi rassicurò, quando l'unico che in quel momento aveva bisogno di rassicurazioni probabilmente era lui, piuttosto che io con i miei stupidi dilemmi riguardanti il mio vestiario.
"Ci vediamo più tardi, piccola."
"A più tardi." Lo salutai prima di agganciare.
Comunque non ritornai al lavoro, almeno non prima di aver composto il numero di Amanda ed aver aspettato che mi rispondesse.
Su come prepararsi e comportarsi in un appuntamento con genitori, lei ne sapeva qualcosa. Lei e Liam, stando insieme da così tanto tempo da perdere il conto, avevano sperimentato quella "avventura" infinite volte, fino a farci l'abitudine.
"Amanda, ho bisogno del tuo aiuto e probabilmente anche del tuo vestito nero."
Le dissi non appena mi rispose, senza darle il tempo di dire qualcosa e ricevendo in cambio però mille domande.

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now