42. Resta

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Sospirai per la millesima volta in quella giornata. Raccolsi le mie cose e buttai il cellulare dentro la borsa dopo averlo controllato e non aver trovato nessuna chiamata o nessun messaggio. I miei gesti erano meccanici, la mia testa tutta da un'altra parte. Pensavo e ripensavo a quello che era successo il giorno prima con Harry, tutta quella storia riuscivo ormai a stento a gestirla. Mi urlava contro, mi respingeva, non mi voleva, ma poi si pentiva e tornava, tornava sempre, mi chiedeva perdono con il cuore a pezzi, ed io, con il cuore, anch'esso altrettanto in frantumi, cercavo di raccogliere i suoi resti e lo perdonavo.
Non ce la facevo, non sopportavo il pensiero di perderlo, ma riuscire a sopravvivere a giorni come quello passato era terribilmente complicato.
"Scarlett, ci sei?" Jessica richiamò la mia attenzione.
Mi accorsi soltanto in quel momento di essere rimasta immobile a fissare un punto nel vuoto, con la borsa sotto il braccio ed il volto di Harry davanti agli occhi.
Annuii, riprendendomi. La seguii fuori dalla libreria, aspettandola mentre litigava con il mazzo di chiavi, cercando quella giusta per chiudere la porta.
"Sei sicura di stare bene?" Mi domandò.
Stai bene? Quel giorno, me l'aveva chiesto lei, me l'aveva chiesto mia madre, me l'aveva persino chiesto un anziano signore entrato in libreria per comprare un vecchio romanzo.
Sto bene? Non lo so, non lo so più.
Non le risposi, ignorandola. Non mi andava più di mentire ed allora preferivo restare nel mio silenzio, distante da tutti e da ogni verità che potesse soltanto ferirmi un po' di più.
Jessica scosse la testa e si impegnò ad abbassare con una spinta della mano la saracinesca. Il rumore assordante di questa che si abbassava, per pochi istanti, confuse il caos che invece scombussolava il mio cervello. Il sollievo di quegli attimi si distrusse quando ricordai che quel rumore significava soltanto che la mia giornata lavorativa era giunta al termine ed io non avevo nessuno da cui tornare.
Ero stanca di andare da Harry e di non trovarlo mai, di non trovarlo più. Ero stanca di non vederlo esserci più. Mi ero abituata così tanto alla sua presenza, che la sua assenza adesso mi distruggeva.
Jessica sbatté le mani, scacciando la polvere su di esse, prima di racchiuderle dentro le tasche del suo giubbotto di pelle. La vidi puntare gli occhi alle mie spalle, ma sinceramente poco mi importava di cosa stesse osservando tanto curiosamente; fu lei però a richiamare la mia attenzione, prima che io potessi salutarla ed andare via.
"Quello non è il tuo ragazzo?" Con il capo mi indicò un punto dietro di me.
Aggrottai la fronte, voltandomi.
Il mio cuore si scosse quando lo riconobbi nel buio nero di quella notte. Mi guardava, con le braccia incrociate al petto, indossando così dannatamene bene, come sempre, il suo giubbotto di pelle nera ed un maglione a girocollo grigio, da dove usciva il colletto di una t-shirt bianca. I capelli erano portanti indietro, ma indomati come sempre; Harry aveva cambiato taglio, ma quelli restavano sempre i suoi morbidi ricci, confusi, rifugio delle mie dita e compagni di cento baci.
Salutai Jessica, per avvicinarmi ad Harry con passo svelto. Il cuore mi batteva come un matto e sembravo persino emozionata di vederlo, quasi come se fosse la prima volta.
Un sorriso splendido si aprì sul suo viso nel momento in cui il mio corpo si ritrovò ad un passo dal suo.
Mi tremavano le mani.
"Sei qui?" Domandai, incredula.
Ridacchiò, ma non rispose. Semplicemente attirò il mio corpo, facendolo scontrare con il suo in un forte abbraccio. Baciò la mia testa, mentre io stringevo il suo maglione tra le dita.
Credevo di dover passare un'intera notte ad aspettarlo, così come succedeva negli ultimi mesi ormai, per poi vederlo tornare nelle più squallide delle condizioni. E invece era lì, a stringermi, sorprendentemente allegro.
Sciolse quell'abbraccio ed io mi appoggiai a lui, mentre non smetteva di sorridere e mi guardava incantato.
"Andiamo? Ti porto a cena."
Mi indicò la sua auto ed io annuii.
Un po' del vuoto che portavo sullo stomaco ed un pizzico del dolore che soffocava il mio cuore, si alleviarono al suono di quelle parole.
Il locale dove mi portò era semplice e raffinato, poca gente lo affollava, ma il nostro tavolo era comunque posizionato nel punto più appartato di quel posto. Mi piaceva l'idea di passare del tempo con Harry in un modo simile; il leggero vociare della gente lì dentro come sottofondo, il suo sorriso particolarmente dolce, la sua semplice presenza. Mi guidò fino al nostro tavolo, accompagnati da un cameriere, le nostre dita incrociate che si sciolsero soltanto quando ci accomodammo l'uno difronte all'altro. La candela al centro del tavolo venne accesa ed io sorrisi.
"È magnifico, Harry." Mormorai, guardandomi attorno.
Quel ragazzo dagli occhi verdi che tanto amavo mi sorrise, annuendo. Non capivo ancora bene il perché di quel suo impressionante cambiamento di comportamento, fino al giorno prima mi stava urlando di smetterla di impacciarmi nella sua vita, mentre in quel momento mi sorrideva, ben vestito, offrendomi gentilmente un bicchiere di vino. Non riempì il suo bicchiere.
Mi ritrovai persino a pizzicarmi sul braccio, cercando di capire se tutto quello non fosse soltanto un sogno, ma mi sbagliavo. Harry era lì ed era reale, tutto quello lo era.
Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, ai nostri primi appuntamenti, quando lui mi sorprendeva con i suoi silenzi carichi di parole, mi ammaliava con i suoi sorrisi e mi faceva innamorare con i suoi gesti.
"Volevo farmi perdonare." Mormorò.
Il sorriso che fino a quel momento aveva abbellito il suo volto, lentamente svanì, così come il mio entusiasmo. Ma non potevo permettere che i ricordi di una notte rovinassero quel momento; così allungai una mano per stringere la sua sul tavolo, gli sorrisi per fargli capire che in quel momento mi importava soltanto di vivermi quella notte e smettere di pensare a tutto il resto.
Quel giorno, volevo che il centro di tutto fossimo noi, soltanto io e lui insieme; basta la droga, basta le liti, basta le urla. Solo noi.
Il suo viso si rilassò e tornò a sorridere ancora.
La cena passò in tranquillità.

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now