19. Parole e ritratti

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Harry's pov.

Un leggero cinguettare arrivò alle mie orecchie, infastidendo il mio sonno tranquillo, perso tra le immagini di cento sogni, di cui però sapevo non ne avrei ricordato nemmeno uno, compresi poi i raggi di luce, filtranti dalle persiane della finestra in camera mia. Mi maledissi mentalmente per aver dimenticato di chiuderle la sera prima.
Eppure qualcosa distrasse la mia attenzione dalle finestre, qualcosa di piacevolmente caldo e morbido; allora ricordai il motivo per cui quella notte la mia mente avesse dimenticato a chiudere le persiane e sorrisi, perché tutto sommato, per quel motivo, poco mi importava di tutto il resto.
Con gli occhi adesso ben aperti, guardavo il corpo di Scarlett, nudo e candido, appoggiato al mio, con il suo petto scoperto a premere contro il mio fianco sinistro e le sue mani aggrappate alle mie braccia. Dormiva beatamente, avvolta dal calore delle coperte e delle mie braccia, al sicuro da tutto il resto; mi persi nei suoi dettagli, nei suoi lineamenti e nei suoi confini: le sue forme strabilianti, i suoi capelli lunghi, dispersi tra il bianco delle lenzuola, le sue piccole mani, fragili come il suo cuore.
Mi strinsi al suo corpo, avvicinandomi a lei più che potevo, circondando le sue spalle e reggendola tanto vicina alla mia figura, mentre continuavo ad ammirare il suo viso e pensavo al modo in cui lei era riuscita a farsi strada nella mia vita senza paura e senza freni.
Non ero mai stato tanto vicino ad una ragazza, nemmeno con la mia ex fidanzata; non c'erano mai coccole dopo essere andati a letto insieme, non c'era mai questo continuo toccarsi e sfiorarsi, con le mani e poi con gli occhi, non c'erano affatto quei lunghi, ma dannatamente piacevoli, silenzi che con Scarlett invece ti facevano sentire come se non ci fosse assolutamente nessun altro posto giusto sulla terra, non c'era mai questo volersi e tenersi come matti.
Desideravo poter tenere Scarlett tutta una vita con me, vicini come quella mattina, mentre il mio cuore si gonfiava d'emozioni e quel sentimento, che nei confronti di quella bellissima ragazza al mio fianco provavo, diventasse, a poco a poco, più grande di me stesso.
Lei mi capiva, mi sentiva anche quando non parlavo, mi ascoltava anche quando finalmente aprivo bocca, schivo com'ero, lei conosceva ciò che ero più di chiunque altro. Giorni prima avevo sentito il mio cuore farsi grande dinanzi i suoi occhi, che mi pregavano di raccontarle le mie paure, che si prendevano cura delle mie ferite e che chiudevano le mie cicatrici; leggero quasi quanto una piuma, tra le sue braccia ed i suoi baci.
Una promessa silenziosa: che non mi abbandonerà mai.
E ci credevo, io a quegli occhi, a quella bocca, a quel suo cuore, ci credevo. Lei non sarebbe mai andata via, nemmeno quando andare via sarebbe stata l'unica cosa corretta da fare. Io avrei girato sulla mia stessa vita, avrei venduto la mia anima al diavolo, sul fatto che lei mai sarebbe scappata via da me.
Scarlett era quello che mai avevo trovato, ma di cui avevo sempre avuto bisogno.
Avvolto, quindi, da quel calore, coccolali il suo corpo sul mio, baciandole la spalla; mormorò, spostandosi nel letto, inconsciamente ed ancora dormiente, incastrando perfettamente i nostri corpi: la sua gamba si era posata sulla mia, il suo braccio si era allungato sulla mia vita ed il suo viso si era sotterrato nel mio petto. Sorrisi, baciandole la testa, mentre lei continuava beatamente a dormire.
Allungai il viso, per guardare l'ora sulla sveglia posta sul mio comodino: le 7:30 del mattino.
Decisi di restare ancora un po' avvolto in quel piacevole tepore emanato dal suo corpo, scacciando via la pungente voglia di baciarla e stritolarla in un abbraccio, per evitare di disturbare la sua quiete.
E chissà cosa stai sognando, chissà se ci sono io a cullare le tue notti.
Ricordi vividi della notte passata mi fecero sorridere, avvolto da un'assurda felicità. Mi sentivo sereno, privo di ogni problema, come se su quel letto ed incastrato al suo corpo, io potessi finalmente abbandonare il più bruciante inferno e toccare le soglie del paradiso.
Passarono minuti, prima che io mi alzassi, lentamente ed attentamente, per scendere al piano di sotto a preparare la colazione per entrambi.
Coprii il mio corpo con un paio di boxer ed i pantaloncini del giorno prima, buttati a caso sul pavimento, le diedi un'occhiata e sorridendo come uno stupido uscii da quella stanza.
Casa mia era in silenzio, i miei genitori stavano probabilmente ancora dormendo ed io sperai vivamente non si svegliassero prima ch'io fossi uscito da quella casa, non volevo mettere Scarlett ancora a disagio, tanto meno sentire qualche altra loro infantile e pungente battuta.
In cucina trovai però mio fratello, seduto al bancone in cucina, con un biscotto tra le dita ed una tazza di caffè fumante davanti al naso, l'aria ancora assonnata e le borse sotto gli occhi.
"Hai fatto nottata?" Gli domandai, entrando in quella stanza illuminata dal sole.
Annuì, sfregandosi gli occhi con le dita.
"E perché sei in piedi, allora?"
Morse il biscotto che teneva tra le dita, scuotendo le spalle.
A volte, Nick era più silenzioso di quanto non lo fossi generalmente io, spesso nascondeva il suo stato d'animo e non capivo mai se qualcosa, oltre la nostra situazione familiare, lo facesse stare male.
Alzò gli occhi dal caffè caldo all'interno della tazza, rivolgendoli al mio volto, assottigliò gli occhi, fissandomi, prima di sorridermi maliziosamente.
"E tu? Com'è stata la tua notte?"
Sorrisi, aprendo il frigo e tirando fuori il latte e la marmellata di fragole.
Per un attimo pensai quale gusto preferisse Scarlett e sperai andasse bene quello, perché era l'unico che avevamo. Io odiavo la marmellata, preferivo di gran lunga il cioccolato.
"Movimentata, eh?" Insistette.
Risi, intimandolo a stare zitto.
Non gli avrei mai raccontato ciò che tra me e Scarlett era successo, né dettagliatamente, né in maniera generale. Quel legame sarebbe rimasto mio e suo soltanto.
Nick mi diede un pugno sulla spalla, ridendo anche lui.
"Dovresti dirle però di andarci piano con i morsi."
Allungò le dita per toccare il mio collo ed indicare i segni che Scarlett aveva lasciato senza pensarci troppo e con la passione più ardente; schiaffeggiai la sua mano, allontanandomi per specchiarmi sul vetro della finestra: il rosso ed il viola mi ricordavano che Scarlett era reale e che io ero ormai, indubbiamente ed inevitabilmente, suo.
"Dov'è adesso?"
"Di sopra, sta dormendo."
Spalmai un po' di marmellata su di una fetta biscottata, poggiandola alla fine s'un piattino, nel frattempo Nick mi guardava incuriosito.
"Ti piace davvero tanto?" Mi chiese.
"Non mi piace soltanto, non lo so spiegare."
Dopo aver poggiato tre fette biscottate sul piatto, riempii due bicchieri di latte, sorseggiando uno di questi pensai a ciò che per lei sentivo. Era più grande del semplice piacere, o della banale passione, ma pensare d'amore non sembrava tanto assurdo quanto dirlo. Per questo rimasi zitto, prima di pronunciare parole più grandi di me stesso; Scarlett era ancora interamente da conoscere, ma non escludevo il pensiero che se avessi potuto scegliere, avrei scelto d'innamorarmi di lei.
Poggiai il piatto con le fette biscottate, il bicchiere di latte e qualche biscotto su di un vassoio, sorridendo a mio fratello prima di tornare dalla dolce ragazza che avevo lasciato a dormire sul mio letto.
La trovai però sveglia, appoggiata alla tastiera del letto con un foglio ed una penna tra le mani, a scrivere velocemente parole a casaccio su quel pezzo di carta e a mordersi le labbra. Ripiegò quel foglio ed insieme alla penna l'appoggiò sul comodino quando mi vide; curioso desiderai poterlo leggere.
"Buongiorno." Sussurrò.
Teneva ostinatamente stretto il lenzuolo sul suo seno, nascondendolo ai miei occhi, ma una gamba restava scoperta dalle coperte, ed io ispirai dinanzi al suo corpo tanto perfetto. Si sistemò, quasi nervosa, i capelli tra le dita, le sorrisi.
"Buongiorno, dolcezza."
Poggiai il vassoio sul letto e lei mi ringraziò con un bacio sulla guancia. Afferrò una delle fette biscottate, mordendola, io sorrisi guardandola quando si leccò le labbra. Mi ricordai della sua golosità, delle sue labbra dolci di marmellata, così, senza troppe storie, la baciai sulla bocca. La sentii ridere, il mio cuore gonfio della sua dolcezza, che la strinsi al mio petto, lasciandole un bacio sulla punta del naso. Continuò a mordere la sua fetta biscottata e la sua infinita dolcezza mi scaldava da impazzire il cuore.
Mi sorrideva di tanto in tanto, restando in silenzio accompagnata dai suoi pensieri; quella mattina aveva un'espressione più dolce, rilassata, forse anche un po' imbarazzata e non aveva ancora aperto bocca se non per augurarmi un tenero buongiorno.
"Tutto okay?" Le domandai.
Guardava curiosamente la seconda fetta biscottata, indecisa quasi se mangiarla o meno, fin quando non diede un morso. Mi lanciò un'occhiata ed annuì.
Giocai con i suoi capelli, intrecciando le mie dita con alcune ciocche; profumavano di vaniglia.
"Sei sicura? Sei molto silenziosa."
Un po' mi preoccupava tutto quel suo tacere. Per un attimo mi preoccupai sul fatto che potesse avere qualche sorta di ripensamento sugli avvenimenti di quella notte, o se in qualche modo avessi potuto farle del male, andando quasi nel panico.
"Guarda che sei tu quello sempre silenzioso." Ridacchiò.
Il suo sorriso placò un po' delle mie momentanee preoccupazioni.
"Appunto! Tu non sei mai tanto taciturna."
Ma lei non rispose subito, allungando invece un braccio attorno al mio collo e poggiando la guancia sulla mia pelle, allungò poi una gamba, intrecciandola alla mia ed infine baciandomi sul collo.
"Sto benissimo." Allungò il viso, per poggiare le labbra sul mio orecchio e sussurrarmi grandi parole, "e sono così felice da fare schifo."
Sorrisi, stringendole le mani sui fianchi.
Mia, quella donna era appena diventata mia sotto ogni aspetto, fisico e mentale, o almeno così pensavo. Niente più avrei potuto volere.
Spostai il vassoio con la colazione, poggiandolo sul comodino al mio fianco, tornando ad abbracciarla, sotto le coperte, la sua pelle nuda contro la mia, quella sensazione tremendamente bella di sentirsi in cima alle stelle, aleggiare sul cuore.
Colpii la sua guancia con la punta del naso, lei sorrise.
"Sono felice anch'io, piccola mia."
Chiusi gli occhi, facendo delle sue carezze tra i miei capelli, oro.
E lei continuò a restare in silenzio, riflettendo chissà su cosa, come se non ci fosse però più bisogno di parole da dire. Bastavamo noi in quell'istante.
Ricordai per un attimo, mentre le sue dita mi passavano tra i ricci, quel foglio tra le sue mani ed ipotizzai che quel pezzo di carta potesse essere la ragione dei suoi silenzi.
"Cosa scrivevi prima che io arrivassi?" Le chiesi, con gli occhi chiusi ed il capo appoggiato al suo petto.
Smise di accarezzare i miei capelli per qualche secondo.
"Nulla."
Mi alzai sul gomito, guardandola dall'alto, lei con le guance rosse ed il corpo coperto soltanto in parte, la sua pelle chiara come quelle lenzuola, ma le labbra rosa, invadenti e dolci.
"Allora posso guardare?"
Mi allungai verso il comodino per prendere quel foglio di carta, ma lei fu più veloce, nascondendoselo dietro la schiena e strillando un no.
Sorrisi, consapevole.
"Nulla, eh?"
Si morse il labbro inferiore, guardandomi imbarazzata. Ero curioso, curioso da impazzire, volevo tanto sapere cos'avesse scritto su quel foglio perché una parte di me credeva avesse scritto qualcosa riguardante quel nostro noi; per capire cosa per lei significasse il legame che ci univa.
Senza dire nulla, strinse in una mano quel foglio e sotto i miei occhi invadenti si ricoprì il petto con la mia maglietta, per poi tornare a guardarmi. Riuscivo a vedere mille pensieri affollarsi nella sua mente, caotici e confusi, io attesi che riuscisse a fare chiarezza.
"E tu? Cosa nascondi in quel quaderno, quello con i tuoi tatuaggi disegnati sulla copertina, che hai nascosto quando sei entrato in camera?"
Rimasi a bocca asciutta, non mi aspettavo di certo una domanda simile. Quel quaderno custodiva tante di quelle mie emozioni, soprattutto quelle che sentivo da quando io e Scarlett ci conoscevamo; in realtà, ogni disegno al suo interno era anche solo una minuscola sensazione che avevo provato al fianco di Scarlett, o anche solo pensandola.
Per questa ragione tacqui.
A pensarci, mi imbarazzava l'idea che lei potesse vedere uno di quei ritratti; poi mi faceva paura la possibilità che lei ridesse dei miei falliti tentativi di ritrarla, o ancora peggio non mi rivolgesse più la parola considerandomi un pazzo ossessionato.
Ma alla fine, riflettendoci bene, capii che ero uno stupido a credere che lei potesse fare qualcosa di simile, Scarlett era molto più di questo. Mi convinsi del fatto che certamente lei avrebbe invece sorriso dei miei tentativi, del mio modo, forse anche strano, di pensarla e di dedicarle parte della mia vita.
Io non dipingevo chiunque o qualsiasi cosa, io dipingevo ciò che mi faceva provare emozioni ed ero sicuro Scarlett questo l'avrebbe capito, comprendendo, di conseguenza, quello che per lei, da un po' ormai, avevo iniziato a sentire.
Allora mi alzai dal letto, sbrigandomi a prendere quel quaderno e a strappare uno di quei ritratti; lo nascosi dietro la schiena e ritornando nel letto, con il suo sguardo addosso, le sorrisi.
"Guarda tu stessa."
Le mostrai il disegno e le sue piccole mani lo presero per guardarlo meglio.
I suoi occhi mostrarono dapprima stupore ed incredulità, per poi apprezzare ciò che quel foglio raffigurasse, fino a mettere in mostra un'espressione dolce e consapevole, quasi incantata.
Attesi pazientemente, con le mani tremanti e sudate, il cuore impazzito.
"Sono io." Constatò.
Con le dita tracciò lievemente il contorno del suo viso, poi le labbra ed infine gli occhi sempre sbiaditi perché non sarebbero mai stati belli come i suoi. Percorse il tratto duro del carboncino dei suoi capelli, catturata da quelle linee scure e precise. Forse quel ritratto non era dei migliori, ma lei lo guardava come se non avesse mai visto nulla di tanto stupefacente.
Mi avvicinai a lei, sfiorando il suo braccio ed accolsi felicemente il sorriso che mi rivolse. Non disse altro, ma solo un bacio, che mi lasciava il suo sapore sulle labbra, venne consumato.
Quando le nostre bocche furono distanti, prima che io capissi le sue intenzioni, aprì il suo foglio, mostrandomi le sue parole incise tra le righe ordinatamente e velocemente.
Poggiai una mano sulla sua.
"Scarlett, per quanto mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo, non devi sentirti obbligata a farlo soltanto perché io ti ho mostrato quel disegno." Le dissi.
"Voglio che tu lo legga." Ma lei affermò.
Scossi piano il capo e le sussurrai, con un sorriso, se potesse leggere allora lei, per me, quelle poche righe. Mi sorrise ed annuì, ma prima che potesse leggermi ciò che lei sentiva con il cuore, l'attirai tra le mie braccia, facendo in modo che la sua schiena premesse al mio petto ed il profumo dei suoi capelli m'inondasse le narici.
"Pensavo che questa notte ho fatto l'amore con un uomo assai meraviglioso.
Pensavo che per un attimo, tra sospiri, piacere e baci rubati, mi sono sentita anch'io assai meravigliosa.
Pensavo che il cielo e la terra non sono più esistiti.
Pensavo che niente è più esistito, questa notte; niente più all'infuori di lui.
Pensavo che ci sono emozioni travolgenti, che non ti fanno più ragionare razionalmente ed io, queste emozioni, le ho provate tutte questa notte e tutte le volte che sto accanto a quest'uomo.
Pensavo che un po' ho paura perché poi pensavo a quello che lui può provare; paura di non essere abbastanza per lui, che è tanto perfetto.
Pensavo che non mi sono mai sentita in questo modo: in paradiso e tra le fiamme dell'inferno; il più accecante splendore di un cuore che batte ed ama come un matto, la più bruciante passione che si scatena mentre mettiamo in atto l'amore.
E poi pensavo che però non esiste al mondo migliore combinazione per creare un luogo perfetto in cui vivere finché mi è concesso."
E dopo averla ascoltata, pensai, anche se non lo dissi, che per quella ragazza avrei pure concesso la mia vita.

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Buon pomeriggio!
Anche questa volta lascio a voi i commenti e vi aspetto tutti lì con le vostre opinioni!
Vado, endless love! xx

Di Vetro [HS]Onde histórias criam vida. Descubra agora