22. Ho scelto te

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Tutto nella vita è qualcosa, ma nulla è mai semplice.
Quando le cose sembrano semplici, poi si rivelano le più difficili; quando le cose sono semplici, prima o poi diventeranno difficili, ma tanto difficili che sarà duro farle sopravvivere.
Non siamo tutti grandi macchine da guerra, non siamo forti come tali, robusti, quasi indistruttibili; siamo più un ammasso di ossa e di carne, facile da spiazzare; un composto che a stento riesce a gestire le situazioni complicate.
Eppure, dobbiamo sempre trovare la forza, il coraggio, scavare dentro noi stessi e scoprire quel pizzico di capacità che tutti possediamo, chi più e chi meno, di saper gestire e non solo, anche di saper affrontare, una difficoltà.
Stando con Harry avevo imparato così tante cose, più di quanto lui, con la sua "svitata e mal vissuta" vita, aveva creduto di potermi insegnare.
Avevo imparato che dovevo soltanto pensare per cosa ne valesse la pena, poi mi bastava chiudere gli occhi e stringere i pugni per trovare quella mia capacità di sopravvivere alle situazioni difficili, o insormontabili.
Perché col tempo capii che Harry di per sé non era semplice, affatto, ma ne valeva indubbiamente la pena. Perché non tutti i giorni troviamo qualcuno in grado di farci provare e sentire tante di quelle sensazioni ed emozioni da non capire più in che posto ci troviamo; non tutti i giorni si trovava un'anima come Harry.
E dovevo iniziare con poco; dovevo iniziare a dimostrare al resto del mondo, ai miei genitori, ad Erick, a lui soprattutto, che per Harry avrei schiacciato il mondo. Non importava da quanto tempo lo conoscessi, non importava s'era poco; sentivo già che per lui avrei ceduto tutto senza indugi.
E quella mattina dovevo mettere a posto un po' le cose, garantire ad Harry quel mio «tu mi basti», perché non era una bugia, ma era la verità più assoluta.
Lui sarebbe sempre bastato, sopra ogni parola, sopra ogni battito, sopra un'intera esistenza.
Per questa ragione allora mi ritrovai davanti casa di Erick, con le mani un po' esitanti, ma pronta a rendere valore effettivo alle parole confessate ad Harry.
Bussai ed Erick non tardò a rispondere.
"Scarlett, ciao."
Il sorriso sul suo viso era dolce, gentile, affettuoso come quello che sempre mi aveva mostrato. Sapeva di casa, sapeva di affetto.
Lo salutai, un po' in imbarazzo. Le cose tra di noi erano comunque un po' cambiate, io ero un po' cambiata; da quando c'era Harry nella mia vita tutto il resto era sparito e mi importava solo di lui, di quello che era e di tutto quello che era in grado di farmi provare.
Erick mi invitò ad entrare.
"Come mai sei qui?"
Chiuse la porta alle sue spalle, seguendomi mentre da sola mi facevo strada in salotto. Conoscevo quella casa meglio delle mie tasche, tante volte c'ero stata è tante volte c'avevo passato i miei giorni e le mie notti; quando Erick aveva bisogno del conforto da tutta la sua solitudine, io ero sempre stata al suo fianco. Però quel giorno mi sentivo come se quel conforto non potessi più esserlo.
"Devo parlarti."
Erick annuì, indicandomi con la mano il divano, invitandomi a sedermi.
Sentivo le mie dita tremare, ero agitata da quella situazione e dalla sua possibile reazione. Non riuscivo a capire cosa avrebbe detto, o cosa avrebbe provato; riuscivo soltanto ad immaginarlo: la tristezza, la delusione, forse.
Mi portai più volte le dita tra i capelli, lui mi sorrise cercando di confortarmi, sfregando una mano sulla mia schiena ed avvicinandosi a me sul divano.
"Mi sei mancata."
Distrasse le mie ansie attirandomi in un abbraccio, in una di quelle strette che era tipico regalarmi ogni giorno da quando eravamo soltanto dei bambini, lontani dai problemi, lontani dal dolore e dalle delusioni, lontani dalle relazioni simili all'amore.
Respirai a fondo il suo profumo, ricordando quanto da ragazzina riuscisse a calmarmi e quanto invece le cose fossero diverse in quell'esatto momento; il profumo di quella ch'era adesso la mia casa era diverso, il calore di quella sensazione era differente, il corpo che mi trasmetteva quell'emozione era un altro.
Quando i nostri corpi furono distanti e le nostre espressioni più serie, tirai un grande respiro. Erick doveva sapere ed il mio cuore impazziva, egoisticamente, dalla voglia di rivedere Harry.
"Cosa devi dirmi?"
Deglutii.
"Sei sparito ieri sera." Iniziai.
Mi guardò corrugando la fronte, si grattò la punta del naso e poi tornò a guardarmi; sembrava tranquillo, tutto sommato.
"Potrei dirti lo stesso."
Sfilai l'elastico che portavo al polso per legare i miei capelli in una coda disordinata.
Ero sempre stata gelosa della mia vita privata e trovarmi costretta a confessare ad Erick i miei sentimenti, o comunque una parte di questi che concedesse lui di capire come stessero le cose, mi metteva un po' a disagio.
Mia madre a volte mi diceva che il mio carattere tanto taciturno, tanto riservato, tanto sempre concentrato sulle mie, da un lato era pure buono, a volte mi evitava grandi delusioni o sofferenze; questo però non significava che io non potessi aver paura di far soffrire qualcun altro, soprattutto Erick.
Eppure fu sempre questo mio carattere, concentrato su ciò che io realmente desideravo, che mi portò a scegliere Harry, non tenendo troppo conto dei sentimenti di Erick. Trovavo assurdo negare i miei di sentimenti per proteggere i suoi che, in fin dei conti, non sarebbero mai stati ricambiati. Probabilmente a pensare questo dovevo sentirmi in colpa, risultavo cattiva, pure insensibile, in fondo però non ci riuscivo a farne a meno.
Harry, in quell'esatto momento, era l'unico.
"Sono andata via con Harry." Mormorai.
Erick si appoggiò allo schienale del divano, sorridendo; ma quel sorriso non aveva nulla di dolce o affettuoso.
"Quello là ti sta sempre incollato addosso."
Aggrottai la fronte. Era arrivato il momento di sputare il rospo.
"Harry ed io ci stiamo conoscendo."
Conoscendo, sinonimo d'averlo già baciato, d'averlo già guardato notti intere dormire, d'aver scoperto il suo corpo, d'averci già fatto l'amore.
Erick si alzò, camminando in giro per il salotto, evidentemente nervoso.
"E questo cosa significa? State insieme?"
Mi rivolse un'occhiata dura ed io ero consapevole che alla mia prossima parola sarebbe scoppiato, inevitabilmente.
Strofinai i palmi delle mie mani sudate sulla stoffa ruvida dei miei jeans, fissando con gli occhi il mondo in cui le mie mani sfregavano aggressivamente.
"Senti Erick, io non posso nasconderlo, non ce la faccio. Provo qualcosa per lui e so che a te non piace, ma la vita è mia." Alzai gli occhi, "non devo tenere conto a nessuno se non a me stessa."
A quel punto Erick se avesse potuto bruciarmi con gli occhi, l'avrebbe fatto.
Riprese a camminare avanti ed indietro per il salotto.
"Scarlett, sinceramente, da quanto lo conosci? Un mese? Non puoi dire sul serio."
Ma io decisi di non rispondere, avevo detto già abbastanza per i miei gusti.
"Questi, ti ripeto, sono affari miei. Volevo soltanto che tu lo sapessi da me e non da qualcun altro."
Lui non si arrendeva però, lui restava lì a sbarrarmi la strada, con aria minacciosa, pronto a distruggere e a giudicare l'immagine di Harry.
"Parli e poi non mi rispondi. Ci manca solo che te lo porti a letto." Sputò.
Il sangue nel mio corpo si gelò.
Ovviamente lui non sapeva niente di tutto quello ch'era successo, l'unica a saperlo era Amanda. In realtà questo non era in programma, Erick della mia vita intima con Harry, o in generale, non doveva saperne, quelli erano unicamente affari miei. Avevo difficoltà nel comunicargli le mie emozioni, figuriamoci l'aver fatto l'amore con un uomo, che poi era Harry.
Ma lui mi conosceva, una vita insieme e sapeva ben capire dalle mie espressioni quando aveva appena centrato il punto.
Bastò questo per fargli dare completamente di matto: prese a calci il divano ed urlò furioso.
"Ma tu ci sei già andata a letto, Scarlett! Sei impazzita per caso? Non conosci un bel niente di lui e gli concedi così tanto?" Continuava ad urlare.
"Ma cosa importa a te, eh? Sono grande abbastanza per poter scegliere da sola con chi passare la notte! E poi conosco Harry più di quanto tu creda!"
Forse non conoscevo tutto di quel ragazzo dagli occhi verdi, ma sapevo che di me s'era fidato, che più volte m'aveva raccontato il buio della sua vita, la sua famiglia, i suoi problemi con questa; d'altronde, non finisci mai di conoscerla una persona, aspettare non m'avrebbe rivelato tutto.
Stanca di quella guerra insensata, raccolsi la mia borsa dal divano, tirando poi la mia sciarpa dietro al collo; le mani mi tremavano e con la fronte aggrottata costatavo mentalmente quanto le cose tra me ed Erick fossero apparentemente cambiate; un tempo non gli avrei mai risposto così, un tempo avrei scelto lui. Quel tempo però era finito.
Gli ci vollero due buoni minuti per ricomporsi e trattenermi per un braccio, prima che io potessi andare via da quella casa.
"Dimmi solo perché lui?" Mi implorò con lo sguardo di dirgli la verità, di confessargli perché io avrei sempre scelto Harry, "perché lui e non io? Cos'ha lui che io non ho? Cosa c'è che non va in me per non essere abbastanza per te?"
Era quasi disperato, triste.
Abbandonai allora quel mio rancore, quella mia ostinatezza nei suoi confronti, scegliendo d'essere sincera, davanti quel viso che avevo visto crescere; almeno questo se lo meritava.
"Non sei tu il problema, tu sei perfetto, Erick."
Gli sorrisi, con una mano accarezzai dolcemente il suo volto e lui si lasciò cullare dal mio gesto affettuoso.
"Tu ed Harry siete diversi. Lui va bene per me, ho bisogno di lui. Mentre io non andrò mai bene per te." Sussurrai.
"Non è vero, tu vai bene per me." Scosse la testa, quasi come un bambino.
"No, Erick. Io non sarò mai capace di essere quello di cui tu hai bisogno." Sussurrai.
Lasciai che mi attirasse in un abbraccio, che sciogliesse quella nostra tensione, che mi ricordasse l'affetto smisurato che provavo per lui.
Il fratello che non ho mai avuto.
Lui sarebbe sempre stato questo.
Sprofondò il viso nel mio collo, stringendo la presa attorno le mie spalle, mentre un singhiozzo gli scuoteva le spalle.
"Non posso perderti, Scar." Sussurrò.
Le sue lacrime erano quelle di chi aveva sempre amato tanto qualcuno, fino a capire che quell'amore non era mai stato sufficiente; le sue lacrime erano la paura.
Ed io non potevo fare altro che stringerlo e rassicurarlo che non mi avrebbe perso, che io sarei sempre stata in quella casa a pochi passi dalla sua, ad aspettarlo per la nostra abituale maratona di film con Amanda, per tornare bambini, per essere fratelli ed amici.
"Non mi perderai."
E con quel non mi perderai i nostri corpi furono distanti, le nostre menti scollegate, i nostri cuori tutti d'altra parte.
Uscii da casa sua con un peso in meno sul petto, le spalle più leggere ed il senso di colpa quasi del tutto sbiadito nella mia mente.
Non c'era ragione, non riuscivo a tenerla, nonostante le lacrime di Erick; egoisticamente ero felice di poter tornare da Harry.

Di Vetro [HS]Onde histórias criam vida. Descubra agora