25. Amore

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Harry dormiva tranquillo, con il volto rilassato e pressato sul cuscino di quel letto sfatto. Le lenzuola erano raccolte ai suoi piedi, mentre il suo corpo restava scoperto. Mi avvicinai a lui, spostandogli i capelli dalla fronte e baciandolo un'ultima volta su di quest'ultima, prima di uscire da quella stanza e lasciarlo riposare.
Mi aveva raccontato un po' quello che era accaduto ed ero così dispiaciuta per la sua discussione con il fratello; avevo percepito sin da subito il legame che ti teneva uniti e non comprendevo come fosse stato possibile per loro litigare.
Eppure mi ritrovai a dover consolare le lacrime che Harry aveva provato invano a nascondere al mio sguardo preoccupato. Tutta la rabbia e la frustrazione accumulati in quei giorni lontani, si era dissolta in un solo istante dinanzi il suo sguardo dispiaciuto e triste, per consolarlo ed abbracciarlo, infine baciarlo e fare in modo che ciò che potevo concedere fosse abbastanza, tanto da farlo sentire nel posto sicuro.
Ad ogni modo, quando chiudi la porta di quella stanza, lui stava finalmente dormendo, dopo evidenti notti insonni.
Vagabondai per il suo studio, scrutando un po' vecchi quadri ed ammirando i nuovi, cercando di decifrare il significato di ognuno di essi, anche se in modo piuttosto stentato. Decifrare Harry era sempre così tanto difficile: di lui ci sarebbe sempre stata una parte la quale mai nessuno avrebbe conosciuto.
Intenta a guardare l'immagine confusa che quel dipinto ritraeva, mi spaventai quando bussarono alla porta.
Harry stava ancora dormendo ed io non ero sicura di poter aprire, così mi avvicinai all'occhiello per poter guardare chi fosse; aggrottai la fronte quando riconobbi il ragazzo alto e magro che aveva bussato: Nick.
Restavo comunque insicura, indecisa su cosa fare, con la mano esitante poggiata sulla maniglia, incerta de aprirgli o meno. Insomma, io nei loro affari non centravo nulla, forse sarei soltanto dovuto andare da Harry e svegliarlo, ma il suo volto devastato dalla stanchezza mi trattenne dal farlo.
Fu però la voce di Nick, che da dietro quell'ostacolo pregava il fratello d'aprirgli, a convincermi. Lentamente sganciai la catena che chiudeva la porta e poi girai la maniglia. Nick mi guardò confuso ed il barlume di speranza nei suoi occhi si spense non appena notò che non ero colui che si aspettava.
"Scarlett." Disse.
"Ciao Nick." Abbozzai un timido sorriso.
Incrociai le braccia al petto, lui sfregò le mani sui suoi jeans, chiaramente nervoso ed imbarazzato. Sicuramente per lui sarebbe stato più facile avere Harry davanti, piuttosto che me, considerato che sicuramente sapeva ch'io ero a conoscenza di ciò che era successo tra lui ed il mio ragazzo.
"Harry è qui?" Domandò.
"Sta dormendo, ma se vuoi posso svegliarlo."
Ma lui scosse il capo, sospirando. Allora mi spostai, facendogli cenno con il capo d'entrare e lui seguì il mio consiglio avanzando verso il caldo accogliente di quello studio, o appartamento.
Guardò attentamente i nuovi dipinti appoggiati al muro, fuggendo via dai miei occhi che cercavano di capire il suo stato d'animo dalle sue azioni.
Fortunatamente aveva scelto di non svegliare Harry, perché io non ci sarei proprio riuscita a fargli aprire gli occhi, non dopo averli visti tanto spenti e tanto stanchi; se lo meritava un po' di riposo.
"Come sta?" Chiese Nick, dopo interminabili minuti di silenzio.
Capii si riferisse ad Harry.
"È... stressato." Borbottai.
Annuì con le labbra chiuse, mentre con le dita sfiorava la superficie di uno dei quadri, il più triste ed il più cupo, forse; con lo sguardo perso nei tratti di quel dipinto, deglutì, probabilmente consapevole del fatto che tutta quella rabbia che quel quadro emanava era dovuta al suo comportamento nei confronti di Harry.
"Lo fa sempre." La sua voce era un sussurro difficile da udire, "Quando è arrabbiato, triste, o frustrato dipinge sempre cose simili."
Immaginai Harry mentre pressava violentemente il pennello sulla tela e tracciava linee dure e scure. L'avevo già visto dipingere in precedenza, ma era sempre stato tranquillo e dolce, quasi come se i suoi dipinti fossero calmanti melodie. Ma quell'ultimo, sistemato davanti a Nick, sembrava essere più un confuso rumore di urla e pianti. Era strabiliante il modo in cui Harry riuscisse ad esprimere tanto attraverso la pittura.
"È arrabbiato con me? Dimmi la verità." Si voltò a guardarmi.
Scossi il capo, sospirando.
"No, è solo..." sospirai, "vuole solo risolvere la situazione, ma non sa cosa fare."
Si passò le mani tra i capelli, i nervi a fior di pelle, l'espressione consumata da quella situazione, da quella vita.
"Io sono un casino, non volevo dirgli tutte quelle cattiverie." Brontolò, "Lui è sempre lì a consolarmi ed io invece faccio lo stronzo."
Guardai il suo viso affranto, con un pizzico di tenerezza nell'espressione dei miei occhi; mi dispiaceva, avevo sempre avuto molta ammirazione nei suoi confronti e credevo nel suo rammarico.
Prima che però potessi dirgli anche solo una piccola parola di consolazione, i suoi occhi fissarono un punto alle mie spalle, speranzosi e al tempo stesso tristi. Mi girai a guardare il suo punto d'interesse: Harry fissava suo fratello con la fronte aggrottata ed ancora l'aria assonnata. I suoi capelli erano arruffati, i suoi vestiti spiegazzati, l'aspetto un po' più tranquillo.
"Ciao." Mormorò Nick.
Harry mi guardò, avvicinandosi, poggiò una mano sul mio fianco e le labbra sul mio orecchio.
"Ci lasci da soli, tesoro? Per favore." Sussurrò, così da far udire quelle parole soltanto al mio udito.
Annuii, regalandogli un sorriso ed bacio sull'angolo delle labbra, una raccomandazione attraverso un'occhiata ed una rassicurazione mediante una carezza, perché io c'ero e per lui ci sarei sempre stata.
Quando fui distante e sola in una stanza, mi lasciai cadere tra le lenzuola ancora calde ed intrise del suo profumo.

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now