45. Aiuto

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Svegliarmi tra le lenzuola di un letto che non era il mio, né tantomeno quello di Harry, era strano. Nonostante fossero ormai passate un paio di settimane, dovevo ancora abituarmi a quella nuova casa, a quella nuova vita, ma ero pronta a tutto pur di riuscire a restituire una vita degna di essere vissuta a Harry. Eppure non mi ero sentita mai così tanto a casa come in quel momento. C'era Harry e quella era più casa di qualsiasi altre mura che mi avevano davvero custodita e cresciuta. Non c'era meglio che svegliarsi accanto a lui, stretto a me e caldo come il fuoco.
Il mio fuoco.
Quando aprii gli occhi vidi davanti a me le finestre della nostra stanza chiuse, così come le serrande dalle quali penetrava un pizzico di luce attraverso i fori. Tenevo la testa appoggiata sul petto nudo di Harry, una mano accanto al viso, le gambe intrecciate alle sue; lui, invece, avvolgeva il mio corpo con le sue braccia e respirava piano con la bocca socchiusa, segno che stava ancora dormendo profondamente.
Mi mancava vederlo tanto tranquillo, rilassato e sereno. Mi mancava la serenità a cui mi ero anche troppo abituata prima che l'inferno bruciasse velocemente molte parti della vita di Harry e della nostra relazione.
Alfredo una volta mi disse che la droga è soltanto un pretesto per coloro che cercano l'affetto, l'amore e non riescono a vederlo. Perché in realtà nessuno vive senza di questo, nessuno. Tutti abbiamo un po' di amore nella nostra vita, ma tante volte siamo troppo annebbiati da ciò che crediamo di aver perso o di non aver mai posseduto, per riuscire a capire che ci basta guardarci attorno e non cercare chissà dove per trovare un pizzico di amore.
Harry ne aveva perso di tempo per capire che io ero disposta a concedergli tutta me stessa e più amore di quanto fossi capace di dare; ancora però non riusciva a capire che non ero solo io quella disposta a tutto per lui, perché anche i suoi genitori adottivi lo erano. Pensai che Harry fosse sempre stato condizionato dell'influenza di suo fratello, un uomo che di certo non aveva colpe, perché era soltanto troppo attaccato ad una famiglia di cui era ormai rimasto soltanto il ricordo, per poter apprezzare l'affetto che quella attuale era in grado di trasmettergli.
Mi alzai lentamente, cercando di non svegliare Harry, e quando riuscii a mettere piede fuori dal letto corsi in cucina per preparare la colazione. In realtà, era prepararla più per lui, a me bastava anche solo una tazza di latte, ma Harry aveva davvero bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.
Il suo viso ultimamente era sciupato, stanco e marchiato dai segni dovuti all'astinenza: labbra secche, profonde occhiaie. Sapevo che quello era ancora soltanto l'inizio, Alfredo e chi faceva parte del Mondo Amico molte volte avevano raccontato quanto fossero infernali e traumatici i sintomi di astinenza e cercavo in tutti i modi di non pensarci perché se avessi permesso alla mia mente di pensare anche solo per un istante alla possibilità di vedere Harry nelle stesse condizioni in cui Alfredo mi aveva raccontato di essersi trovato, impazzivo.
Pane tostato e marmellata, latte e caffè, tutto pronto per Harry, che credevo dormisse ancora. Mi ricredetti quando entrando in camera da letto, mi accorsi della sua assenza. Le lenzuola erano scomposte, un cuscino a terra, lui che non c'era.
"Harry." Chiamai il suo nome.
Attirò la mia attenzione lo sciacquone del bagno che veniva tirato e pochi secondi dopo la porta alle mie spalle venne aperta, rivelando il corpo stanco del mio amato ragazzo.
"Ehi." Sussurrai, avvicinandomi a lui.
Il sorriso che colorava il mio viso però si spense quando scorsi un'espressione stanca e sofferente sul suo volto; mi preoccupai.
"Va tutto bene?"
Sfuggiva dal mio sguardo, respirava pesantemente e fissava il vuoto.
Quelli non erano i suoi occhi.
Non persi tempo a raccogliere il suo volto tra le mani, per obbligarlo a guardarmi in viso. Quelle sue iridi verdi erano lucide, contornate dal rosso; il suo viso era pallido, viola sotto gli occhi gonfi, scavato sulle guance; le sue labbra secche e spaccate.
Non mi fermavo a guardarlo da così vicino e così attentamente, catturando tutti quegli orribili particolari, da un po'; ma mentre reggevo il suo viso tra le mie mani e percepivo la spossatezza e l'agonia da quegli occhi, mi sentivo terribilmente in colpa. Avrei forse dovuto prestare più attenzione al fatto che quelli erano esattamente i sintomi di chi cerca ardentemente di non cadere ancora nella tentazione.
La verità era però, che in quell'arco di tempo dopo la sua scelta, avevo cercato in tutti i modi di non pensare alle sue possibili crisi di astinenza, perché mi spaventavano terribilmente tanto; mi spaventava la possibilità di non riuscire a calmarlo. Nonostante ciò, in quel momento, guardandolo, mi resi conto che non avrei potuto fuggire a lungo dalla realtà e che dovevo essere pronta a tutto; lui aveva bisogno di questo, lui aveva bisogno di me.
"Che succede, piccolo?" Sussurrai, avvicinando il mio corpo al suo.
Le sue braccia rimasero dritte lungo i suoi fianchi e le sue mani non azzardarono a toccarmi. Era distante, spaventato, assente. E tremava. Aveva perso anche tutto quel calore ch'era in grado di irradiare.
Non ottenni risposta, ma continuò a guardarmi. Allora la colazione calda che ci aspettava in cucina, passò in secondo piano e la mia priorità quella mattina divenne il suo corpo, divenne lui.
Lo portai in bagno, lo spogliai dei suoi vestiti, lo aiutai a fare un bagno con l'acqua bollente; poi lo asciugai, lo rivestii e lo condussi a letto, dove lo trascinai sotto le coperte ed avvolto dalle mie braccia. Sprofondò il viso nell'incavo del mio collo, prendendo un respiro profondo; strinse forte le braccia attorno alla mia schiena e serrò gli occhi. Percepivo il suo bisogno di qualcuno che gli facesse da sostegno, da ancora per non sfuggire, per non cadere, per non crollare.
Tutto questo nel più solenne dei silenzi. Non si azzardò ad aprire bocca e nessun suono fu mai prodotto dalle sue labbra eccetto per un gemito soffocato ed un parola che mi fece accapponare la pelle e che mi tormentò per giorni interi.
"Aiuto."

Di Vetro [HS]Where stories live. Discover now