-I Am-

164 17 28
                                    

Titolo: I Am
Autore: SaraTramonte
Genere: Narrativa generale

Stato: In corso

Premessa: Ultimamente abbiamo trovato altri casi del genere, quindi direi di continuare così come da prassi.

I Am è una storia che, come altre incontrate, esce dai canoni e dai paletti che ho fissato per il mio metro di valutazione, basandomi sul racconto tipo wattpadiano.

Quindi procedo con una recensione discorsiva, rinunciando alla solita struttura rigida.


I Am è una storia particolare, sperimentale forse, che si propone obiettivi pretenziosi

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

I Am è una storia particolare, sperimentale forse, che si propone obiettivi pretenziosi.
Ma prima d'arrivare a questo, introduciamola.

Cosa diversa da tante storie dal tratto simile a questa, mi sento d'affermare che una trama è ben presente in questo racconto. Non è il classico intreccio, ovviamente, anzi, ci troviamo in un teatro dell'assurdo dove il protagonista senza nome si muove tra casa e bar, chiudendosi la porta dietro alle spalle, senza avere le chiavi per riaprirla. Decide quindi di farsi un giretto per la città in pigiama, ostentando una sicurezza traballante, incontrando un amore passato e ormai irriconoscibile.
Da qui in poi ci scioglieremo in qualche particolare disguido familiare.

Tra un'assurdità e un'altra, tra l'ironia del protagonista e qualche dettaglio più grottesco del tutto, l'autrice ci fa scivolare in monologhi introspettivi, continui, brevi e secchi, che non girano molto intorno alle parole.

Come un novello Proust, il protagonista si fa pioniere di una nuova ricerca. Non parliamo del tempo, ma della propria identità.

Chi sono io?

Si chiede.

Ah, bella pe' te, non so chi so' io, figuriamoci se te so risponde.

Questa è un po' la risposta (magari non in romanesco lieve) che il lettore arrivare a sputare fuori leggendo le vicende racchiuse in questa storia.

Come il protagonista è insicuro e dubbioso, alla ricerca di una risposta da darsi, ci rendiamo conto che anche noi, poveri illusi, dovremmo porci la stessa domanda.

L'obiettivo prefissato dell'opera è infatti questa: trascinare il lettore assieme al protagonista, alla ricerca di se stessi, di qualcosa che non ci incateni alle somiglianze, ai nomi propri e al materialismo. Immagino che Romeo e Giulietta avrebbero approvato.

Cosa mi sento di dire a riguardo? Che inizialmente funziona, i primi capitoli con la tematica "Chi sono io?" sono molto coinvolgenti, ancora non abbiamo idea della trama nella quale ci andremo ad immergere. Come incipit è perfetto, rispecchia e ricalca l'obiettivo dell'autrice.

Ma poi cosa succede? Poi succede che conosciamo il personaggio principale che, sebbene ci sembri piuttosto alienato (o almeno ci provi ad esserlo), non riesce a nascondere il suo carattere, la sua indole. Improvvisamente, sebbene non abbia un nome, lui prende le sue sembianze e noi, lettori che dovevamo essere coinvolti, ne restiamo un po' fuori, curiosi piuttosto di vedere cosa accadrà al ragazzo.

Gli episodi della sua vita sono particolari, non generali, non tutti saprebbero rispecchiarsi nei suoi pensieri, non tutti abbiamo vissuto quel che ha vissuto lui.
Chi sono io, si chiede, e improvvisamente la domanda non ci sembra più così rivolta a tutti come dovrebbe, motivata dalla sua indole così personale, che noi forse non abbiamo.
La domanda si trasforma e per noi acquista sfumature diverse, che in molti saremo in grado d'apprezzare, ma non sempre di condividere.
Quindi, la ricerca della propria identità lascia lentamente spazio alla narrazione, piuttosto che al tu per tu con il lettore.

Autrice, sai che il tuo obiettivo di coinvolgere a tal punto il lettore è davvero pretenzioso ed io, dalla bassezza del mio essere, mi sento di dirti che ancora non ci sei. Funziona per i primi capitoli, ma non appena l'assurda trama prende il via noi ne restiamo inevitabilmente oggettivati.

Il personaggio parla con se stesso, non più con noi tutti.

Questo, ovviamente, non toglie nulla alla bellezza dell'opera, che resta ricca di tesori da scoprire, ma che semplicemente fallisce in uno solo dei suoi obiettivi.

La scrittura è frammentaria, scandita da punti fissi che l'autrice dosa bene nei primi capitoli, eccedendone un po' troppo negli ultimi.

Aiutano a dare ritmo, replicando il flusso scomposto dei pensieri del protagonista, pensieri lasciati come punti neri su un foglio bianco, in maniera scostante, un po' goffa, barcollante.
L'idea d'essere ubriachi di qualcosa c'è sempre, una volta è il sonno, una volta le chiacchiere, una volta il vino, una volta l'ansia.
I punti più dinamici sono in grado di far venire il fiatone, le immagini non ci sfuggono mai, l'unico problema è rimanere vocalizzati sulle frasi: c'è il rischio di perdersi nelle conversazioni, ma nulla che non sia evitabile stando attenti.

Elementi prevedibili per il genere di storia, ma realizzati piuttosto bene, sono i doppi significati di ogni frase. 
Questo teatro dell'assurdo ha un doppio fondo fatto di metafore e figure retoriche, dietro alla scenografia c'è tutta un'altra storia, ma questa starà a voi afferrarla, altrimenti non c'è nessun gusto.

Mi è piaciuta moltissimo l'ironia iniziale, che mi ha fatta spanciare sul divano un paio di volte, e che comunque resta per tutta la durata dei capitoli, affievolendosi leggermente per far spazio a qualcosa di più impegnativo.

Le frasi sono costruite in maniera più che interessante, sistemandosi con vari accostamenti particolari e improbabili, rilasciando ogni tanto qualche paragone esemplare e molto originale.

D'errori grammaticali non ce n'è traccia, solo di qualche piccolissima svista causata dalla distrazione, nulla di più.

Di consigli ne ho pochi, sia perché io, per quanto mi riguarda, mai penserei di scrivere una storia così sperimentale, capacitandomi del mio menoma mentale, sia perché è un'opera di un buon livello, quindi c'è poco da dire. 

Posso azzardare un mio personalissimo parere, dove per un pizzico son rimasta delusa, solo per un pizzico nella grande soddisfazione che ho provato: conoscendo le doti dell'autrice -per qualche lettura sparsa che ho gustato con piacere- mi aspettavo dell'altro.

Diciamo che si percepisce la fragilità di quest'esperienza, forse nuova anche per lei, che sta affrontando comunque molto, ma molto bene. 
Mi sarei aspettata forse più gravità in certi punti, tratti più marcati e scuri in altri, meno sottigliezza in altri ancora.

Più lavoro forse, non che non ce ne sia, ma più eleganza nel complesso, più maturità.

Ma come detto, e come ripeto, quest'ultimo era un mio assolutamente personale parere, che va preso con le dovute pinze da chiunque lo legga.

È stata comunque un'interessantissima lettura della quale consiglio la lettura a tutti. Offre un mood particolare per molti, soprattutto i primi capitoli sono assolutamente da leggere, perché si contraddistinguono per la loro eccezionalità e musicalità, innalzandosi ad un'elegante prosa poetica.

La Critica [Recensioni]Where stories live. Discover now