Twenty-Two [F]

253 14 8
                                    

Whatsapp
Mars.: Scusa, i miei mi hanno bloccata
Non posso venire

Lessi la notifica, alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Sbloccai il telefono per risponderle.

Io:
Tranquilla, ci vediamo domani?

Mars.:
Yepp
Magari chiama Zay, ok?

Beh, non me lo lasciai ripetere due volte. Fermai la musica che stavo ascoltando con gli auricolari e lo chiamai subito, senza nemmeno rispondere a Riley. Dopo la sua conferma continuai ad attendere accanto all'uscita della metro, mi raggiunse dopo un quarto d'ora. Mi propose di prendere delle birre e io accettai abbastanza tranquillo, nonostante fossi consapevole di star prendendo un rischio, seppure molto improbabile, di essere beccato da qualcuno.

Decidemmo di andare nel parchetto della nostra ultima uscita, sperando che come allora non ci fosse nessuno. Infatti, appena arrivati lì potemmo constatare che c'erano solo quelle quattro statue dorate a farci compagnia. Potevo benissimo immaginare il motivo per cui non ci fosse mai nessuno lì; era uno spazio piccolo, i muri che lo circondavano erano pieni di manifesti strappati e costellati da graffiti, c'era un calzolaio ma aveva le serrande abbassate e sembrava essere chiuso, in più, c'erano vari mucchi di foglie addosso ai muri ed eravamo in primavera. Doveva essere proprio un bel parco giochi per i vandali. Mi accomodai alla destra di Zay sulla panchina verde, insieme alle nostre due birre prese ad un chiosco in strada e già stappate. «A Farkle!» Facemmo tintinnare le nostre bottiglie. «A Zay!» Brindammo e subito facemmo il primo sorso. Abbassai lo sguardo, notai molti mozziconi di sigarette, probabilmente anche canne, e pezzi di vetro verde per terra. Non eravamo stati i primi ad aver avuto la brillante idea di rifugiarci in quel posto per fare cose che ragazzi della nostra età non dovrebbero fare e chissà per quale motivo oggi quegli stessi ragazzi non si trovavano là. Pensai e ricordai che anche l'ultima volta non c'era nessuno ed era sabato, proprio come quel giorno.Magari il sabato avevano tutti da fare o, forse si erano semplicemente scocciati del posto, qualunque fosse stata la verità, decisi che non fosse importante.

Guardai il ragazzo alla mia sinistra e sorrisi. Avevo esternato i miei ancora non chiari sentimenti per lui, c'eravamo baciati, ancora non ci potevo credere e chissà, forse si poteva dire che stessimo insieme. Ecco, lui era la cosa più bella e importante in quel momento. Anche se sì, le piccole statue d'oro che sembravano più luminose rispetto a un minuto fa, in effetti, avevano un certo fascino, se solo non mi stessero accecando. Brillavano grazie alla luce del sole perfettamente indirizzata su di loro e la riflettevano su di noi, quasi come se quei quattro bambini che si tenevano per mano volessero abbagliarci di proposito.

«Mamma mia stai brillando più di Edward Cullen.» Disse lui e io gli risposi con un sorriso.
«Che ore sono?» Senza farci caso spostai di nuovo lo sguardo sulle statue. Dovetti strizzare subito gli occhi e girarmi dall'altra parte per via della luce.
«Le cinque e trenta.»
Ancora una volta davanti ai miei occhi, anche lui mi stava guardando. Forse era il momento giusto per far accadere qualcosa ma non lo sapevo, non ero uno scienziato dell'amore. Mentre ragionavo sull'attuare qualche mossa o meno, notai che però qualcosa non quadrava. Era tutto troppo perfetto, troppo regolare.
Poi però ricordai: «Ma io ho una fidanzata!»
«Buongiorno.» Riportò la bottiglia alla sua bocca.
«Cazzo.»
«Già.» Riprese a bere, facendo una pausa ogni volta che doveva parlare.
«Dovrebbe tornare domani. E se non glielo dicessi?»
«Assolutamente no. Tesoro, domani la cosa andrà così: Smackle mi dispiace non sei tu, sono io, sono gay, tu andrai in paradiso e io no, poi tante lacrime e infine un abbraccio per coronare la vostra rottura.»
«Grazie, hai appena risolto tutti i miei problemi.» Feci un sorso anch'io.
«Parlando seriamente quello che dovrai fare sarà molto difficile, mi dispiace sia per te che per lei.»
Lasciai calare il silenzio mentre entrambi bevevamo.
«Senti ma come lo fai?» Gli chiesi. Avevo tante domande da fargli.
«Cosa?»
«Come fai ad essere così sicuro di te? Della tua sessualità? Insomma, fai la terza media..»
«Penso che "bisessuale" sia la parola che mi doni di più addosso, tu non lo pensi?»
«Sì, per te certo ma non penso si addica anche a me.»
«Allora quale pensi ti possa stare bene?»
«Non so, mi piaci tu, che cosa sono quindi?Gay?»
«Nah, penso che il termine giusto sia Zaysexual»
«Che spiritoso!»
«Ascolta, non ti fissare su questa cosa, hai tutto il tempo del mondo, quando lo saprai, lo saprai.»
«Ma non sapere qualcosa mi fa andare fuori di testa.»
«Farkle, la vita è come uno di quei tuoi giochi da nerd, non credo tu conosca tutte le strategie esistenti.»
«Non mi conosci bene allora. Ma poi non pensi che stia diventando un po' una moda?»
«Nel 2016? Cosa? I giochi da nerd? Forse. L'omosessualità? Lo sarà quando gli asini impareranno a volare.»
La luce del sole si stava già allontanando dalle statue, non mi rifletteva più addosso e potetti rilassare gli occhi.
«Non la vedo così.»
«Scusa ma perché uno dovrebbe mai voler essere gay, cioè: una minoranza odiata da molte persone che non ha nemmeno pieni diritti? Sarebbe un auto-sabotaggio. Esempio? Ora ti racconto come io e Vanessa abbiamo rotto. È bastato che io le dicessi che prima di stare con lei mi fosse capitato di provare qualcosa per un ragazzo. Ho pensato che lei potesse capire ma al contrario, non l'ha accettato e mi ha mollato. Ma beh poco importa, all'inizio mi avrà anche ferito ma ora non me ne frega proprio niente di lei, spero soltanto che riesca ad aprire la mente in futuro.» Raccontò agitando la bottiglia.

«Non la facevo così stronza.» All'improvviso sentii delle foglie venire calpestate da qualche parte dietro di noi. Spalancai gli occhi.
«Già, neanch'io. Ma il punto è: nessuno ti rompe i coglioni quando sei etero.» Un altro sorso. Altri passi. Spostò lo sguardo su di me e si accorse della mia espressione. «Che?» Corrugò le sopracciglia confuso.
Si avvicinò un poliziotto nero e in carne, fino a posizionarsi davanti a noi. «Buonasera.» Disse lui.
«Buonasera.» Rispondemmo all'unisono.
«Giovanotti, potreste mostrarmi i vostri documenti?» Chiese per via delle nostre birre.
Io e Zay ci scambiammo altri sguardi. «Sì, certo.» Zay finse di cercare il portafoglio nella sua tasca. «Ecco...» Rapidamente ci alzammo dalla panchina, per sbaglio lasciai cadere la bottiglia su di essa, facendo schizzare il contenuto sulla bambina d'oro più vicina. Il poliziotto ci inseguì fino all'uscita del parco, già affaticato. Da subito si fermò, capendo che non ne sarebbe valuta la pena di perdere fiato per due adolescenti. Per esserne certi aspettammo di avere un grande distacco da lui per fermarci.
Respirammo affannosamente per quasi un minuto, in piedi sul marciapiede. Inconsciamente avevamo preso la strada per andare da Topanga. Realizzai che probabilmente si trattasse dell'unico giorno in cui il poliziotto era di pattuglia in quella zona e che eravamo gli unici a non saperlo. «Bene, dovremo trovarci un altro posto.» Mi appoggiai ad un albero, lui mi seguì.
«Non sarà difficile, tranquillo. New York è immensa.» Si avvicinò ancora un po'. «Il tuo cellulare sta vibrando.» Alzai gli occhi al cielo. «Chi è che rompe i coglioni ora?» Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lessi il nome sullo schermo. «Merda.» Mormorai.

Risposi alla chiamata e portai il cellulare all'orecchio. «Honeybucket!!!» La voce stridula e metallica di Isadora mi stordì l'orecchio.
«Smack!!»
«Hey! Che fai?»
«Ehmm, niente, sono a casa, con le orecchie tappate.» Mentii spudoratamente. Zay mi guardò male. Si avvicinò al mio cellulare per sentire anche lui, gli diedi una leggera spinta con la mano per farlo spostare.
«Oh, beloved! I tuoi genitori litigano ancora?» «Già.» Alternavo lo sguardo da Zay alla strada ogni due secondi. Lui non sembrava per niente contento e non potevo biasimarlo.
«Mi dispiace tanto, vuoi parlarne? Ci vediamo?»
«Sì, certo! Ma... non so, in realtà non ho tanta voglia di muovermi.»
«Sei sicuro? Vuoi che venga io?»
«Ma no, non c'è bisogno che tu ti scomodi!»
«Oh, peccato..» Appena terminò di parlare, dal cellulare sentii il rumore di una macchina e subito me ne sfrecciò una davanti agli occhi.
«Smack, ti sento un po' male. Wtf. Dove sei?» Mi spostai dall'albero, non sicuro di quello che stesse succedendo.
«Dietro di te. Testa di cazzo.» Mi si ghiacciò il sangue. Lei chiuse la chiamata. Indietreggiai lentamente di qualche passo e mi voltai dietro, dove vidi lei venire verso di me col cellulare in mano e le braccia conserte. «Smackle! Ciao!» Feci finta di niente. «Pensavo dovessi tornare domani.»
«Beh, sorpresa!» Disse con un finto tono allegro e guardando a terra. «Che sono tutte queste scuse?» Mi resi conto di conoscere bene quel suo sguardo.
«Hey, ti assicuro che non è come pensi.» Mi avvicinai a lei. La vidi sbattere molto le palpebre.
«Oh, cazzo si che lo è.» Smackle mi sorpassò e cominciò a camminare incazzata nera.
«Ok, forse un po' lo è ma senti.. Smack! Avevo intenzione di dirtelo!» La seguii, cercando di spiegare.
«Mi prendi per scema?» Sapevo che si fosse sempre immaginata che io la lasciassi per Riley ma non sono sicuro che Zay fosse poi tanto un colpo di scena per lei. Isadora Smackle è una ragazza molto intelligente, così tanto che aveva capito tutto dall'inizio, dalla nostra ultima uscita da Topanga e magari anche prima, anche prima di me.
«No, dico davvero!»
«Senti.» Si fermò «Vi auguro buona fortuna per la vostra relazione o quello che è.»
«Puoi guardarmi negli occhi un attimo?»
«Non vedo perché dovrei.» Riprese a camminare.
«Un attimo, Smackle!» La pregai.
Si fermò di nuovo. Mi accontentò e spostò lo sguardo sulla mia faccia ma non riuscì a smettere di sbattere le palpebre, nonostante quanto ci stesse provando. «Fanculo.» Mormorò gettandomi due pugni sulle spalle per poi corrersene via. Rimasi là impalato. Guardai Zay, sembrava più sconcertato di me e potevo comprendere il perché. Non avevo immaginato che sarebbe andata così, non avevo nemmeno pensato che Isadora avrebbe potuto avere una reazione del genere e non avevo pensato nemmeno alle conseguenze che avrebbe portato la nostra rottura su di lei. Come ero stato io ad aiutarla a migliorare nei rapporti fisici, ero stato anch'io a portarla a peggiorare. La colpa era tutta mia.

****************
buon anno!!!
ha ha meglio che me ne sto zitta va.


-ecciu
si scusa per la millesima volta

Am I Gay? » Girl Meets World.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora