CXX. Il quattro febbraio

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Ho perso ormai il conto delle ore passate nella stanza della clinica, posto dove sarà data la vita a mio figlio.

James è stato accanto a me fin dall'inizio e ancora adesso mi tiene la mano mentre mi sento colpita da profonde contrazioni.

«hai bisogno di qualcosa piccola?» mi chiede il moro regalandomi un sorriso compiaciuto.

«ho solo bisogno che tu mi rimanga accanto» biascico prendendo un respiro profondo.

Il Dr.Lawrence è venuto circa venti minuti fa e mi ha detto che il bambino non sarebbe nato prima di un paio di ore circa.

«cazzo, ho la schiena a pezzi» dico con tono lamentoso.

«spostati un po' così mi metto dietro di te e ti faccio un massaggio» le parole di James mi fanno quasi illuminare gli occhi.

Un paio di minuti dopo mi ritrovo tra le braccia nelle quali passerei il resto della mia vita.

«il campione si fa attendere» le labbra di James si posano sul mio orecchio lasciandomi piccoli baci.

«James» mormoro stringendo i denti.

«chiama il Dr.Lawrence, credo che sia arrivata l'ora» inspiro ed espiro rumorosamente.

Scende dal letto con sguardo preoccupato e torna pochi secondi dopo con il dottore e altre due donne.

«allora tesoro, lo facciamo nascere?» parla una donna che dice di chiamarsi Tricia, la sua sembra più un'affermazione piena di enfasi che una domanda.

«assisterai James?» chiede il dottore e James annuisce non staccando nemmeno per un istante i suoi occhi da me.

Il dolore che si prova nel dare alla luce un bambino è soggettivo ed io posso dire che fortunatamente il tutto è durato solo trenta minuti circa.

Milleottocento secondi passati tra lacrime, parole strette tra i denti e i sorrisi di James che mi incoraggiavano a spingere.

Quando dalla bocca di Tricia è uscita la frase "è nato" tra le piccole gocce di stanchezza che minacciavano di uscire dai miei occhi, un sorriso ha preso il loro posto sul mio viso.

«te la senti di tagliare il cordone James?» chiede il dottore e il mio ragazzo annuisce con il viso luminoso.

Solo pochi secondi dopo questa richiesta ho potuto avere mio figlio tra le braccia.

Ad accompagnare il magico momento si è unito il mio ragazzo che con occhi lucidi si è calato per baciarmi la fronte e per toccare con il dito la manina del nostro bambino.

«posso ufficialmente dire che il 4 febbraio ho visto il paradiso nonostante la mia anima sia nera come l'inchiostro» le parole sussurrate da James mi smuovono il cuore.

«il nostro bambino» pronuncio queste parole con il sapore salato delle lacrime sulle labbra.

Quando il bambino inizia a piangere è come se non avessi mai sentito suono più bello.

«come avete deciso di chiamare questo raggio di sole?» chiede Tricia e posso dire di averla vista asciugarsi una piccola lacrima.

Mi giro verso James. In tutti questi mesi non abbiamo mai pensato a che nome dare al nostro bambino.

Tricia alza le sopracciglia alla "decidetevi ragazzi" quando non sente nessun nome.

«Blake» mormoro portando lo sguardo dal piccolo visino di mio figlio agli occhi azzurri di James.

«Blake Callen» continua poi il moro accarezzandomi il braccio con il quale tengo il piccolo.

«scelta magnifica, adesso vi lasciamo da soli con il bimbo, tienilo un paio d'ore al petto tesoro così lui riesce a stabilire un buon rapporto fisico con la propria mamma» Tricia si rivolge prima ad entrambi poi soltanto a me.

Innamorata del mio Inferno 2Where stories live. Discover now