Sintonia.

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Quella notte dormii poche ore, quelle sufficienti per far sì che al mio risveglio gli occhi non sentissero la necessità di chiudersi di nuovo. Scuola, sento il tuo odore sempre più vicino; quel giorno ogni pensiero sarebbe stato lontano, scuola, genitori e gli altri mille problemi che mi rendevano succube di tanti attacchi di panico. Quel giorno nulla mi avrebbe sfiorata, se non lui.

Erano le dieci ed a mia gran sorpresa ero già sveglia, ero solita alzarmi dal letto a mezzogiorno ed infatti anche mia madre ne rimase stupita: "wow, scuola?" queste furono le sue parole, simpatica.

Inevitabilmente dovetti inventarmi qualcosa, non mi andava di dirle "oh no mamma, esco con un ragazzo per la prima volta e mi porterà in un posto solo a lui conosciuto ma stai tranquilla" perché lei non sapeva chi lui fosse, sarebbe stato facile giudicarlo in negativo.
Semplicemente, dissi che andavo con Alessia  a fare un giro.

Mi feci trovare a qualche isolato più avanti per evitare lo sguardo di mia madre ed eccolo lì, nella sua auto bianca che mi riportò al ricordo di quella notte. Scossi la testa, non era il momento.

Lo vidi scendere dall'auto per aprirmi la portiera dall'altro lato e, come un maggiordomo, mi porse la mano per aiutarmi a salire.

"Prego, salga signorina"
"Non sono deficiente come te, sai" e rise, aveva un sorriso dolcissimo che mi ricordava tanto il viso di un bimbo con davanti una busta di patatine. Da piccoli era facile accontentarsi di poco, sì.

Una volta salita in auto trovai davanti a me una busta contenente un cornetto, non potevo non ringraziarlo per la colazione che inevitabilmente iniziai a mangiare come la persona più affamata del mondo.
La sfoglia si sbriciolava sotto i miei denti, lo zucchero a velo ricadeva sul paio di leggings neri che avevo indossato per quella giornata rendendoli non più così neri.

Alla radio partì una canzone, "Comunque andare" di Alessandra Amoroso.
C'era silenzio, sì, fino al ritornello.

Comunque andare
Anche solo per capire
O per non capirci niente
Però all'amore poter dire ho vissuto nel tuo nome
E voglio ballare e sudare sotto il sole
Non mi importa se mi brucio la pelle
Se brucio i secondi, le ore
Mi importa se mi vedi e cosa vedi
Sono qui davanti a te
Coi miei bagagli ho radunato paure e desideri

Recitava la canzone, ed a quel punto iniziammo ad urlare come due pazzi senza aspettarci così tanta sintonia in qualcosa di tanto semplice. Ci sorridevamo a vicenda, sapevamo entrambi che quella leggerezza che ci accompagnava ci rendeva spensierati e molto più vicini all'altro.

Arrivati a destinazione decisi di non aspettarlo per uscire dall'auto, mi piaceva esser trattata in quel modo ma ehi, non esageriamo.

Era un palazzo alto quello che mi si presentò davanti, per un attimo fui convinta di essere a casa sua ma le cose andarono diversamente.

Decisi di seguirlo e, all'entrata, oltre alle scale che portavano ai piani superiori e all'ascensore, erano presenti anche delle scale che portavano verso il basso.

Non ero preoccupata, perché avere paura dello stesso che mi stava facendo sentire così bene?

Varcata una porta vidi davanti a me, al centro della stanza, un piano.
Sembrava uno studio di registrazione, sì, era lo stesso dei video su Youtube.
Rimasi senza parole e nonostante non gli avessi posto domande, lui cercò una risposta per spiegarmi.

"Sì beh è uno studio di registrazione, da quando avevo otto anni suono il pianoforte e per gentil concessione di un mio amico son riuscito ad ottenere uno spazio per me. I vicini ne avevano abbastanza. Suoniamo?"

Giusy. // UltimoWhere stories live. Discover now