Pericoli.

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Presa dalla preoccupazione, chiamai Niccolò.
Avevo paura di uscire di casa, di parlarne con qualcuno o anche solo di reagire.
Avevo paura di sbagliare e per quanto quelle parole potessero essere la parte più importante e simpatica di uno scherzo, nell'ultimo periodo stavano succedendo fin troppe cose prive di senso.

Nel momento in cui stavo per chiamarlo, mi passarono davanti le più strane scene avvenute negli ultimi mesi: tanto per iniziare, quella dannata auto. Sembrava perseguitarmi ma da quando Niccolò mi aveva salvata sembrava esser tutto svanito; vedevo girare per il mio viale volti nuovi, spesso uomini sulla mezz'età dall'aspetto che non promette nulla di buono.
Finalmente, sentii la sua voce.
"Giusy, dormivo.." e lo sentivo chiaro e tondo, la sua voce era rauca e stanca.
"Sono in pericolo, per favore vieni da me" dissi, con la voce che tremava. Mi avrebbe sicuramente presa sul serio.
"Arrivo."

Così posai il telefono e fra le mani rigiravo quel pezzo di carta. La calligrafia era piacevole, chi l'avrebbe mai detto che quella sarebbe stata una minaccia?

Non impiegò molto tempo ad arrivare, era chiaro che era preoccupato a sua volta per quanto non fosse ancora al corrente di ciò che succedeva. Bussò ed io, avendo notato la sua figura snella dal balcone, gli ho aperto senza pensarci due volte.
"Ma allora era uno scherzo.." dice mentre sta per varcare la soglia della porta, era sul punto di farsi una risata ma con una mano e la bocca serrata gli passo quel pezzo di carta.
Restò quasi paralizzato a vedere quelle parole, levò gli occhiali per gettarli sul pavimento ed intanto i suoi piedi lo guidavano verso il divano.

"Ma che cazzo è.." non risposi "è uno scherzo, dì la verità" ma il mio sguardo tradì le sue aspettative.

Avevo gli occhi colmi di lacrime, aspettavano solo il momento giusto per uscire e rigare le mie guance.
Mi lasciai andare sul divano e lui, notando un accenno di pianto, strinse le sue braccia al mio corpo. Per un attimo mi ritornò in mente quella volta nella sala, quando suonò il piano e la scena che mi apparse nella mente fu esattamente questa: io in lacrime, lui che cerca di calmarmi.

"Capiremo chi è stato, non sarà difficile.."
Cercava parole per farmi sentire meglio ma era evidente che ogni suo tentativo cadesse nel vuoto come una foglia volerebbe via da un albero in autunno.
Quando mi distaccai dalla sua spalla, ormai bagnata per il mio pianto, incrociai il suo sguardo. Era come se mi sentissi a casa, mi bastava quella sicurezza a cui aggrapparmi e quella protezione che nessuno era mai riuscito a darmi.
I suoi occhi erano belli e mi trasmettevano realmente quel che cercavo: sicurezza, protezione, amore.
Non ci conoscevamo da anni ma chi dice che il tempo conta in un rapporto?

Vedevo nei suoi occhi un reale bene, erano lucidi a loro volta e cercavano di comprendere i miei come fossero la cosa più importante al mondo.
Quando lo vidi calare lo sguardo, capii esattamente quelle iridi cosa stessero osservando.
Le mie labbra, le stesse che qualche attimo dopo si son trovate a premere per qualche secondo sulle sue.

Riprese le distanze mi veniva difficile parlare, lo osservavo come colpevole di qualcosa di sbagliato ma lui sorrideva, eccome se sorrideva.
"Non ti preoccupare" disse, prima di stamparmi un bacio sull'angolo della bocca.

Ne volevo ancora ma dissi fra me e me che stavo solo osando e correndo troppo, evidentemente cercavo solo una certezza da stringere per sentirmi meglio.
"Dammi la lettera, per te è pericoloso uscire da qui. Torno fra meno di un'ora, devo portarla alla polizia." il suo tono era sicuro, come se fosse consapevole di ciò che doveva fare ma era evidente che anche lui aveva paura.

Uscì dalla porta d'ingresso ed in quel momento corsi al balcone. Immaginavo ancora sulle mie labbra la morbidezza delle sue, il bisogno di vederlo e di sentirlo vicino era più vivo che mai.

Mentre lo osservavo varcare il cancello, un uomo barbuto ed abbastanza muscoloso lo osserva in lontananza.
Non prometteva nulla di buono ed infatti, quando Niccolò notò che quell'uomo si avvicinava sempre più minaccioso, iniziò a correre. Alle sue spalle, l'uomo correva a sua volta.

Lo osservavo dall'alto ed in quel momento, nel momento in cui lo vidi sparire dietro un palazzo, non sapevo che fare.
Il mio cuore batteva a mille e per fare qualcosa corsi al mio cellulare per chiamare la polizia.
Dovevo scendere e rischiare a mia volta?
So solo che le lacrime scorrevano a dirotto e stavolta non c'era lui lì ad abbracciarmi.

Giusy. // UltimoWhere stories live. Discover now