Spugna.

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Restare lì, all'ospedale, mi faceva sorgere brutti pensieri dai quali era difficile scappare. Erano come ombre pronte a divorarmi, pronte a portarmi nelle loro tenebre.
Venivo da quelle tenebre, ne ero uscito grazie a lei e grazie a quei sorrisi che mi regalava ma, da un giorno all'altro, mi sembrava di esserci ricascato dentro.

Decisi di lasciare dunque quel luogo, non mi faceva bene pensare al peggio e vedere quel via vai di persone a lei care.
Come si suol dire, dovevo staccare la spina.

Decisi di lasciare l'auto nel parcheggio dell'ospedale, avevo voglia di passeggiare solo tra quelle strade vuote in vista delle vacanze estive, in compenso c'erano turisti e cani abbandonati.
Ogni piccolo cane sembrava fuggire da me o mi ringhiava quando ci passavo accanto, a parte uno, un tenero cucciolo di labrador randagio lasciato ad un angolo di strada.

Quel cane tenero ed indifeso era legato con una catena fin troppo stretta, aveva a sua disposizione acqua sporca ed un piattino nel quale, suppongo, prima ci fosse del cibo.
Mi inginocchiai per accarezzarlo, sembrava aver bisogno di aiuto ed a quel punto iniziai a correre verso casa di un mio amico lì nei paraggi, avevo bisogno di qualcosa per rompere la catena.
Questo mio vecchio amico non si fece problemi a darmi una tronchese, a quel punto corsi dal cane che sembrava stanco e sul punto di morte. Ruppi la catena, dovevo aiutarlo.

Casa mia era fin troppo lontana, il punto più vicino da raggiungere era la casa della nonna di Giusy, la simpatica signora.
Corsi come un matto per raggiungere il luogo, ricordavo perfettamente dove si trovasse da quella volta che la abbandonammo al mercato; suonai al citofono e prontamente spiegai la situazione tutto d'un fiato, lei accettò di farmi entrare.

"Che è success.. ommioddio." e fu lei stessa ad avvicinarsi ed accarezzare quel piccolo labrador bianco: senza farsi tanti problemi lo prese in braccio, lo portò sul divano ed andò a preparargli il latte misto ad un po' d'acqua.
"Dovresti portarlo da un veterinario, nessuno merita di morire.."
"Sì, dopo corro lì" ed intanto osservavo il cucciolo bere dal bicchiere di plastica che la gentile signora gli porgeva.
"Vedi, queste piccole cose cambiano la vita"
"Cosa intende?"
"Hai salvato un'anima, questo cane salverà altre persone regalando loro della felicità ."
"Già.."
"Hai salvato anche Giusy, io so come stava quando non vi conoscevate. Con sua madre non riusciva a sfogarsi e quindi, qualche volta, veniva da me per parlare. Aveva solo bisogno di sorridere un po' di più.." la sua voce iniziò a tremare ed una lacrima le rigò il viso.

"Sono stato stupido a farmi mettere i piedi in testa.."
"Quei due lividi che hai sul viso te li hanno fatti loro?"
"Sì, ho provato a fuggire quella volta ma venni preso e mi portarono in un luogo losco.."
"Losco?"
"Era una specie di magazzino, non so dove si trovi perché mi svegliai lì, presi qualche schiaffo e qualche raccomandazione e poi mi risvegliai sul marciapiede fuori casa mia"
"Devi fare qualcosa, non puoi abbandonare Giusy. Anche altre persone ci sono passate, il tuo amico farà meglio a non avvicinarsi troppo a lei"
"Quello con gli orecchini a forma di piuma?"
"Sì, Francesco"
"Si chiama Filippo a dire il vero"
"Fa lo stesso. Hai intenzione di tenerlo?" mi chiese, riferendosi al cane.
"Forse, sì.."
"Magari lui potrà salvare te"
"Spugna, questo è il suo nome"

Dissi senza esitazioni, avevo bisogno di una distrazione e, se Giusy si fosse risvegliata, le avrei presentato questa splendida sorpresa.
Non ho mai capito perché le persone abbandonano i cani, uno di quei pochi esseri che farebbero di tutto perché ti amano, che capiscono quando sei triste ed hai bisogno di star meglio, che non ti lascerebbero per nessun motivo. Dovevo aiutarlo, dovevo far sì che sorridesse e volevo sorridere anche io in un momento così atroce della mia vita.

Giusy. // UltimoWhere stories live. Discover now