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dopo un minuto contato, io e Josh separammo le nostre labbra, guardandoci negli occhi con imbarazzo.
mia madre era pietrificata, quasi letteralmente oserei dire.
era rimasta ferma, in silenzio, con occhi spalancati e bocca serrata ad ammirare suo figlio che baciava quel ragazzo che non le era mai piaciuto.
appena si riprese e notò che la stavo guardando, scosse la testa.
-tu non mi hai mai accettato, io non ti ho mai considerata veramente mia madre. non c'eri mai e non sai nulla di me. ma io sono quello che sono e questo mi sta bene, però se non sta bene a te, puoi prendere gentilmente la tua borsa e andartene senza tornare.
dissi con convinzione, mentre guardavo gli occhi della donna davanti a me che si inumidivano, anche se solo di poco.
mi mollò uno schiaffo prima di andarsene, sbattendo la porta.
restarono diversi secondi di silenzio, dove realizzai quello che era appena accaduto.
-Tyler, stai bene?
disse Josh, posando una mano sulla mia spalla e costringendomi a guardarlo negli occhi.
mi sentivo la guancia bruciare così come gli occhi, quindi non risposi ma semplicemente mi abbandonai sulla sua spalla, piangendo in silenzio.
cominciai a tremare, stringendo tra le dita la maglietta di Josh e annaspare un pochino.
lui mi accarezzò la schiena, più volte, ripetendo che andava tutto bene.
ed era vero, solo che non riuscivo a non piangere.

anche se quella donna senz'anima se n'era andata e la cosa non mi dispiaceva affatto, il modo in cui non è stata mia madre quando avevo bisogno di lei, mi piomba addosso come un macigno decisamente troppo pesante per me da sopportare.
vedendo che non mi sentivo poi così bene, Josh mi prese in braccio e si avviò su per le scale, canticchiando una delle nostre canzoni per farmi calmare.
ero stretto come a lui un koala, sorrisi tra le lacrime e lo strinsi ancora più forte se possibile.
aveva scelto proprio not today.
quella canzone che avevo scritto a diciassette anni, quando mi ritrovai a fare i conti con la vita. ognuno ha almeno un momento buio nella propria vita e durante il mio, avevo perso la speranza.
durante quei due mesi, le ante di camera mia rimanevano chiuse tutto il giorno e facevano filtrare solo uno spettro di luce, che finiva per colpirmi verso la una e mezza, e comunque io mi sentivo meglio nella mia stanza. perché fuori vedevo un mondo che era molto meglio senza me che cercavo di cambiarlo.
ignoravo le chiamate di Josh e mia madre era sempre fuori disinteressata come al solito, mio padre mi scriveva ma davo solo risposte brevi e sbrigative, che facevano morire subito il discorso.
un giorno in particolare, ricevetti diverse chiamate di fila dal mio migliore amico.
ancora sdraiato sul mio letto e ormai logorato dalla fame (avevo mangiato solo una barretta energetica) e dai miei pensieri, mi infuriai prendendomi la testa tra le mani e tirandomi leggermente i capelli sfibrati. lui era fuori dai miei pensieri, fuori dalla mia mente. non dovevo pensare a lui, ci pensavo troppo. lui, lui, lui, lui, lui.
ero fuori di me.
la mia testa diceva che non avevo ragioni per restare in questo mondo, ma poi la sua immagine appariva, sorridente, facendo aumentare la mia collera.
forse da una parte non volevo avere ragioni. forse volevo solo prendermi una pausa dalla vita, che stava precipitando in acque troppo scure e profonde per vederci qualcosa. ma poi c'era Josh.
Josh. l'unico pensiero che mi faceva uscire di testa ma al contempo mi faceva restare lucido. con quel pensiero mi alzai, ma solo per buttare a terra qualsiasi cosa nella mia camera, compresi mobili e tutti gli oggetti che mi capitavano per le mani.
piangevo e mettevo a soqquadro la stanza, tiravo pugni alle pareti sfregiandomi le nocche e urlavo, perché tanto nessuno mi avrebbe mai sentito.
e quando mi rintanai in un angolo circondato dal macello che avevo fatto, piansi. piansi come un bambino.
e sentii i passi frettolosi di qualcuno che saliva per le scale, ma non mi importava. volevo solo piangere, dormire e rivedere la luce del sole anche solo per un po'.
alla fine, quei passi erano di Josh. aveva rinunciato al weekend al mare per me, perché era in pensiero per la mia salute.
si accampò davanti a casa mia per tre giorni, aspettando un qualche segno da parte mia, che arrivò solo in quel momento, per via del casino e delle mie urla strozzate.
mi abbracciò e disse "non oggi Tyler", perché neanche quel giorno sarebbe stato l'ultimo.

-eccoci Tyler, siamo in camera. vuoi che dorma con te?
mentre la mia mente era concentrata su quegli avvenimenti del passato, Josh era arrivato in camera sua e si era seduto sul bordo del letto, con me ancora stretto al suo corpo caldo.
mugolai un piccolo sì e lo lasciai andare per farlo alzare, ma mi tirò di nuovo stretto a lui.
-no ehi, dove credi di andare?
dopo la sua domanda ridacchiai, sentendo la gola bruciare
-oh, da nessuna parte signore
rise, buttandosi sul letto e trascinando anche me.
-non serve che tu ti stacchi da me. possiamo dormire comodi anche così
e ci addormentammo davvero in quella posizione, con i cuori ancora più vicini

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yEAH CAPITOLO PIÙ LUNGO E SOFT COME I MIEI CAPELLI ORA TINTI HALF PEL DI CAROTA.

ditemi se vi è piaciuto è stato un po' un parto visto che ho 1000000 verifiche e mezzo ma vabb.

bad poetry;; joshlerحيث تعيش القصص. اكتشف الآن