Capitolo sei.

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Avviso di Satana: leggete le note a fine capitolo per favore.

<Ho una cosa importante da chiederle, risponda con sincerità: chi è suo padre?>

Quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene di Eren, svegliandolo dal tepore in cui il sonno lo stava avvolgendo, improvvisamente sentì la gola terribilmente secca e le gambe tremanti, troppo deboli per reggere il suo peso e sentiva che sarebbe caduto, forse in pezzi.
Deglutì a fatica sotto lo sguardo di ghiaccio di Levi, aveva imparato ad apprezzare quel gelo, aveva imparato a capirlo e a perdersi in esso ma non era pronto ad averlo addosso in quel modo, si sentiva nudo e indifeso: debole.
Quella sensazione lo riportava indietro nel tempo, quando non era che un bambino abbandonato a se stesso, quando era immobile e solo davanti alla vita, quando il suo unico amico era un orsacchiotto sporco ed esso stesso era la sua famiglia, la sua unica famiglia; conservava ancora quel giocattolo logoro, e quando la solitudine e la tristezza tornavano a fargli visita quello riusciva ad aiutarlo, e con la sua fidata maschera di perfezione poteva addirittura sembrare agli occhi degli altri felice e spensierato, un cantante di successo con file e file di fan al seguito.
In quel momento avrebbe voluto abbracciare quel peluche a cui tante volte aveva ricucito le orecchie e le zampette, quando i bulletti gliele strappavano, avrebbe voluto chiudere la porta e chiudere l'amicizia con Levi, far finta che tutto quello non fosse che un sogno o un brutto tiro della sua fervida immaginazione.
Avrebbe voluto fare tante cose, una più sconsiderata dell'altra, ma non fece nulla. Niente di niente. Rimase fermo ancora una volta, davanti ad una verità che non era pronto a svelare, come se nascondendola e lasciandola taciuta sarebbe piano piano scomparsa, come se ignorandola avrebbe fatto meno male, sapeva che non sarebbe stato così, sapeva che avrebbe continuato a fare male, sempre di più fino a fargli sanguinare il cuore, fino a fargli esaurire tutte le lacrime, ma non sapeva cosa fare, questa era la cruda verità: non sapeva cosa fare, non lo aveva mai saputo.
Era ancora quel bambino sprovveduto, senza casa e famiglia, senza amore e felicità, senza protezione e riguardo, con solo un pupazzo logoro che profumava di quella che era una volta casa sua, che profumava di tutto quello che non aveva, che gli avevano tolto o che non aveva mai avuto.
Stava affondando nei suoi stessi ricordi ancora una volta, mentre la luce nei suoi occhi naufragava in un mare di lacrime e a crollare non erano le sue difese, ma lui.
Sentì un profumo familiare avvolgerlo e lui vi si aggrappò con tutto se stesso, come se lui dipendesse da quello, come se tutto dipendesse da quello.
<Va tutto bene> di solito era lui a proferire a se stesso quelle parole, se le ripeteva in testa per riuscire a dormire, per riuscire a sorridere, per riuscire a essere quello che gli altri volevano, ma mai avrebbe anche solo sperato di sentirle e dire da Levi, mai avrebbe creduto che qualcuno al di fuori del suo pupazzo potesse vederlo in quello stato senza inorridire, mai avrebbe sperato in quel calore.
<Non devi dirlo, lo so> sussurrò piano, gli stava dando del tu come quella sera, la loro prima sera, quando si incontrarono per caso, quando due estranei diventarono qualcosa in più, quando era cominciato tutto.
Sentì le dita del corvino asciugargli le guance, mentre lo guardava negli occhi, occhi pieni di lacrime ma comunque bellissimi, occhi che avevano visto più del necessario e che ora pagavano il conto salato di un errore di cui erano ingiustamente vittima.
Poggiò la fronte su quella di Levi, mentre i loro nasi si sfioravano dolcemente, ed entrambi osservavano le labbra dell'altro come se nulla al mondo fosse più bello, come se fossero un frutto proibito al quale era comunque impossibile sottrarsi, erano come acqua dopo giorni passati nel deserto, salvezza e dannazione.
Nessuno dei due pensò a quello che quel gesto avrebbe portato, alle conseguenze che quel momento di debolezza avrebbe comportato, perché i loro corpi in quel momento parlarono una lingua che le loro menti non poterono capire, e mentre le loro labbra si scontravano desiderose e affamate, il dolore di Eren scomparì totalmente, era forse questo l'effetto che Levi aveva su di lui?
I loro corpi erano percorsi da emozioni forti, troppo profonde per essere capite, la loro pelle era vittima di brividi che mai avrebbero pensato di poter provare, si lasciarono trasportare da qualcosa che mai avrebbero creduto di potersi concedere, a cui mai avrebbero dovuto abbandonarsi, qualcosa che due cuori soli come i loro non avrebbero dovuto assaporare, perché sarebbe stata la loro droga mortale, una dose di emozioni troppo forte per essere sopportata da loro che dalla vita non avevano mai avuto nulla di tanto prezioso e allo stesso tempo scontato: l'amore.
Insieme provarono quel frutto proibito che è l'amore, abbandonandosi ad esso senza più possibilità di salvezza.

Il grande violinista Where stories live. Discover now