Capitolo diciotto.

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"Mancava ancora qualcosa per rendere quell'orribile quadro di famiglia ancora più osceno"

Aprì piano gli occhi, venendo inondato dalla luce. Sentiva di avere gli occhi gonfi, così come la testa che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro. Tentò di far forza sulle braccia, ma, non appena mosse il braccio destro si rese conto di essere attaccato alla flebo e sentì di essere diventato bianco come un cadavere.
Solo allora ebbe l'acuta idea di guardarsi intorno, riconoscendo il luogo. Era in ospedale. Vide Furlan appisolato sulla sedia alla destra del suo letto, si guardò le gambe, trovandone una ingessata, percepiva che l'altra era stata fasciata da metà coscia in giù. Ebbe anche lo stupido coraggio di sfiorarsi i lividi visibili sulle braccia, provocandosi non poco dolore, ma realizzando di essere ancora in vita: inizialmente non ci credeva neanche.
Sospirò godendosi un po' di silenzio, nella sua stanza non si sentiva altro rumore se non il leggero respiro di Furlan, ma la cosa durò poco, troppo poco.
Vide la porta aprirsi, e un paio di occhi vispi adocchiare la sua figura, quegli stessi occhi si riempirono di lacrime; e per una frazione di secondo, continuò a regnare la precedente pace. Poi un urlo di gioia spezzò il silenzio. <Non ci credo, sei sveglio Levi!> una testa rossa si precipitò al suo capezzale, abbracciandolo di slancio ma restando il più delicata possibile. Levi pensò che, con tutto quel fracasso, sarebbe riuscita anche a risvegliarlo dal coma, non a caso il povero Furlan era in piedi, più sveglio che mai.
<Mi sono preoccupata così tanto Levi!> disse Isabel strofinando la guancia contro quella del corvino, l'unica libera dato che l'altra era coperta da un grande cerotto bianco. <Isabel mi vuoi morto?!> sbraitò tentando di allontanarla da lui, con l'ausilio però di un solo braccio dato che l'altro era compresso dal peso della furia rossa. <Ma come sei cattivo!> piagnucolò la donna, <Dicono che queste esperienze addolciscano le persone, ma tu sei sempre peggio!Uffa!> sbuffò, incrociando le braccia al petto dopo aver asciugato le lacrime, <Non riuscirebbe ad addolcirmi neanche un miracolo> ribatté il diretto interessato, <Anche se devo dire che rivedervi è un sollievo...> disse a mezza voce, nonostante ciò i due riuscirono comunque a udirlo. <Anche noi siamo felici di vederti, anche se mi sembri più San Lazzaro che il mio migliore amico> disse con una punta di ironia Furlan, poggiando la mano sulla spalla del corvino, mano che però dovette ritrarre subito, una volta udito il gemito del violinista. <Cazzo!> sibilò il corvino, portandosi una mano alla spalla, dove percepì la fasciatura, <Sono tutto una benda, un livido o un cerotto, sono praticamente da buttare...> si lamentò a denti stretti.
<Furlan, mannaggia a te!> quasi urlò Isabel, avvicinandosi preoccupata al migliore amico, che però non prese bene le attenzioni della donna, ritraendosi da lei come avrebbe fatto un animale selvatico, <Non toccarmi!> urlò e i presenti, compreso lo stesso Levi, rimasero impietriti. Il diretto interessato abbassò lo sguardo, piegandosi in avanti e tenendosi la testa tra le mani nonostante i dolori lancinanti al busto. Sentiva che la rabbia natagli in petto pochi secondi prima era già morta, ma sapeva anche che ciò non era normale. <Mi dispiace... non so cosa mi sia preso> Isabel lo guardò ancora un po' spaurita, ma poi gli mostro il più bello dei suoi sorrisi, <È normale, può succedere dopo un trauma cranico grave come il tuo> quelle parole però non lo fecero sentire meno in colpa, sapeva di essere una persona fredda, scostante e -alle volte- aggressiva, ma mai era stato violento, ancor meno con le persone a cui teneva. Ai suoi occhi quella situazione aveva dell'assurdo.
Nel frattempo Isabel stava rimproverando il marito per essersi addormentato durante il suo turno di veglia, <Poteva succedergli qualcosa! Sapevo io che era meglio lasciarlo con...> non terminò la frase, sentendo gli occhi del violinista addosso. <Con chi?> chiese quest'ultimo con sospetto, assottigliando gli occhi, <Prima del mio arrivo eri con Eren> rispose Furlan, vendendo fulminato dalla moglie. Isabel non si arrabbiava mai, ma in quelle rare occasioni era davvero spaventosa, talmente tanto che lo stesso Furlan ne ebbe paura. Levi sbatté più volte le palpebre, con il cuore che batteva all'impazzata, poi sgranò gli occhi, con la paura dipinta sul viso, poi chiese con un fil di voce: <Eren?>.

Il grande violinista Where stories live. Discover now