Capitolo sette.

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<Da quanto tempo Eren, anche tu qui?>

A quelle parole Eren abbassò istintivamente il capo guardandosi le scarpe rimproverando se stesso, <Stavo per andarmene, non si preoccupi> la donna sghignazzò superba <Non mi preoccupo di certo, sei come sempre l'ultimo dei miei pensieri> sorrise <Piuttosto, cosa ci fa uno come te qui? Non pensavo che i cantanti da un quattro soldi come te fossero invitati> Eren strinse i pugni ma a ribattere fu Levi, <È con me, ma non si preoccupi oltre ai cantanti da quattro soldi hanno fatto entrare anche le vecchie acide, quindi non corre il rischio di essere cacciata> rispose ironicamente Levi, di certo non le avrebbe permesso di insultare Eren gratuitamente, lei godeva di una posizione di spicco nella società, ma anche il violinista non era da meno.
La donna ridusse gli occhi a due fessure poi si rivolse ad Eren, sapeva che averla vinta con Levi Ackerman era praticamente impossibile, <Oh ma guarda, tale madre tale figlio, anche tu come lei hai deciso di fare la sanguisuga? Ma che bravo, peccato che tu non possa farti ingravidare...> disse maligna, al violinista sembrò di sentire i denti di Eren stridere, <La sua ironia è spicciola come la sua persona signora, forse è proprio per questo che suo marito ha cercato compagnia altrove, lei sarebbe l'ultima scelta di qualsiasi uomo> rispose Eren sfidandola, non era più quel bambino che subiva in silenzio.
<Ma come ti permetti? Proprio tu che sei figlio di una donna di strada, un rifiuto della società!
I suoi piani però non sono andati come aveva previsto, e quando mio marito l'ha abbandonata lei è rimasta sola e senza soldi, abbandonando poi il figlio che tanto decantava di amare in un lurido orfanotro-> sicuramente avrebbe voluto continuare il suo ingiurioso discorso ma venne ripresa dalla voce ferma e decisa del giovane uomo alle sue spalle, <È ora di finirla mamma, siamo in un luogo pubblico e tu non hai il benché minimo diritto di rivolgerti così a mio fratello Eren> disse Zeke riprendendo la madre, Dina, <Tu non sei fratello di quel pezzente> sibilò prima di andarsene sbattendo i piedi per la rabbia.
Eren aveva i pugni chiusi e la mascella serrata, il suo sguardo era cupo e pieno di risentimento, odio.
Zeke poggiò una mano sulla sua spalla, era poco più alto di lui di qualche misero centimetro, sicuramente se Eren avesse mangiato in modo adeguato durante la sua infanzia sarebbe stato più alto di lui.
<Mi dispiace per le orribili parole che ti ha detto, lo sai anche tu che sono falsità dettate dalla sua mente che da tempo non è più lucida> mormorò Zeke vergognandosi del comportamento di sua madre.
Levi osservava attentamente la scena, mentre nella sua testa ogni pezzetto di quell'intricato puzzle andava al proprio posto.
<Ti sbagli, potrà non essere più lucida come un tempo, ma quello che ha detto è tutto vero> sentenziò per poi scansare la mano del fratello dalla sua spalla per poi dargli le spalle, <Non ho bisogno della tua pietà Zeke, ne avevo bisogno prima, adesso è troppo tardi> concluse per poi avviarsi verso l'uscita seguito a ruota da Levi.
Eren era nervoso, arrabbiato così tanto che gli doleva il petto, uscì dalla moderna struttura dove si trovavano pochi minuti prima, il rumore dei passi concitati del corvino alle sue spalle gli dava fastidio, in quel momento voleva stare da solo.
<Si fermi!> esclamò il corvino rivolto ad Eren, che fece orecchie da mercante ignorandolo e continuando a camminare verso la sua meta: la macchina.
Nonostante il violinista continuasse a chiamarlo, la rockstar non rispondeva, continuava a camminare con la testa alta e la mascella contratta a sottolineare la sua rabbia, stava tentando, in vano, di mantenere la calma e salvare il salvabile, ma evidentemente, il corvino non se ne era accorto.
Levi lo prese per un braccio, stringendo la presa su di esso nel tentativo di trovare quegli occhi verdi a cui, senza accorgersene, si era affezionato. Eren però non lo guardava, proprio lui che tanto amava perdersi nei sui occhi grigi, adesso aveva la testa girata da un'altra parte.
<Dovrebbe tornare alla festa> disse con voce cupa, il violinista quasi non riusciva a riconoscerlo, <Non voglio, non mi sembra giusto lasciarla andare da solo> rispose con tono preoccupato, in quel momento non riusciva a mantenere la sua facciata fredda e distaccata, non ci riusciva proprio, non davanti ad Eren che in quel momento era assalito da emozioni nere come la più buia delle notti.
<Ascolti, lei deve tornare a quella festa e io voglio stare da solo> disse posando una mano sul collo del violinista, <Non voglio rovinare tutto, non adesso che tutto sta andando così bene, mi basta poco tempo e poi sarò quello di sempre> disse abbozzando un sorriso, quel tipo di sorriso che Levi odiava tanto, ma che gli altri amavano: un sorriso finto.
<Venga questa sera a casa mia, okay?> disse per poi girarsi e continuare il suo tragitto verso la sua auto.

Il grande violinista Where stories live. Discover now