Capitolo venti.

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Nel giro di pochi secondi in quell'asettica camera d'ospedale si era scatenato l'inferno.
<Dimmi dov'è! Adesso!> urlò il violinista tentando di alzarsi dal letto, strappando con rabbia la flebo, era stato del tutto inutile l'intervento di due infermiere, Levi non voleva saperne di tranquillizzarsi.
<Levi stai calmo, ti stai facendo male!> disse Isabel disperata, mentre Furlan tentava di tenerlo fermo, <Lui dov'è? Dov'è Eren?! Devi dirmelo!> il violinista continuava a dibattersi fra le braccia del suo migliore amico, mentre le due tirocinanti, spaventate, non riuscirono a fare altro se non chiamare un medico con il cerca-persone.
<Non lo so, sarà a casa sua! Stai tranquillo, lui sta bene! Te lo giuro!> quelle parole dette con disperazione nella voce riuscirono a fargli trovare pace, smise di dibattersi <Davvero lui sta bene? Lui... era in macchina come me! O forse no...> la sua voce si affievolì notevolmente, passando dall'urlare al sussurrare. <Perché non è qui con me? A me sembrava di averlo sentito...> si prese la testa fra le mani, sempre più confuso, si sentiva perso in mezzo a tutti quei ricordi frammentati. Isabel prese coraggio e osò poggiare una mano sulla sua spalla, <Lui sta bene Levi, non era in macchina con te, forse ti ricordi di lui perché ha passato del tempo qui con te quando eri ancora incosciente> Levi guardò verso di lei, con il cuore che tremava dall'emozione, la donna ebbe la premura di asciugargli le poche lacrime che avevano avuto l'ardire di solcargli le guance e gli sorrise, <Pensa, ti ha anche portato un regalino! Vediamo di cosa si tratta?> il violinista ebbe la forza solo di annuire, mentre vedeva il medico fuori dal vetro parlare in modo concitato con le due specializzande.
Non appena vide il contenuto all'interno della busta gli venne da ridere: una bottiglia di whisky. Vicino ad essa un bigliettino riportava queste parole: "Per ricordarti che le cattive abitudini non muoiono mai, così come l'amore che provo per te", scritte da una calligrafia elegantemente tondeggiante. Accarezzò con il pollice quel piccolo bigliettino, mentre un piccolo sorriso nasceva sul suo bel volto.
<Questa la prendo io, per il momento!> disse Isabel prendendo la bottiglia di whisky, <I bigliettino puoi tenerlo, quello non può che farti bene...> gli sorrise amorevolmente, un lungo silenzio si stese fra i presenti, fermi come statue di sale, <Beh credo che sia giunto il momento di risolvere questa questione...> Levi si stese, poggiando la schiena dolorante sui cuscini dietro di lui, sospirò, pensoso e tremendamente innamorato.

Venti giorni più tardi...

Il freddo che ormai aveva lasciato il posto alle prime calde giornate primaverili, quando Levi suonò alla porta di casa Jaeger. Era appena stato dimesso dall'ospedale e si trovava lì, davanti a casa di Eren, con le stampelle, una gamba ingessata, bende in ogni dove e una massiccia dose di antidolorifico in vena, dato che provava dolore anche in zone del corpo a lui sconosciute fino a quell'infausto momento.
Suonò un'altra volta, dato che la prima era andata a vuoto, ma, ancora una volta, nessuno si degnò di andare ad aprirgli. Che affronto.
Era riuscito a scorgere la macchina di Eren e conoscendo il suo stile di vita da rockettaro perdigiorno, era più che sicuro che il giovane fosse in casa. Provò a chiamarlo, ma anche quella diavoleria ultimo modello non riuscì a metterlo in contatto con il giovane dai capelli lunghi. A mali estremi, estremi rimedi.
Si ricordava bene che quello svampito del suo amante non avesse a cuore la sua sicurezza, dato che lasciava la finestra del bagno sempre aperta, quella sarebbe stata la sua occasione!
Passare sull'erba, perfettamente curata, del giardino con le stampelle non fu semplice, ma gli piacque pensare che gliel'avrebbe fatta pagare cara. Come volevasi dimostrare, la finestra del bagno era aperta, anzi, spalancata.
<Nel caso fallissi con la musica, ho un futuro brillante come ladro...> mormorò stizzito tra sé e sé. Prese le stampelle e le lanciò all'interno del bagno, incurante del terribile frastuono che provocarono, poi con l'ausilio di un aiuto divino, riuscì a salire sul davanzale della finestra, per poi atterrare su un piede nel bagno. La fortuna? Mai stata dalla sua parte.
Di fatto atterrò su un piede, ma cadde pochi secondi dopo, avendo perso l'equilibrio.
Sorvolando sugli insulti coloriti verso qualsiasi santo, divinità o chicchessia, era riuscito nel suo intento, violando, forse, qualche legge sulla proprietà privata.
Mentre tentava di rialzarsi, dopo la sua penosa caduta di faccia, si sentì osservato. Si mise a carponi, tentando di gravare il meno possibile sulla sua gamba ingessata, e alzò lo sguardo verso la porta, sentendosi gelare.
<Oh cazzo...> sibilò, mentre Eren, a pochi metri da lui, lo guardava stralunato, come se quello sul pavimento fosse stato un extraterrestre e non il suo Levi.
Il violinista in quel momento desiderò tornare in coma e non uscirne più, tanta era la vergogna che provò in quel frangente.
Ancora una volta, tra i due vinse il silenzio.
Levi si rimise in piedi, aggrappandosi miseramente al lavandino e recuperò le sue stampelle, indegnamente buttate a terra.
Vedeva in Eren qualcosa di strano, qualcosa di diverso, mentre lo osservava cupo, appoggiato con una spalla alla porta con gli occhi lucidi e vuoti. Ma si sentiva troppo al di fuori della grazia di Dio per non chiarire la situazione con lui, sapeva che altrimenti sarebbe scoppiato, perché troppo tempo era stato perso dietro delle piccolezze, per il loro orgoglio ferito e per i loro cuori in croce.
<Sono felice di vederla... tanto> due lacrime rotolarono platealmente sul viso della rockstar, che si lasciò scivolare lungo lo stipite della porta, poggiando le braccia sulle ginocchia e facendo lo stesso con la testa. Levi era allibito.
<Che cosa succede?> chiese avvicinandosi, tentando miseramente di non scivolare sul tappeto del bagno, ma gli bastò qualche passo per sentire l'odore di alcool che proveniva dal rockettaro. <Hai bevuto?> chiese retorico, come se non sapesse già la risposta, l'immagine che gli venne presentata davanti agli occhi subito dopo però gli strinse il cuore: Eren alzò la testa e lo guardò con un sorriso talmente finto da sembrare sardonico, con le lacrime che continuavano a scivolare imperterrite ed egoiste sulle sue povere guance dove si iniziava ad intravvedere un accenno di barba.
<Abbiamo smesso di darci del "lei"?> chiese ironico la rockstar, Levi ancora fermo a qualche metro da lui gli rese un sorriso caloroso, almeno per i suoi standard.
<Ci siamo dati del "tu" qualche altra volta... ti da fastidio?> il giovane scosse la testa, <Affatto, però mi ricorda delle volte in cui abbiamo fatto l'amore... ci davamo del tu solo in quelle occasioni> il rockettaro sembrava ricordare talmente tanto bene quei momenti che al violinista sembrò di poterli vivere di nuovo, solo attraverso le sue parole.
<Le occasioni importanti richiedono sempre qualche eccezione> il violinista vide comparire un altro sorriso ironico sul volto tanto amato del ragazzo, <Per me ogni istante con te era importante, perché noi trascendevamo il sesso, lo sai anche tu> Levi sospirò rassegnato e si andò a sedere vicino alla sua rockstar.
<Non mi piace che tu parli al passato, tantomeno mi piace darti del "tu" è così maledettamente banale!> gli strinse la mano, intrecciando le loro dita, <Allora, ha ancora un posto per me nella sua vita?> il rockettaro accavallò le caviglie, stendendo le gambe e lo guardò con tutta la serietà di cui disponeva in quel momento, <Credo che lei abbia un posto nella mia vita da quando sono su questo dannato mondo>.

<Tutto bene lì dentro? Mi faccia entrare> giunse alle sue orecchie l'ennesimo "no" e capì che probabilmente la sua utilità in quel frangente sarebbe stata pari a zero.
Proprio per questo, andò in cucina a prepararsi un tè, sorvolando sul caos che vi albergava: piatti e pentole non lavate miseramente abbandonate a sé stesse, sacchetti dell'immondizia straripanti, confezioni di cibo surgelato dimenticate ovunque, macchie (fortunatamente indistinte) e briciole di dubbia forma e provenienza.
Beh non sapeva se lui e il rockettaro fossero una coppia (e dato il suo stato ansiolitico non avrebbe chiesto per pudore e amor proprio) però quella situazione doveva cambiare. Per questo motivo iniziò a smantellare la cucina da cima a fondo, prima che uno svenimento lo cogliesse impreparato.
Tentò di rimediare a quel disastro, anche se le stampelle gli impedivano di muoversi in modo fluido, e ramazzò un po' in giro, facendo del suo meglio per donare nuovamente un po' di dignità a quella cucina. <Ma vedi un po' questo vandalo... è uno scellerato! Ma si può ridurre una cucina in queste condizioni?!> sbraitò mentre tentava di raccogliere un cartone di pizza da terra, riuscendoci a stento.
<Maledetta gamba!> esplose, adirato come una furia, perché impossibilitato ad utilizzare l'aspirapolvere per tentare di fare nuovamente luce al pavimento, seppellito sotto chili di polvere, briciole e sporco dalle dubbie fattezze. Dato il suo nervosismo preferì uscire dalla cucina, come si dice? "Occhio che non vede, cuore che non duole", preferendo quindi sorvolare su quel disastro dato che non riusciva a rimediarvi.
Decise di spostarsi in salotto, muovendosi a fatica, al punto da doversi fermare per prendere un po' d'aria e asciugarsi la fronte imperlata dal sudore, <Maledizione... che fatica!> borbottò, per poi riprendere, trascinarsi per arrivare al divano. Peccato per l'ennesima stoccata che ricevette il suo cuore: la sala era spaventosamente piena di bottiglie di vetro vuote: rovesciate, rotte e abbandonate, quei rimasugli erano testimoni di quello che doveva essere successo alla rockstar.
<Non guardi, la casa è in condizioni pietose> disse Eren con tono supplice, probabilmente vergognandosi delle condizioni in cui versava la sua abitazione, <Non è delle condizioni della casa che mi interessa, ma delle sue> si avvicinò alla rockstar, lasciando poi cadere le stampelle a terra solo per avere una scusa in più per potersi reggere a lui, stringendolo in un abbraccio e poggiando la testa sul suo petto, dove sentiva il cuore battere forte, proprio come il suo: battevano alla stessa velocità, come due strumenti in un magnifico duetto, o come due voci, che innalzano il loro inno d'amore verso il cielo.
<Io sono sempre stato una persona razionale, ho sempre dato ragione alla testa e mai al cuore, ma questo a cosa mi ha portato? Il successo che ho avuto non colma la solitudine che ho portato in petto, era sempre con me, ogni singolo giorno della mia esistenza. Ma da quando la conosco io non esisto più, io vivo, perché lei mi rende vivo. La risposta che voleva io la ho, non dovrei donarle altro tempo, dovrei guardare altrove e leccarmi le ferite che questa storia mi ha inferto. Questa dovrebbe essere la mia risposta. Ma non ci riesco, anzi, non voglio. Io voglio continuare a sentirmi vivo, voglio continuare a sentire il cuore morirmi nel petto per ogni bacio e voglio continuare a fare l'amore con lei. Voglio ogni sguardo, ogni carezza e ogni bacio che lei vorrà regalarmi. E voglio finalmente dar retta al cuore, anche se è sbagliato, perché so che lei lo renderà giusto.
Io la amo, la amo da impazzire, e la voglio al mio fianco> disse continuando a stringerlo, sentendo le braccia di Eren avvilupparsi intorno al suo corpo, ancora coperto da qualche livido. <Grazie> disse Eren, prendendo in braccio il violinista per fargli poggiare la sua fronte sulla sua, <Grazie> ripetè con la voce che tremava dall'emozione, <Grazie> ripeté ancora, Levi incastonò i suoi occhi in quelli del suo amato, perdendo anche quelle ultime briciole di raziocinio rimaste in lui, sentendo la tristezza che portava in petto sciogliersi come neve al sole e scivolare via da lui, via da loro, perché gli occhi di Eren traboccavano di gioia, gioia fusa come oro liquido, che serpeggiava lenta sulle sue guance morbide e coperte da un filo di barba incolta, che avrebbe odiato negli altri, ma che rendeva Eren il rockettaro più sexy del mondo. Perché alla fine l'amore è quell'eccezione che conferma la regola. Perché l'amore non è amore se vive di normalità. Perché l'amore si nutre di sbagli in comune, di dolori a metà, e felicità condivise. Perché l'amore si nutre degli oggi, non dei domani, perché quello che vivi adesso è tutto quello che avrai domani, perché l'amore non è sempre eterno, l'amore non è una certezza e non dovrebbe esserlo mai, perché l'amore è una sfida continua, un traguardo a cui si può arrivare solo in due, ma se una delle due parti si ferma, il traguardo non lo si raggiungerà mai. L'amore si conteggia in momenti, belli e brutti. Immagazzina i secondi, i minuti, le ore, e li trasforma giorni, mesi e anni. È una magia.
Perché il tempo passato insieme altro non può essere che magia. Per questo non può essere normale. La banalità non è fatta per due cuori che battono l'uno per l'altro, per due paia occhi che si cercano, per due mani che si afferrano, per due bocche che si congiungono e per due corpi che combaciano come due metà di un intero. Perché per queste magie sono compito  dell'amore, sono il compito di Eren e Levi.

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⏰ Last updated: Sep 11, 2019 ⏰

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