Capitolo 10

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"Fai come se fossi a casa tua, tranquilla.Io ora devo andare a fare un servizio fotografico, tornerò tra due giorni.Non distruggermi casa, mi raccomando" dice Lewis, scendendo le scale della sua casa a Montecarlo, nella mano destra una valigia di Louis Vuitton, in quella sinistra il suo Iphone.

"Anche se non me lo dicevi facevo come se fosse casa mia, comunque eh" dico sistemando la mia, di valigia, in una delle stanze degli ospiti.

"Non ti allargare troppo" dice prendendo le chiavi di casa e porgendomi la copia.Lo ringrazio con un leggero sorriso.

"Fai la brava, stellina.Ci vediamo tra due giorni" dice uscendo dalla porta di casa per andare in macchina e raggiungere l'aeroporto di Nizza.

"Sempre brava io" dico salutandolo con la mano e notando il monopattino che a volte Lewis usa per andare al paddock.

Cosa servono otto macchine diverse e una moto realizzata apposta per lui, se poi va in giro con un monopattino.

"Crediamoci!" urla per farsi sentire.

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Dopo qualche ora passata a dormire, decido di alzarmi e farmi una doccia.

Preparo i vestiti e l'accapatoio, mi spoglio e accendo la musica ed entro nel bagno per poi dirigermi nel box doccia.

Parte No Control e accendo l'acqua per scaldarla, ballo davanti allo specchio il balletto ideato da James Corden al Carpool Caraoke con gli One Direction.

Quando decido, finalmente, di entrare nella doccia qualcuno suona il campanello della porta di casa.

Sbuffo e urlo "Arrivo" mentre con fretta mi vesto con i vestiti di prima.

Da brava persona di casa non dico "chi è" e non guardo nemmeno dallo spioncino chi potrebbe essere.

Se fosse Lewis, mi ammazzerebbe.Se fosse un ladro, anche se i ladri mica bussano prima di rubarti qualcosa in casa, mi ammazzerebbero comunque.Magari è Daniel, visto che ha commentato sia la foto di Lewis che la mia scrivendo che è anche lui a Montecarlo.

Appena apro la porta, vedo la persona che non avrei mai pensato venisse qui.Anzi, pensavo fosse sparita da un pò e che non si ricordasse nemmeno della mia esistenza.

"John" dico alla persona che avrebbe dovuto prendersi cura di me e invece a preferito sbattersene altamente il cazzo.

"Devi chiamarmi papá.Sono tuo padre, io." dice stando sulla soglia della porta, tanto in ogni caso non lo faccio entrare.

"Mio padre?! Ma come stai con la testa?" dico alzando un pò la voce.

"Sono io tuo padre, si, non Anthony.Lui non è niente per te e non lo è mai stato.Mai." dice alzando la voce anche lui.

"Tu non sei niente per me, tu.Anzi prima, molti anni prima, eri il mio eroe, poi hai preferito fare i tuoi comodi ed è andata come sai anche tu"

"Io voglio rimediare"

"No, basta!Non m'interessa, puoi fare quello che vuoi.Stare qui fuori aspettando il mio perdono, puoi piangere, puoi andare in giro e urlare che sei pentito.Ma io non ti perdonerò, mai!"

"Nono, Alexia.Ti prego, ascoltami" dice con tono supplichevole.

"Sono tuo padre lo sono sempre stato, ho sbagliato, è vero, ma siamo umani, sono umano.Tutti sbagliamo, tutti.Anche tu ti sei allontanata.Credi che il tuo caro fratellino non abbia mai sbagliato?Sai quante voci girano su di lui? Lo sai?" continua e nel nominare Lewis mi arrabbio ancora di più.

"Cosa c'entra Lewis adesso?Cosa cazzo c'entra?Spiegamelo!Volevi vedermi? Bene, mi hai vista! Ora vattene! E non fare la vittima, ti prego" dico cercando di avere un tono autorevole e non quello di una che sta per scoppiare a piangere.

On The Highest StepOù les histoires vivent. Découvrez maintenant