Mi dispiace

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Era mattina quando Michael si svegliò, mattina presto. La luce filtrava abbondante attraverso la finestra, illuminando il soggiorno e la cucina adiacente, separati solo dall'aria. Aprì lentamente le palpebre e si accorse, ancora mezzo addormentato, di avere tutte le braccia intorpidite. Batté le palpebre, provando a muoversi, quando realizzò che la massa di capelli neri che aveva davanti appartenevano a qualcuno. Qualcuno ben conosciuto.

- Merda - sussurrò, mentre tutto ciò che era successo gli tornava in mente. Jason l'aveva chiamato per dirgli che i suoi erano morti in un incidente e che sua sorella non accennava a mangiare o scollarsi dal divano da una settimana. Senza indugi era partito, aveva preso di corsa il primo aereo per Sydney che aveva trovato mentre Cal, Ash e Luke lo guardavano preoccupati.

Era una storia complicata, quella che era successa con Lauren. Ma era pur sempre sua amica, anzi. La sua migliore amica, e l'aveva abbandonata per andare in giro per il mondo. Ma non appena Jason aveva iniziato a parlare, disperato, con la voce rotta dai singhiozzi, non aveva esitato un istante.

Lauren era stata la sua roccia in mezzo al mare in burrasca. Ora doveva esserlo lui per lei.

Michael posò i suoi luminosi occhi verdi sul volto della ragazza, o almeno quello che ne riusciva a vedere. Aveva la testa posata sul suo braccio, i fili neri -l'utima volta li aveva castani, ed erano il suo colore naturale- sparsi sotto di loro. La sua mano era posata sul suo ventre, sotto alla maglietta, chiusa a pugno. Michael non lo trovava fastidioso, anzi. Anche quando erano bambini aveva l'abitudine di farlo, visto che nel sonno le sue mani diventavano sempre ghiacciate. Gli faceva prendere degli infarti quano le infilava sotto alla sua maglia per riscardarsele, addormentata.

Le sue palpebre erano abbassate, ma tra le lunghe ciglia nere era rimasto qualche frammento di lacrima che sembrava brillare alla luce del sole mattutino. Il suo viso a cuore, di solito sempre rosso per ogni più piccolo motivo che la faceva arrossire, era bianco come il latte. Le loro gambe erano intrecciate, e Michael sentiva il suo respiro sulla pelle.

- Mi dispiace - mormorò. Mosse il braccio, abbandonato contro lo schienale del divano, e posò la mano sulla schiena di Lauren. Abbassò la testa e le sue labbra sfiorarono la fronte della ragazza.

- Mi dispiace - ripeté. Un respiro tremante di Lauren lo informò che era sveglia.

- Credevo che non saresti tornato mai più - mormorò lei con la voce bassa e rotta.

Michael sospirò, stringendola a sè ancora più forte. Lauren gli si aggrappò alla schiena, premendo il volto sull'incavo della sua spalla.

- Avrei voluto tornare in circostanze migliori - mormorò lui, accarezzandole dolcemente i capelli.

 Restarono in silenzio per un po'. I minuti passavano, scanditi solamente dal battito che Lauren sentiva sotto all'orecchio: il battito del cuore di Michael. Da quanto non lo sentiva. Da quanto non gli stava così vicino. Dopo la sua partenza si erano tenuti in contatto con messaggi e chiamate. Ma con il passare delle settimane le chiamate si erano fatte più rare, i messaggi meno lunghi e più estranei.

Michael chinò la testa e strinse la presa sulla schiena della ragazza. Chiuse gli occhi mentre baciava nuovamente la fronte di Lauren. Lei sospirò, accarezzando debolmente il fianco dell'amico.

- Che ne dici di andare a fare colazione? - mormorò Mikey. Lei annuì, sorridendo, e fece scivolare la mano via dalla sua pelle bianca. Michael si alzò, strofinandosi gli occhi per cancellare le ultime tracce del sonno. Le tese una mano e lei l'afferrò con timore, come se solo toccandolo potesse sbriciolarlo in granelli di un sogno.

Ma le sue dita si chiusero su quelle calde e morbide di lui, stringendole con forza. Lauren si tirò lentamente in piedi, e Michael fece scorrere le mani sulle sue braccia. Chinò la testa finché i suoi luminosi occhi verdi non si scontrarono con quelli castani di lei. La prima volta che si erano conosciuti, al parco, lei era sull'altalena ma non si dondolava. Fissava un punto imprecisato nel prato pieno di margherite e nontiscordardime davanti a lei, i capelli marroni intecciati e posati su una spalla esile. Michael si era avvicinato e glielo aveva detto chiaramente: i suoi occhi erano dello stesso colore del cioccolato. - Da quanto non mangi? - chiese con tono di disapprovazione. Le sue curve morbide e abbondanti erano diminuite, anche se restavano ancora. Adesso ogni essere di sesso maschile avrebbe puntato gli occhi su di lei, cosa che non voleva per niente. Di certo non l'avrebbero nemmeno guardata pochi mesi prima, quando pesava un po' di più.

 Lauren scrollò le spalle, e per la prima volta Michel notò che indossava una sua vecchia felpa nera. - Non so - disse apatica. Michae allungò la mano e le accarezzò la guancia. La prese dolcemente per mano e la tirò verso la cucina. La fece sedere al tavolo e aprì la credenza, andando a memoria. Trovò delle fette di pane e la nutella e le posò sul tavolo. Andò verso il frigo, cosparso di post-it e calamite colorate, e lo aprì, afferrando la bottiglia di latte. Prese un bicchiere e vi versò il liquido bianco fin quasi all'orlo. Una volta finito, lo porse a Lauren. Lei lo afferrò guardando gli occhi verdi dell'amico.

Michael si sedette e aprì il barattolo di nutella. Cominciò a spalmarla in abbondanza sulla fetta di pane.

- Mangia - disse spingendo il piatto verso di lei. Lauren intrecciò le dita attorno ai bordi blu del bicchiere. Non voleva. Anche se non ce n'era nessun motivo, si vergognava a mangiare davanti a lui. Avevano mangiato assieme tantissime volte, e qualche volta si erano perfino divertiti a imboccarsi a vicenda, sia da piccoli che da grandi. Come se avesse intuito il suo pensiero, Michael afferrò un altro pezzo di pane e cominciò a ricoprirlo di nutella. Vedendo quel suo dolce amico arrivato lì dall'altra parte del mondo solo e soltanto per lei, Lauren sorrise. Le sue labbra si incurvarono in uno di quei bellissimi sorrisi felici che regalava in poche occasioni. Michael sorrise e addentò la nutella, col risultato di sporcarsi tutto. Lauren scoppiò a ridere di gusto mentre si sporgeva a togliere con un dito la nutella che gli era finita sul naso. - Non sei cambiato per nulla - sorrise.

Michael arricciò il labbro e soffiò sul dito della ragazza mentre gli passava davanti agli occhi. Anche quello era un loro stupidissimo gioco infantile, ma Lauren si sentì rinfrancata dal suo gesto. Era come se Mikey non se ne fosse mai andato, come se avesse continuato a caricare cover in attesa di qualcuno che notasse lui e la band, come se continuasse ad accompagnarla a scuola e soffocarla in abbracci spaccaossa quando era giù di morale. Lauren sorrise e si arrese a dare un morso al panino pieno zeppo di crema che strabordava appiccicandosi alle sue dita.

- Perché avrei dovuto? - chiese tranquillo. Lei scrollò le spalle, troppo impegnata a concentrarsi sulla sua colazione. Ora che Michael l'aveva costretta a mandare giù qualcosa si era accorta di avere un sacco di fame. Checché avesse detto a Michael, sapeva da quanto non mangiava. Due giorni.

- Chi te l'ha detto? Jake o Jason?

Jake era suo cugino. Lauren sapeva che voleva un bene dell'anima alla zia, cioé a sua madre, e anche allo zio. Aveva cercato di tirarla fuori da quella depressione, ma con scarsi risultati, se risultati non comprende scoppiare a piangere al parco vedendo un bambino correre incontro alla madre. Michael si passò la mano libera tra i capelli.

- Jason - rispose. Finì con un ultimo morso la sua colazione e tornò a guardarla. Lauren aveva terminato prima di lui e stava finendo il bicchiere di latte. Non appena se lo portò via dalle labbra Michael sorrise. Aveva le labbra contornate dal latte. Lei, intuendo il motivo del suo divertimto, si passò una mano sulla bocca.

- Disgustoso - commentò Mikey sorridendo, appoggiando la schiena alla sedia.

- Già, quasi quanto i tuoi capelli - ribatté Lauren facendogli una piccola linguaccia. Lui fece una smorfia. - I mie capelli sono perfetti - ribatté incrociando le braccia con un broncio da bambino, studiato apposta per farla ridere. E funzionò.

Lauren scoppiò a ridere e una parte del grosso blocco di rabbia e tristezza che le opprimeva il petto si sciolse. Lui si limitò a sorridere in silenzio, un po' come aveva fatto per tutti gli anni in cui si erano frequentati. Lei era quella espansova, che non perdeva occasione di abbracciarlo e trascinarlo in ogni posto possibile e immaginabile. Lui era quello silenzioso, che si dovertiva ad assecondarla e proteggerla nelle sue pazzie.

- Mi sei mancato, Michael - mormorò Lauren evitando il suo sguardo. Trasse un respiro profondo. - Mi sei dannatamente mancato. Bruciava vederti realizzare il tuo sogno sui palchi... ma solo perché eri lontano da me.

Lui allungò il braccio e unì le loro mani con un sorriso dolce sulle labbra sottili e rosee.

- A me bruciava non essere con te - mormorò.

Heartbreak Girl || Michael Clifford||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora