12) Diventare ricchi: quarta parte, la fuga

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Spalmato il catarro di Filomeno sulle catene che tenevano le caviglie, tolte le scarpe e preso un respiro, Fedele allungò le mani e le strinse sui polsi di Filomeno.

«Sei pronto?» domandava questo «Tiro come se dovessi strapparti le braccia, eh?»

«Tira: il sangue è sceso tutto al cervello, sentirò bene il dolore ma i piedi saranno sgonfi: ce la possiamo fare, le caviglie si sfileranno dalle manette.

«Se avessi il mio bastone...» lamentò Mavelina «Vorrei aiutare anche io.»

«Allunga un piede Mavel» fece il nano.

«Così?»

«Brava.» Filomeno le prese la caviglia mentre dall'altro lato teneva il braccio di Fedele.

«Uno, due, tre...» contò il contadino «Tira!»

«Uff!» il nano soffiò per un attimo prima di trattenere il fiato, i denti stretti fino a creparli, gli occhi cerchiati di rosso, pelle rigida che sembrava poterli far schizzare fuori i bulbi per la pressione.

«Aia!» lamentò Mavelina con la caviglia tra i calli del nano «Oflofofo» biascicò Fedele con tutta la schiena stirata e il respiro mozzato dalla tensione.

«Forse gli vedo uscire un tallone!» esclamò il contadino «Dacci nano! Dacci!»

Filomeno rispose con forza, la faccia ormai viola e i bicipiti gonfi, più grandi della sua testa. Nei suoi occhi le immagini di tutti quei giorni dentro Nostorre Montagna, delle caverne, dei picconi, dei carichi di pietre e del picchiare di martello sull'incudine.

«Rah!» uno strappo e il corpo di Fedele batte sul pavimento «Ah!» il giovane soffiò dalla gola strozzata, pareva voler gemere, o gridare di dolore, ma senza aria in petto.

«Cosa ti lamenti?» steso sulla schiena il nano riprendeva fiato «Ho fatto tutto io.»

«Ahia.» fece Mavelina «Adesso avrò una gamba lunga due volte l'altra.»

«Anche tu a lamentarti? Ho fatto più forza sulle gambe che sulla tua caviglia.»

«Nano!» intervenne il contadino appena la sorpresa gli ridiede la voce «Hai... Hai staccato la catena dal soffitto.»

«Una catena di Nostorre non si sarebbe staccata, si sarebbero staccati i piedi piuttosto.»

«Adesso sfonda la porta!»

«Come faccio che sono incastrato qui?»

«Ehi!» la guardia batté sulla porta seguita da un tintinnio di chiavi «Adesso entro con la mazza e vi gonfio la bocca di botte, vi passa la voglia di parlare.»

«Perfetto.» bisbigliò il nano «Fedele lo stordisce e ruba le chiavi.» la guardia irruppe «Ora!» sussurrò Filomeno «Fedele, ora!» l'amico non gli rispose, steso a terra come calpestato da una mandria di vacche in fuga.

La guardia digrignò i denti, voltò le pupille due volte sulla ragazza e una sui maschi, palese quanto la voglia di picchiare qualcuno di fronte a una donna gli mancasse, eppure doveva «Le darò a uno solo di voi che agli altri basti guardare: chi stava parlando? La giovane donzella? Il nanetto sbruffone? O questo... Questo derelitto?» osservò il tetto «Come ha fatto a cadere?» gli sollevò la testa per i capelli senza notare segni di vita.»

«Ero io.» fece il contadino «Io.» ribadì.

La guardia roteò il braccio e gli sbatté una mazzata in bocca che gli rimbalzò la nuca sulla parete, non gliene negò altre due, evitò la quarta per timore di giocarsi troppo presto il condannato del giorno dopo.

«Silenzio.» scandì, prima di uscire.

Mavelina stringeva le palpebre, tutte corrugate sopra gli occhi, il sangue non le piaceva e nemmeno la violenza sugli inermi, le dava la sensazione d'orrido peggiore di quella dei ragni e della solitudine, un istinto di repulsione di un'ingiustizia che non le andava nemmeno di vedere, conoscere o sapere.

«Che brutto.» si trovò a gemere.

«Mavel» il sussurro del nano la riportò ad aprire le palpebre, lui le mostrò l'indice sulle labbra, lei annuì e chiuse la bocca. Poi Filomeno le indicò Fedele.

«Ok sono sceso dal tetto» biascicò Fedele dopo un po'.

«Fai silenzio Fedele. Ti sei addormentato, ti sei perso un pestaggio.»

«Ho preso la chiave.» Fedele mostrò la chiave che portava in mano «Me l'hai chiesto, io l'ho fatto...»

«Quando l'hai presa?»

«Non ricordo.»

«Silenzio, ragazzi!» ricordò Mavelina.

«Giusto.» sussurrò il nano.

«Giusto.» sussurrò Fedele «Non è la chiave della porta, è quella della sala delle celle.»

«Come fai a saperlo?» chiese lei.

«Esperienza.»

«Perché non hai preso quella della porta?» chiese Filomeno.

«La guardia se ne sarebbe accorta troppo presto. Quindi... Voilà.» Fedele si tirò in piedi con le catene alle caviglie si mosse cauto, perché non tintinnassero, verso il ceppo di Filomeno «Inoltre...» infilò la chiave nel ceppo e lo aprì «Voilà, le chiavi in questi castelli si assomigliano un po' tutte.» andò da Mavelina «E ora tu cara.»

«Oh sì!» questa saltellò trepidante «Ti adoro.»

«Voil...» la chiave non girò «Oh no.»

«Oh no!» la voce della ragazza tremò sull'orlo di un altro pianto.

«Scherzo» la chiave girò normale e aprì il gancio alla vita di Mavelina «Paura?»

«Oh!» gli tirò un ceffone sulla spalla «Sciagurato dei miei stivali. Non ti perdono finché non mi ritrovi il cappello.»

«Tutto io devo fare?»

Uno schiocco di catene strappate alla parete attirò l'attenzione dei due verso il contadino, liberato dai ganci Filomeno se lo stava caricando in spalla.

«Che fai Fil?» Fedele scrollò la testa «Te lo porti a casa?»

«Ormai mi sta simpatico.»

«Se gli sta simpatico.» Mavelina alzò le spalle.

«Ma se riusciamo a fuggire a mala pena noi. Dai Fil, non fare il sentimentale, non lo sei mai stato!»

«Lo porto in spalla io, va bene?» scandì il nano.

«Silenzio! Silenzio! Silenzio!» la guardia spalancò la porta, il nano le sorrise.

Riempita di calci e pugni la attaccarono per il bacino al gancio della parete e per le mani al ceppo sul pavimento.

«Lo spogliamo?» domandò Mavelina.

«No, che schifo.» fece Fedele.

«Schifo.» anche Filomeno e insieme uscirono dalla cella seguiti da lei «Nemmeno uno scaracchio in faccia?»

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Where stories live. Discover now