24) Compagnia in partenza

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In poche settimane il convento maschile nella valle accanto alla capitale divenne polo per la siderurgia, avanguardia della lavorazione dei metalli, e attirò dodici apprendisti, tra i quali tre monaci che scrissero tre distinti libri sugli insegnamenti del mastro nano.

«Un minimo! E questo è il minimo!» il principale commento del maestro alle proprie lezioni, sempre nervoso, sempre insoddisfatto, nessuno dei presenti riusciva a immaginare quale livello l'arte di Filomeno potesse giungere, anzi credevano non conoscesse confini.

Filomeno e la sua necessità di veder funzionare bene il laboratorio del metallo, investì chiunque venisse a tiro del nano e tutto il convento si trovò ai suoi servizi nell'erezione di un altoforno, una struttura che per poco non superava il campanile, di dodici postazioni attrezzate per i fabbri, e di un sistema logistico efficientissimo per quanto riguarda le commissioni, gli ordini della materia prima e l'attività dei fuochi.

Chi tornava in quei giorni al convento non lo riconosceva e chi vi si fermava per la prima volta non ne avrebbe visti altri di così laboriosi, almeno per molto tempo.

Tanta eccezionale fama suscitò anche gli interessi della capitale, dalla quale però non arrivarono guarnigioni a cavallo bensì ordini e commissioni pagati in monete d'oro.

Gli allievi di Filomeno gestivano questi affari, li riuscivano a risolvere, per il nano il tempo dell'insegnamento giungeva al termine.

«E caspita...» da solo nella sala dei fabbri raccoglieva un martello di qua e lo portava a posto di là, trovava un grembiule qui mentre doveva essere appeso là «Non voglio immaginare come sarà questo posto fra un mese.»

«Vuoi restare qui?» chiese Fedele, la porta dell'altoforno gli scaldava la schiena, seduto sulla seggiola tra le incudini «Ti trovi bene, no?»

«Non mi trovo bene, Fed.»

«A te cosa importa della missione di Lisifilio? Lascia perdere, stattene qua: ho visto girare tante di quelle monete d'oro.» aggiustò la giubba sul petto con uno scrollone mentre dai suoi vestiti proveniva un sommesso tintinnio «Tasche pesanti...»

«Eh l'oro, sì mi guadagnerei dell'oro.» il nano sedette per terra «Anche se l'oro guadagnato non sa di niente.»

«Quando ce ne sono dei cesti pieni cosa vuoi parlare di sapore? Goditi l'oro e ti piacerà.»

«Fed, non mi ci trovo, mi ascolti?»

«Perché?»

«Sono nato con l'odore della fucina che mi bruciava i peli del naso. Questo laboratorio è come bere una tisana e immaginare che sia birra, la birra di una volta. Il nano Filomeno non è di questo posto, lui è di Nostorre Montagna.»

«E gettatela via questa Nostorre, Fil, hai anche un po' stancato...»

«Ma se non sono di Nostorre non sono di nessun luogo.»

«Fil» Fedele superò l'incudine che gli nascondeva il viso del nano «ma tra viaggiare con me a casaccio e stare qua, non ti piace di più...»

«Preferisco viaggiare con te, Fed.» il nano non alzò lo sguardo, andò di fronte a un baule e sollevò il coperchio «Ho fatto un nuovo elmetto: è uguale a quello di prima.» se lo infilò sulla testa «Volevo fare un elmo anche per te.»

«Oh no.»

«Ma ti ho fatto dei bracciali.»

«Meno male.» li prese e li allacciò subito ai polsi.

«Dato che sai prendere le frecce al volo» il nano alzò le spalle «Non serve tutta l'armatura, bastano quelli.»

«Grazie Fil, sono commosso. Sicuro di voler venire con me?»

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora