15) Di nuovo insieme

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La paura, una fonte d'energia per il bastone di Mavelina, la paura per le fiamme o quella per la propria morte, una morte più vicina di quanto si speri. Fedele in quegli istanti generò tanta di quest'energia da otturare il defluvio attraverso il bastone magico. Tutta quella paura gli rimase nel cervello e lì implose contratta tra le barriere del suo cranio.

I nervi tesi di colpo, i muscoli a vibrare, quella paura gli s'iniettò nel corpo e lo scosse come un colpo di fulmine.

«Mavelina!» saltò, un piede sulla testa di una torcia umana, un passo tra le corna di un bue e uno sulla schiena di un soldato, Fedele seguì un sentiero per aria, le impronte di un volo d'uccello, attraversò la piazza senza toccare terra e piombò su Mavelina, in tempo perché la spada del capitano vorticasse senza colpirla.

Colpì però il bastone il quale si frantumò come fosse fatto di cristallo, tutte le sue schegge fluttuarono sempre più luminose finché in un lampo non sparirono e con esse anche tutte le illusioni di spaventose.

«Ahahahah!» il capitano delle guardie aggiustò le dita sull'elsa mentre alzava la spada sopra a Mavelina e Fedele l'uno stretto all'altra

«Non guardare, Mavelina.» lui le nascose la testa tra le braccia «Va tutto bene.»

«Non hai paura?» chiese lei.

«Sì che ne ho.»

Sparite le fiamme illusorie, sparito il loro fumo, uomo mela apparve alla luce del sole, alle spalle del capitano delle guardie «Sono qua!» gli schiantò lo scudo contro, tanto forte da costringerlo a voltarsi.

«Oh!» il capitano delle guardie notò la spada d'oro pronta nella sua mano «Mi hai risparmiato la tua spada nella schiena?»

«E tu non stavi risparmiando l'assassinio di due disarmati.» uomo mela fece cenno a Mavelina e Fedele che correvano ad aggregarsi al popolo in fuga fuori dal portone.

«Per rispetto a te non li inseguirò adesso, ti darò prima di tutto una onorevole sconfitta.»

«Vieni a servirmela.» uomo mela piantò i piedi, lo scudo sotto al naso e la spada con la punta rivolta avanti.

«Argh!» ruggì il capitano se non ché un altro ruggito sovrastò il suo, quello di Filomeno, in fondo a una fila di buoi in fiamme che travolsero il capitano delle guardie per poi schiantarsi sulle mura e ardere, morti.

Uomo mela, a furia di spadate, spezzò le corde legate al nano e assieme andarono dal capitano, steso per terra, il viso sporco di fango, la tosse e la rabbia tra i denti

«Io sono il capitano della guardia del re, ho un onore e un ruolo, se morissi avrei altro onore, mentre voi, se moriste avreste solo altra...»

«È ancora vivo!» esclamò sorpreso Filomeno «Ahah! Una guardia di palazzo in meno sulla coscienza.»

«Ascoltatemi, ignoranti!» protestò il capitano.

«Parla anche bene per essere steso e pestato.» constatò uomo mela «Ce ne andiamo?»

«Andiamocene, sì. Ma con calma.» Filomeno prese a marciare «Che non pensino che questa fuga ci abbia fatto penare.»

«Sì.» uomo mela alzò le spalle «Il castello del re, un luogo come un altro.

«Ehi! Mi sentite, farabutti?» la voce del capitano già lontana, già quasi un ricordo «Non tornate mai più!»

«Da visitare» commentò il nano infilato anche lui tra le ginocchia dei popolani in fuga «Soprattutto le segrete e le celle.»

«Eheheh» uomo mela imboccò con lui l'uscita del castello, tra gli spintoni della gente non riuscì a stargli dietro, gli posò una mano sulla spalla «Vai fuori città, alla riva del fiume al lato nord della città.»

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora