35) I rifugiati della montagna

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Gli abitanti di quel picco, con la minaccia di lapidarlo, obbligarono Lisifilio a presentarsi da solo, non posare il ponte sul baratro e prendere la salita.

Gradini scavati nella pietra, su per un sentiero camuffato tra le rocce, Lisifilio cambiò versante del picco, Mavelina seguì il suo mantello finché l'ultimo sventolare non le sfuggì nascosto dal monte.

«Non vi sentite in apprensione?» alzò la falda del cappello fin sopra agli uomini lassù, armati di sassi «È la prima volta che si allontana tanto da noi.»

«Secondo me è un errore.» brontolò Filomeno.

«Fil, io non posso afferrare quei sassi.» ammise Fedele «Veramente ne potrei afferrare due, prima di rompere entrambe le mani.»

«Ah» ghignò il nano «Un nano di Nostorre che venga lapidato? È il colmo.»

«Ti senti minacciato? Nanetto?» domandò Mavelina.

«No.»

«Hai paura di finire schiacciato?»

«No.»

«Hai paura di saltare oltre il baratro?»

«No!»

«Hai paura per Lisifilio?»

«No, è maturo.»

«Hai tentennato.»

Una padella in mano a Fedele, una corda annodata al manico del piccone, Filomeno scagliò l'arnese verso il secondo picco e la sua testa si conficcò nella pietra. Gli uomini presero a gettare su di loro una sassaiola, sulla quale Fedele rispose con la padella, deviò quei sassi che puntavano a lui, respinse quelli su Mavelina.

«Adesso scala.» ordinò il nano «Invece tu Mavelina fai un'illusione come se non stesse accadendo nulla.» fissò i due intenti a scrollare la testa «Non guardatemi così, per una volta che ho un'idea.»

Accompagnato da due uomini Lisifilio aveva alzato il passo oltre quel cavo teso sopra il terreno, abbassato la testa accanto a quella conca di sassi pronta a rovesciarsi sul sentiero, passato con cautela accanto a quei pilastri posati male di proposito, storti a sorreggere una cassa piena di pietre, la terza trappola tesa contro gli intrusi.

Con la guida di quei due giunse a una valle nascosta, aperta a sud da levante a ponente, il sole non la lasciava mai. Sotto quei raggi un villaggio di legna, dalle fondamenta al soffitto, tutti quegli alberi assenti sui crinali della montagna si radunavano in quel luogo, tagliati, incastrati, sovrapposti, piantati, al centro di qualche casupola costruivano un grande fortino, comprese cinta e torri.

Lisifilio posò i passi sugli orti che lo circondavano, piantine e insalate gli sfiorarono le caviglie, oltrepassò la palizzata attraverso un muro di legno sollevato al suo passaggio. Sulla soglia del fortino piantò il passo al finir della luce.

«Non posso andare oltre.» ammise a quei due «Dove mi volevate portare?»

«Dal nostro signore» quelli non si stupirono del suo fermarsi, anzi notarono quel dettaglio come famigliare «L'ombra ti spaventa?»

«Come fate a dirlo?»

«Se l'ombra non ti spaventa non sei nato in questo regno.»

Gli sguardi di Lisifilio e quello dei due uomini si incontrarono per la prima volta, loro le palpebre strette, le pupille grandi, lui incapace di tener alto il viso senza vergogna, all'improvviso percepì il peso di una corona sulla sua testa e la sentì premere sul cranio fino a disegnare un cerchio sul cuoio capelluto

«In realtà sì, sono nato anch'io in queste terre, ma prima che l'ombra facesse paura.»

«Quando?» quelli corrugarono la fronte «Si vede che vossignoria si è mantenuta molto giovanile, perché nessuno di noi può ricordare quei giorni.»

Pomo d'oro fuorilegge || Vincitore Wattys 2021Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon