Capitolo 3

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È domenica mattina, come al solito i genitori di Niccolò hanno deciso di andare a pranzare dai parenti, convinti che ogno tanto faccia bene cambiare.
La verità è che da quando è nato i suoi genitori passano così le domeniche.
Quindi il cambiamento dov'è?

"Nì, per favore" Lo supplica sua madre.
Sa bene che se fosse per lui si rinchiuderebbe a casa a vita e capisce anche probabilmente là fuori ci potrebbe essere qualcuno che lo prende in giro.
Ma loro sono la sua famiglia, perché lasciarli fuori?
Niccolò scuote la testa.
Convinto questa volta a restare a casa, tranquillo e senza essere giudicato.
"Nonna ci tiene" Gli fa notare suo fratello, già pronto per uscire. A differenza sua che è ancora in pigiama.
"Per favore" Continua Anna, ignorando Valerio.

Niccolò allora sospira, mettendosi in piedi.
"Grazie" Le dice sincera sua madre.
Capisce quanto sia difficile per lui.
Il moro non si preoccupa di apparire come i suoi fratelli, elegante oppure come se ci tenesse davvero.
Quindi tra le tre camicie dei suoi fratelli e suo padre, spicca quella felpa nera.
Un po' come la pecora.

"Aspetta" Dice Anna, provando ad aggiustargli i capelli, dato che Niccolò sembra non averne voglia.
Quando sono, per lo meno, decenti finalmente escono di casa.
"Andrà tutto bene" Rassicura Anna, per poi sedersi vicino a suo marito in macchina.

Disse più o meno la stessa cosa il primo giorno delle elementari, poi si sa com'è finita.

***
Flashback
11 anni prima.

Niccolò proprio non ne ha voglia.
Il grembiule azzurro come tutti, lo zaino sulle spalle.
Questo non gli va affatto bene.
Anna ha fatto di tutto per convincerlo su quanto fosse bella la scuola, ma Lorenzo e Valerio non sono molto d'aiuto. Raccontandogli della maestra che picchiò il bambino dai capelli biondi che era nella classe vicino.

"Andrà tutto bene, ti farai degli amici" Lo rassicura Anna, indicandogli col dito la bellissima scuola.
Niccolò stringe con forza il quadernino, come a darsi sicurezza.
Quando la donna gli indica quelli che dovrebbero essere i suoi compagni Niccolò rimane stupito.
Loro sì che sanno farsi rispettare, a differenza sua.
"Presentati" Lo invita Anna.
Niccolò scuote la testa, intimorito da uno di loro.
Grosso e alto, rispetto a lui.

Quando però suona la campanella Niccolò è costretto ad entrare senza sua madre.
Vedendo gli altri bambini piangere automaticamente comincia a farlo anche lui, cominciando ad avere paura sul serio.
"No" Dice Anna abbassandosi alla sua altezza.
Così sospira e lo accompagna fino all'interno.

A differenza dei suoi compagni, Niccolò,non ha conosciuto nessuno di loro all'asilo.
Vedendoli già così uniti è sicuro che quello emarginato sarà solo lui.
La maestra si avvicina sorridente verso loro due.
Le due donne si stringono la mano nel frattempo.

"Sono l'insegnante di sostegno " Si presenta la docente.
Niccolò le sente, ma non sa cosa sia questa persona, perciò non gli interessa e si siede nel primo banco libero.
"Questo posto è nostro" Dicono due bambini, avvicinandosi.
Niccolò allora si alza in piedi, lasciando loro il banco.

"Niccolò vieni con me" Lo invita la maestra, dopo aver parlato con Anna.
"Questo è il tuo posto" Dice indicandogli uno tra gli ultimi banchi. Solo un po' separato dagli altri.
Niccolò se ne accorge, ma comunque non dice niente. Sedendosi.

Con il passare delle ore ha capito che ci sono due maestre.
Una per i bambini normali, come ha detto lei, e un'altra solo per lui.
Può sentire la spiegazione che fa la maestra normale, ma gli esercizi deve farli per forza in modo diverso. Non gli piace questa cosa.
All'asilo non c'erano i bambini normali.

"Lui è Niccolò, sta lì perché non è come voi. Purtroppo non può parlare, ma comunque fa parte della nostra classe. Trattatelo bene" Dice la maestra normale, prima che suoni l'intervallo.
Tutti i bambini lo guardano strano, per poi parlare tra di loro durante la merenda.

"Vai dagli altri bambini" Dice la sua maestra, per poi andare a parlare con l'altra.
Niccolò non ci vuole parlare con quelli là, non vuole essere preso in giro.
Quando i bambini cominciano a giocare con la carta, lanciandosela a vicenda, una va a finire sul banco di Niccolò.

Un bambino dai capelli castani si avvicina a lui, attentendo il lancio.
Niccolò allora lo accontenta, passandogliela come vuole.
"Perché stai qua? La palla la lanciamo lì" Gli spiega il bambino, indicandogli i suoi compagni che aspettano di continuare a giocare.

Niccolò allora tira fuori il suo quaderno, scrivendo.
"Non posso parlare" Scrive.
Però nessuno sa leggere le sue parole.
"Cos'hai scritto?" Chiede.
Niccolò abbassa lo sguardo, non sapendo come spiegare.

"Va bene, comunque io mi chiamo Adriano. Anche se sei strano puoi venire a giocare" Dice correndo di nuovo dagli altri.
Niccolò rimane fermo a fissare tutti i bambini.
Prova ad avvicinarsi a loro, seguendo il consiglio di quel Adriano.

"Secondo me non sa giocare" Dice una bambina.
"Guarda qua" Dice un'altra, che senza preavviso gli lancia la carta della sua merenda addosso.
"Non l'ha presa" Continua un'altra.
Così continuano a lanciargli tutto, sotto lo sguardo delle maestre che credendolo un gioco ignorano.

Quando ormai le merende sono finite, si passa all'astuccio.
Penne, gomme, righelli, matite e colori.
Adriano, quel bambino dai capelli castani, guarda la scena di disparte.
"Non trattatelo così" Dice ad un certo punto, mettendosi vicino a Niccolò.

"Stai con lui?" Chiede una bambina, fermando anche il resto dei bambini dal lanciare le altre cose.
"È amico mio" Risponde Adriano, trovandosi anche lui sotto il mirino dei colori e delle penne.

Niccolò allora sorride.
Non tutti lo odiano allora.

Quando finisce l'intervallo le maestre sgridano per tutto lo sporco rimasto.
Così l'invitano a pulire tutto quanto.
Anche Niccolò che ha subito è costretto a pulire, insieme al resto.

"Ciao" Si avvicina di nuovo Adriano, con tra le braccia tante palline di carta.
Niccolò fa soltanto un cenno del viso, non sapendo come altro salutare.
Quando un'altra pallina di carta arriva contro i capelli di Niccolò e Adriano si accorge delle risatine delle bambine.
Ricomincia la battaglia.

Niccolò lo guarda stranito.
Perché mai difenderlo?
"Siamo amici ora" Alza le spalle Adriano, capendo quello sguardo.
Allora il moro sorride, avendo forse trovato il suo migliore amico

***

Peccato che però nel presente Adriano non ci sia più a difenderlo e che la causa delle prese in giro sia proprio lui.
Gli manca tanto quel giorno.
Ora che la spazzatura è lui a lanciargliela contro...

Quando la macchina frena di botto, Niccolò si rende conto di essere arrivato.
Mette da parte i ricordi e si prepara per un lungo pranzo.

-labimbasperdvta

ti dedico il silenzio | ultimo Where stories live. Discover now