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Fissai il mio riflesso nel lungo specchio che avevo montato in camera qualche sera prima, non ero mai stata fiera del mio aspetto, esattamente come non ero mai stata fiera della mia pigrizia che mi aveva sempre spinto ad abbandonare sport e palestra dopo nemmeno due settimane. Posai gli occhi sulla parte alta delle mie cosce e ne strinsi un po' in un pizzicotto con il viso contrariato mentre per sicurezza controllai che la porta fosse ancora chiusa. Fu quello l'esatto momento in cui Cesare bussò e da dietro la porta mi avvertì che stava uscendo "tutto bene?" aggiunse poi notando probabilmente che non avevamo fatto colazione insieme come sempre "certo!" risposi tranquilla o almeno il più tranquilla possibile "ci vediamo più tardi, io sono in biblioteca tutto il giorno che ho delle consegne importanti!" lo avvisai, lui mi prese in giro come sempre per qualcosa e poi uscì sbattendo la porta.

Erano passate un paio di settimane dalla conversazione nella macchina di Tonno, non avevamo più riparlato della possibilità di conoscere i ragazzi della Valle e da una parte non credevo ancora di sentirmi pronta ad intromettermi in qualcosa di così importante per lui, dopotutto io significavo davvero poco, riflettendoci.

Tornai a guardare il mio riflesso e poi decisi di vestirmi per evitare ancora quei pensieri assurdi sul mio aspetto e andare in università. I miei capelli castani si stavano allungando piano piano ed ora erano quasi all'altezza del seno, li arricciai un po' come sempre e poi truccai leggermente gli occhi dello stesso identico colore. Ho sempre invidiato chi aveva colori particolari, mi ricordo di aver passato i primi giorni della convivenza con Cesare a guardare ed invidiare il colore dei suoi occhi perché li trovavo così particolari e forse così belli. Scossi la testa per scacciare quel pensiero un po' assurdo e presi le mie cose uscendo. Sul mobile all'ingresso intravidi un mazzo di chiavi accanto al mio, Cesare aveva dimenticato le chiavi di casa, pensai roteando gli occhi. Provai a chiamarlo ma, ovviamente, non rispose. Non mi rimaneva che andare a portargliele. Andai in cucina e presi il foglietto con indirizzi e numeri di emergenza che avevamo messo sul frigorifero annotandomi sul telefono l'indirizzo dello studio. Agitata e già decisamente in ritardo uscii da casa e mi avviai a piedi verso l'indirizzo che non sembrava essere così lontano.

Mi trovavo di nuovo davanti a quella porta, non ero di nuovo pronta, ma a volte forse è il destino che ti aiuta a sbloccarti, cercai di pensare proprio a questo mentre con il cuore a mille premevo il campanello con su scritto "Space Valley" in nero.

"Chi è?" rispose una voce squillante e allegra ma allo stesso tempo usando un tono vagamente professionale, la stessa voce che avevo sentito pochi attimi prima nelle mie cuffiette che cantava che anche al mare ci si sentiva "soli come a bologna", riconobbi infatti la voce di Nelson Venceslai e mi affrettai a dire "Ginevra, sono la coinquilina di Cesare, ha dimenticato e chiavi a casa, potresti farlo uscire, per favore?". Come tutte le volte in cui avevo ansia parlai velocemente e tutto d'un fiato ma me ne resi conto solo quando, alla fine della frase, mi ritrovai in debito di ossigeno e mi maledii mentalmente per la mia stupidità. Sentii la porta aprirsi e davanti a me fece capolino la faccia a cui avevo poco prima ricondotto la voce.

Dal vivo Nelson era decisamente più alto di quanto me lo aspettassi, aveva una maglietta bordeaux con dei pantaloni neri e un paio di scarpe bianche, gli occhiali leggermente storti e un sorriso luminosissimo "Cesare sta facendo il coglione in cucina ma ti prego, entra!" disse spostandosi "in realtà sono un po'in ritardo e poi non vorrei disturbarvi" risposi timorosa ma Nelson sorrise ancora "abbiamo la glassa al cioccolato da assaggiare, dai vieni a sporcarti le dita con noi!" esclamò tirandomi dentro.

"Cesi è arrivata la tua coinquilina! Comunque io sono Nelson, piacere!" si presentò il riccio, non riuscii a capire come faceva a non spegnere mai quel sorriso. "Piacere" risposi "ti ho visto e sentito in giro, in realtà" aggiunsi fissando il pavimento di quel posto disordinato e colorato, Nelson mi guardò e lusingato parlò "spero ti piacciano i nostri video e le canzoni dei rovere!" io annuii allegra dicendo che le adoravo. Cesare arrivò un po' preoccupato ma poi, vedendo me e Nelson sorriderci si tranquillizzò "posso avere l'onore di presentarti gli altri?" chiese infatti quando capì che la situazione era più leggera di come pensava, gli sorrisi facendo un cenno d'assenso col capo e lo seguii in cucina.

(e non) - Cesare CantelliWhere stories live. Discover now