7.

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Quella mattina del primo giorno di Novembre, stranamente, fu il sole che timido entrava nella mia stanza a svegliarmi. Mi strofinai gli occhi ancora truccati dalla sera precedente maledicendomi di non essermi struccata. Perché non mi ero struccata? Cercai di ricordare e subito qualche flash della notte prima mi passò nella mente: la discoteca, Dario e le sue mani che mi prendevano i fianchi a ritmo di musica, Cesare e i miei capelli. A tutti quei ricordi si aggiunse un mal di testa martellante che mi fece alzare diretta nel bagno per poter fare una doccia e mettere fine a quel frastuono di pensieri e postumi della sbornia.

Sotto il getto bollente i ricordi si fecero immediatamente più chiari, subito riacquistai un po' di freddezza e cercai di capire se davvero avessi fatto qualche cazzata le sera prima, a quanto ricordavo no. O per lo meno speravo di no. Mi misi una tuta comoda e con i capelli ancora bagnati andai verso la cucina per prendere un'aspirina.

In cucina mi diede il buongiorno Chewbe scodinzolando allegro, dietro di lui, accanto al lavello, il mio coinquilino che lavava la moka, si girò e mi fece un sorriso tirato. "Il caffè è finito, se vuoi te lo rifaccio, sul tavolo c'è l'acqua e un'aspirina" disse con una punta di dolcezza nella voce. "Buongiorno" dissi io stupita. "Buongiorno a te" rispose asciugandosi le mani "vai ad asciugarti quei capelli prima di tutto, però" aggiunse poi contrariato. Non riuscii a rispondere in tempo perché dalla mia stanza iniziò a squillare il telefono. Corsi per prenderlo in tempo e sullo schermo lessi "Dario", con un po' di ansia risposi.

"Pronto?" dissi incerta "Buongiorno! Come stai dopo i cocktail di ieri?" rispose dall'altro lato la voce allegra e chiara di Dario "uhm, bene, a parte il mal di testa" biascicai cercando un l'asciugacapelli in giro per la stanza. "Ti va di fare colazione insieme? Cioè sono le undici e mezzo perciò decidi tu, colazione o un bel brunch pieno di roba da mangiare" chiese lui con un grande entusiasmo. "Ma si, effettivamente sto morendo di fame!" esclamai io ridacchiando "dammi una mezz'ora che devo asciugarmi i capelli, ci vediamo in piazza?" chiesi aspettando la conferma di Dario e dopo averla ottenuta riagganciai salutandolo.

Iniziai ad asciugarmi velocemente i capelli quando sentii Cesare entrare nella mia stanza. "Allora? Metto su l'altra moka?" chiese guardandomi. "Ah nono, sto uscendo, vado a prendere qualcosa con Dario" dissi spegnendo il phon e passandomi le mani nei capelli umidi, cercai di ravvivarli ma come al solito vinsero loro convincendomi a fare delle trecce un po'scompigliate. Stavo per iniziare ad intrecciarli con uno sbuffo quando vidi che Cesare era ancora sulla mia porta e mi osservava con uno sguardo indecifrabile. Detestavo non capire cosa gli passasse per la testa, mi spaventava non sapere quale fosse la sua prossima mossa perciò mi fermai e lo guardai.

"Che succede?" chiesi con le mani ferme fra i miei capelli. "Sono meglio sciolti" disse con la sua solita semplicità disarmante. "Dovresti smetterla di fissarti sui miei capelli, è strano" ribattei io alzando il sopracciglio. "Com'è strano quello che è successo ieri sera?" chiese lui così schietto da farmi quasi sobbalzare.

Ieri sera, pensai, la mia testa percorse di nuovo tutta la scena della cucina. "Non è successo niente ieri sera" cercai di svincolarmi da quella conversazione ricominciando ad intricarmi nei miei capelli ma lui non aveva intenzione di lasciar stare.

"Gin, se non me ne fossi andato a letto ci saremmo baciati ieri sera" iniziò "e se non ti avessi portato via dalla discoteca avresti baciato anche Dario. Forse dovresti mettere un attimo in ordine le tue idee" concluse tagliente e freddo. "Infatti tu hai una ragazza da 5 anni e io sto uscendo con Dario, potremmo definire il momento confusione terminato. Comunque in quella cucina non c'ero solo io quindi piantala di scaricarmi la colpa delle cazzate che fai anche tu" dissi afferrando la borsa e il giubbetto passandogli accanto. "E per favore, lascia stare i miei capelli" aggiunsi sbattendo il portone e precipitandomi in strada prima di perdere del tutto il controllo.

(e non) - Cesare CantelliWhere stories live. Discover now