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La casa in campagna dello zio di Cesare si delinea in lontananza nel lungo viale bianco. Chewbe inizia ad agitarsi riconoscendo il luogo e il mio coinquilino ridacchia vedendolo scodinzolare dallo specchietto retrovisore mentre canticchia una canzone di una playlist italiana anni '70.

Lo guardo con la coda dell'occhio e sorrido leggermente, è proprio bello, penso cercando però poi di scacciare quel pensiero frugando nella borsa alla ricerca del telefono.

Appena lo sblocco altre notifiche di Instagram mi fanno rabbuiare. "Per questo fine settimana niente social, okay?" dice Cesare spiando appena il mio telefono mentre guida sicuro e parcheggia accanto alla macchina di Nelson. Annuisco rigettando il telefono in borsa e guardandolo con un sorriso accennato ma sincero.

Scendo dalla macchina e guardo meravigliata i due bellissimi casolari che mi si pongono davanti. "Il fratello del mio bisnonno ha preso questo terreno nel dopoguerra e ha costruito queste due villette per riunire la famiglia, poi negli anni è diventato una specie di ritrovo per tutti i Cantelli. Ora, noi nipoti abbiamo praticamente il controllo della villa più piccolina, quella arancione, stiamo sempre lì quando facciamo le riunioni di famiglia mentre gli adulti sono tutti in quella bianca di fianco, più grande e più elegante" mi spiega Cesare guardando un po'trasognante davanti a se mentre Nelson e Beatrice ci raggiungono con un sorriso.

"Calcola che David pensava che ti fossi buttato giù per il fosso" inizia a prenderlo in giro il riccio puntandoci la telecamera contro. Saluto sia lui che Beatrice con un abbraccio e poi, su richiesta di Nelson, mando un bacio volante e timido all'obiettivo che mi inquadra.

Una volta dentro la villetta Cesare mi presenta tutti i suoi cugini fino a che un ragazzo alto, moro e molto simile al mio coinquilino non mi si para davanti. "La famosa Gin, finalmente ti vediamo!" esclama con un sorriso tendendomi la mano. "Mi chiamo Claudio, sono il fratello buono" dice beccandosi una gomitata ben assestata da Cesare che mi fa:"non ascoltarlo, è solo un cretino!". Iniziamo tutti e tre a ridere e poi Cesare mi pone il problema stanze.

"Hai tre scelte" inizia salendo le scale con i nostri borsoni "puoi dormire in camera con le mie cuginette più piccole, che hanno intorno ai 13 anni, puoi dormire con Nelson e Beatrice, cosa che non mi sento di consigliarti o c'è un letto nella stanza dove dormiamo io e Claudio" conclude con un sorriso sapendo già cosa avrei scelto.

"Vedo che mi stai dando molta scelta" ribatto sollevando il sopracciglio. "Ecco perché ti ho fatto preparare già il letto nella nostra stanza" disse aprendo la porta di una camera con le pareti blu oltremare e un finestrone con delle tende bianche. Butta il mio borsone ai piedi di un letto singolo e il suo sul matrimoniale accanto a quello del fratello. "Ti piace?" chiede curioso. "La adoro" dico fissando il paesaggio dal vetro.

"Quando volevi dirmi di essere arrivato?" dice una voce femminile sulla porta, mi giro e vedo Cesare fiondarsi fra le braccia della donna. "Scusa mamma, volevo prima sistemare le nostre cose" dice lui ancora fra i suoi capelli, poco dopo si staccano e lei mi guarda dolcemente.

"Ciao, mi chiamo Antonella, sono la mamma di Cesare, tu devi essere Ginevra, la ragazza che vive con lui" dice la donna tendendomi la mano. La stringo presentandomi "Ginevra Salbelli" dico sorridendo a mia volta. Chiacchieriamo un po' tutti e tre insieme ma principalmente siamo io e la madre di Cesare lo prendiamo in giro su tutto e lui che fa finta di offendersi.

"Eccolo il mio Cesarino" dice un'altra voce che corre ad abbracciarlo "come stai? Che fine ha fatto Elena quest'anno? Sai che mi piace vederla agli appuntamenti di famiglia!" dice poi velocemente. "Sta passando le feste con i suoi genitori, hanno riallacciato i rapporti e non se la sentiva di andare via per Pasqua. Comunque, Caro, fatti presentare Ginevra, la mia coinquilina" dice dandomi una spinta leggera per farmi avanzare verso quella che capisco essere la sorella. "Carolina" dice lei stringendomi la mano con un sorriso un po'sospettoso. "Ginevra, ma chiamami pure Gin" dico io restituendo il sorriso un po'intimidita da tutte queste facce nuove.

(e non) - Cesare CantelliWhere stories live. Discover now