10.

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Scuoto la testa leggermente alla fermata di Firenze svegliandomi dai vari ricordi dei mesi precedenti, è il 30 Dicembre e sto tornando a Bologna per passare il Capodanno. Il viaggio sembrava non scorrere mai perciò, dopo aver indossato le cuffiette, mi sono messa a pensare a come in poco tempo la mia vita si fosse completamente sconvolta, partendo da Settembre e dall'incontro con Cesare fino ad arrivare al giorno del mio compleanno, al nostro bacio.

Il treno si ferma nella stazione di Santa Maria Novella nell'esatto momento in cui la mia testa era sulla sella della moto di Cesare e cercava disperatamente di ricordare il sapore delle sue labbra. Senza successo aggiungerei. Fisso la cupola e mi perdo di nuovo nei vari pensieri cercando di assimilare velocemente cosa era successo dopo quel bacio.

Tornammo a casa con la sua moto e un sorriso insolito sulle nostre labbra che si spense però quando trovammo davanti al portone Elena con un'espressione furiosa e le lacrime che minacciavano di uscire dal suo sguardo sempre bello e al naturale.

"Ti ho chiamato almeno quindici volte! Come fai a sparire così?" strillò spintonando il mio coinquilino ma smuovendolo solo relativamente. Lui la fissò attento e preoccupato. "Cosa succede?" le chiese fermando le spinte con un po' di forza e cercando di guardarla negli occhi. "Mio fratello è andato di nuovo via! Ma non ti preoccupare, vai via anche tu, dopotutto questo succede con me, la gente se ne va!" sbottò iniziando a piangere.

Mi svegliai da uno stato di trance iniziale e presi velocemente le chiavi aprendo la porta. Cesare portò Elena di sopra sorreggendola un pochino e, poco prima che chiudesse la porta, lo sentii pronunciare quelle parole che mi colpirono forte come solo la verità sa fare.

"Non ti lascerò, lo sai"

I giorni successivi passarono veloci evitandoci a vicenda. Quando per caso ci trovammo a parlare di lei e di quello che era successo fra noi Cesare iniziò un discorso lunghissimo su quanto la sua vita e quella di Elena fossero legate da sempre da una sorta di sostegno reciproco che sembrava un filo che teneva entrambi uniti.

Mi alzai all'improvviso e dissi solo, guardandolo, "non mi servono tutti questi giri di parole per capire che è stato bello ma che lei è la tua ragazza e la ami, lo penso anche io". Sentii il suo sguardo addosso nella strada che separava il salotto dal corridoio ma non mi girai per non fargli notare che gli occhi erano più lucidi del dovuto.

In quegli ultimi giorni prima delle vacanze di Natale mi toccò parlare anche con Dario. Avevo cercato di evitare un confronto fra noi prima di sapere cosa pensasse Cesare.

La nostra chiacchierata fu sempre molto riflessiva e profonda, tipica di Dario e di ogni argomento che ci trovavamo ad affrontare insieme. Come sempre mi sorprese per la lucidità e la schiettezza.

"Hai parlato con Cesare?" chiese infatti ad un certo punto dal nulla. "Cosa avrei dovuto dirgli?" commentai stupita fissandolo. "Io gli avrei chiesto il perché di quegli sguardi la sera del tuo compleanno, credo di non averli notati solo io" disse tranquillo girando il suo caffè e guardando distrattamente Piazza Maggiore dalla vetrina della caffetteria.

"Cesare non vuole nulla da me" dissi sicura abbassando lo sguardo sulle mie mani che si stavano torturando. "Ma io non credo di poter affrontare una conoscenza con qualcuno che vuole qualcosa da lui" affermò guardandomi negli occhi e trafiggendoli. Non potei fare altro che annuire. "Mi dispiace" dissi con un filo di voce sentendo la mia guancia bagnata da una sola lacrima mentre fissavo ancora le mie dita stritolarsi fra di loro. Mi accarezzò la spalla e mi alzò il mento con due dita. "Lo so, ma le cose a volte vanno e a volte no, ricorda che tutto ha il suo tempo. Anche tu" mi disse teneramente. Lasciò i soldi per il caffè sul tavolo e mi salutò con un affettuoso bacio fra i capelli.

(e non) - Cesare Cantelliحيث تعيش القصص. اكتشف الآن