La finale: Giappone–Brasile.
Musica, urla, bandiere, striscioni...
Un manicomio.
Vivien si guardava intorno frastornata: era normale ci fosse tutto quel caos?
Beh, forse sì: dopotutto era la finale del Campionato Mondiale Under-21, non una partita del torneo scolastico.
Jeff Turner le stava accanto pensieroso, dall'altro lato le sue amiche.
Alla sua sinistra poteva vedere chiaramente i due uomini italiani che ormai erano diventati delle presenze costanti alle partite della Nazionale Giapponese. Insieme a loro un terzo personaggio, più anziano. Vivien pensò fosse buon segno: si intuiva ad occhio che si trattava di un "pezzo grosso". Se era lì per Mark le probabilità che lo ingaggiassero aumentavano.
Poco più in là scorse una famigliare testa bionda: Karl-Heinz Schneider. Il Brasile aveva sbaragliato la Germania in semifinale per 5-0. Tutti erano rimasti stupiti dalla bravura della Selecao. Annientare in quel modo il Kaiser e la sua squadra non era cosa da tutti.
Adesso il biondo bomber tedesco se ne stava buono buono in tribuna a guardare la partita, come un tifoso qualsiasi. Per lui doveva essere una grande umiliazione.
Vivien gli fece un cenno di saluto e Schneider, riconosciutala, ricambiò. Era lontano e c'era molta gente, non riusciva a raggiungerla, tuttavia le mandò un augurio muovendo le labbra: - Viel Erfolg!- (In bocca al lupo).
Lei rispose articolando un muto : - Danke schön.- (grazie mille) e si rivoltò in direzione del campo.
Le squadre stavano facendo il loro ingresso.
Si misero in posa per le fotografie di rito, mentre sul mega schermo comparivano le formazioni.
Il Giappone schierava l'Ultimate Eleven composto da:
1- Price Benjamin
5- Yuma Clifford
7- Peterson Ralph
9- Lenders Mark
10- Hutton Oliver (C)
11- Baker Tom
12- Callaghan Philip
14- Ross Julian
18- Everett Patrick
20- Denton Rob
23- Denver Bob
Inni Nazionali.
Lancio della moneta: palla al Brasile.
Fischio d'inizio.
Per i primi dieci minuti non successe quasi niente: le due squadre si studiavano a vicenda, scambiandosi dei corti passaggi che raramente sfociavano in una vera e propria azione offensiva.
Intorno al quindicesimo del primo tempo si scatenò l'inferno.
La Selecao, presa coscienza della propria forza e delle falle tattiche del Giappone, si buttò all'attacco. Con la velocità e i dribbling ipnotici tipici dei brasiliani, costrinse i nipponici nella propria metà campo.
La situazione era talmente critica che addirittura le punte completamente votate all'attacco come Lenders ed Everett si erano spostate in difesa.
Nella rimanente mezzora del primo tempo i carioca crearono almeno una ventina di occasioni per andare in rete e provarono a centrare lo specchio della porta per sette volte.
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