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E così era quella Hogwarts.
Caesar Noah Cameron abbassò lo sguardo dalle torri illuminate della scuola di magia e riportò la sua attenzione ai limiti della barriera protettiva posta al castello. Per lui sarebbe stato facile valicarla ma...di colpo, desiderò andare via.
Tornare indietro e nascondersi nel suo palazzo.
Erano duecento anni che non usciva nel mondo esterno. Incredibile...perfino l'aria aveva un odore diverso.
I suoi, i profumi...tutto era cambiato.
Per uno come lui, che aveva sentito per così tanti secoli la voce del mondo, era difficile uscire dal nido e trovare tutto cambiato. Inspirò a fondo, alzando il braccio destro.
Il sangue di Hermione contenuto nel bracciale al suo polso stava ribollendo.
Lei lo chiamava. Era terrorizzata a morte.
Socchiuse gli occhi, avvertendo quell'ignobile sensazione che aveva provato per la prima volta poche ore prima.
Lui, essendo nato demone, di stirpe per di più, non aveva mai provato odio, amore, gioia, tristezza. Mai.
Il potere più grande del mondo dentro a una scatola vuota. Così Demetrius definiva quelli come loro.
Caesar non era mai stato a sentirlo...e ora avrebbe voluto uccidere lui ma soprattutto Lucilla.
Lei che maledicendolo gli aveva dato un'anima. E ora grazie a lei, lui si sentiva a pezzi.
Sapeva il nome di quel sentimento che gli stava rovesciando dell'acido corrosivo nelle vene.
Rimorso.
Oh, non c'era altro modo per definirlo. Lui, il grande Caesar Cameron piegato dal rimorso.
Disgustato da se stesso e dall'essere debole che era diventato, si mise il mantello sulle spalle per nascondere agli occhi altrui i segni che Doll aveva provveduto a lasciargli prima di morire, finalmente.
Si, il demone più antico del mondo quella notte era morto, trucidato, per mano dei suoi stessi simili.
Lui e Demetrius avevano rischiato la vita.
Era incredibile il potere che era stato celato nel piccolo corpo di quella demone bambina.
Atroce, da un certo punto di vista, come la sua follia.
Rimase immobile a lungo, a pensare. A ricordare. Com'era cambiato in quattro anni.
Prima Lucilla...e poi Hermione.
Donne. Sogghignò, abbassando il capo. Sempre loro il problema.
Anche Imperia non gli aveva causato altro che guai.
Demone di stirpe, compagna di una vita, l'unico essere che era mai riuscito a entrargli dentro.
Imperia aveva vissuto per lui, in lui, con lui. E poi, di punto in bianco...aveva deciso di vivere l'unica avventura preclusa a quelli come loro. La morte. Si era uccisa col sorriso sulle labbra.
Stanca di vivere. Stanca di essere quello che era. Desiderosa di essere quello che non era.
- Lei ha la faccia di uno che ha avuto giornate migliori.-
Caesar sollevò il capo lentamente, trovandosi a fianco un vecchio con la barba bianca e gli occhi azzurri, con occhiali a lunetta abbassati sul naso. Un umano dall'aria abbastanza eccentrica.
- Lei è il professor Silente, vero?-
Il preside annuì, con un vago sorriso - E lei è Caesar Cameron, colui che si è preso cura di Tom in questi anni.-
- Chiedo scusa per la visita a quest'ora tarda.- disse il demone, mantenendo un contegno cortese ma distaccato.
- Si figuri, capita spesso.- l'assicurò Silente facendogli strada - Credo che sia venuto per entrare, vero?-
Caesar lo seguì con passo rigido, calandosi un cappuccio scuro sui capelli bianchi.
Accidenti. L'ultimo suo desiderio era quello di camminare ancora fra gli uomini.
- Lucilla sta bene?- chiese Silente all'improvviso, mentre attraversavano a passo silenzio la scuola.
- Perché me lo chiede?-
- Considerate le sue ferite, mi domandavo se lei stesse bene.- fu la placida risposta.
Caesar non replicò, cominciando però a chiedersi se la stima e il rispetto che Lucilla e Hermione avessero sempre avuto per quel mago fossero poi tanto mal fondate, come lui aveva sempre creduto.
Quel mago...il mago più famoso fra gli umani. Aveva occhi arguti...e misteriosi.
Chissà qual era il suo vero potere?, si chiese pensoso. Aveva capito che era ferito gravemente nonostante non ne mostrasse i segni in superficie. Tipo strano davvero.
- Vuole un dessert per caso?-
Cameron glissò sulla stranezza della domanda - Grazie, non mangio.-
- Un vero peccato, mi creda.-
Giunti ai piedi della torre oscura, il vecchio preside iniziò a salire ma quando si accorse che il demone restava impalato, si soffermò a guardarlo. Non era proprio come Silente se l'era immaginato ma si avvicinava molto.
- Hermione sta bene, fisicamente.- gli disse, pacato.
- Le ferite del fisico sono le più facili da guarire, non crede anche lei?- replicò Cameron a tono.
- Come non immagina neanche.- disse Silente, tornando a fare i gradini uno per volta - Ma confido che la tempra della signorina Granger sia rimasta tale a quale a quella passata. Se saprà trovare la luce in questo buio, riuscirà ad uscirne.-
- Hn.- Caesar non ghignò per pura educazione, seguendo il mago a capo chino - Voi umani avete il dono di un'esistenza breve. Confidate solo che la morte porti via il vostro dolore.-
- Allora lei è vicino a comprenderci, non crede?- insinuò Silente a quel punto e stavolta Caesar imprecò mentalmente.
Dannazione. Lui e la sua lingua lunga. Hermione tempo prima l'aveva avvisato che quel vecchio non era da sottovalutare. Umani...
- Eccoci.- disse il vecchio mago una volta arrivati in cima. Ora davanti a loro c'era solo la porta d'ingresso alle stanze degli Auror, al loro mini Quartier Generale, come lo chiamavano gl'insegnanti ma già da lì, sentivano che all'interno la situazione non era delle migliori. Quando entrarono, Ron Weasley e Harry Potter si zittirono bruscamente, come se fino al momento prima non avessero fatto altro che urlarsi addosso.
- Ragazzi, buonasera.- disse Silente - So che è stata una serata lunga e che siete esausti ma vi chiedo solo pochi minuti.-
- E lui cosa fa qua?- chiese Ron, scoccando un'occhiata altrettanto astiosa a Cameron - Abbiamo già abbastanza problemi dannazione!-
- Ron, per l'amor di Dio!- lo zittì Elettra, seduta in poltrona - Non è il momento.-
Caesar si guardò appena attorno. Erano radunati tutti gli Auror, compreso il nipote di Askart. Fece un lieve cenno a Milo, che ricambiò, poi posò lo sguardo su Tristan che gli rivolse l'occhiata più dura che il demone si fosse mai guadagnato anche da Lucilla. Comunque non disse nulla, posando lo sguardo sulla porta in fondo alla stanza.
Col suo udito finissimo poteva sentire gemiti e singhiozzi oltre il pesante battente.
- Come sta la signorina Granger?- chiese Silente, spezzando quel silenzio tombale.
- E' stata squartata viva per tre mesi come un animale, come vuole che stia?- sibilò di nuovo Ron.
- Adesso basta, smettila!- gl'impose Harry, passandosi una mano fra i capelli esasperato - Ne abbiamo già passate abbastanza tutti quanti, ringrazia che siamo vivi.- quindi si volse verso Caesar, cercando di mantenere un tono neutro - La ringrazio per l'aiuto di prima.-
- L'ho fatto per Hermione.- disse il demone, puntualizzando subito.
- Infatti la ringraziavo per quello.- replicò Potter a tono, senza scomporsi.
- Come sta?-
- Lancia oggetti ovunque. È terrorizzata a morte e non ci riconosce neanche.- disse il moro.
- Datele un sedativo.- rispose Caesar, come se fosse ovvio ma una voce estranea stavolta lo gelò con un tono anche più freddo degli occhi di Tristan Mckay.
- Gliel'ho già dato.- disse Draco Malfoy, appoggiato alla finestra in fondo alla stanza circolare.
- Gliene dia un altro.-
Draco ghignò con sprezzo, abbassando lo sguardo con compatimento - La manderei in coma. E' umana lei.-
Cameron tacque, scrutando quello che aveva desiderato conoscere da un bel pezzo. E così era lui...il serpente.
Sorrise senza essere visto, pensando alla faccia che avrebbe fatto quella piccola strega dagli occhi dorati vedendolo ora a confronto col suo vecchio amore. Che umano interessante però.
Aveva quasi occhi da demone. Sembravano così freddi e morti che avrebbe potuto passare per uno di loro, certo...se solo Caesar non l'avesse visto talmente distrutto nelle segrete di Doll, vedendo Hermione in quelle condizioni.
Senza aggiungere altro andò alla porta chiusa dietro a cui stava asserragliata la Grifoncina.
Sentì oggetti che cadevano continuamente, che veniva scagliati contro i muri. Grida sommesse, gemiti e lacrime.
Accidenti a lei.
Batté due colpi leggeri sulla porta.
- Sono io.- disse semplicemente.
Passarono alcuni secondi e sotto lo sguardo rabbioso di alcuni degli Auror, la porta si aprì e lo fece passare.
Fu uno smacco su tutta la linea, sia per Ron che fumava letteralmente per la collera, che per Draco che emise un gemito appena percettibile, distrutto più che mai da tutto quello che era successo. Ma a lui non importava che ora nella stanza accanto ci fosse quel demone. Non gl'importava cosa ci fosse fra lui e la mezzosangue.
Ricordava solo incessantemente la sua voce...disperata, terrorizzata, delusa, quando gli aveva chiesto, urlando, il motivo per cui si era rifiutato di starla a sentire quando quel mostro l'aveva divorata viva per mesi e mesi.
Passandosi una mano fra i capelli, cercò di non lasciarsi cadere in ginocchia ma sentiva le gambe non l'avrebbero retto ancora a lungo. Si mise una sigaretta in bocca, andando alla finestra.
Cercò l'accendino in tasca ma non trovò, fino a quando fu Harry ad accendergli la sigaretta con la sua, già accesa in precedenza.
- Di questo passo finirai per fumare come un turco, Potter.- gli disse a bassa voce.
Il bambino sopravvissuto non rispose, limitandosi ad annuire vagamente.
Anche lui stava male ma da tempo aveva imparato a ringraziare per ogni vita salvata, indipendentemente da conseguenze e situazioni di contorno. Se Cameron fosse riuscito a calmare Hermione, meglio per loro.
Se era ferito, sentendosi messo da parte dalla sua migliore amica, poco importava. Ora lei doveva stare bene, non gl'importava d'altro, esattamente come non importava altro neanche a Ron, che faceva il solco fra la porta e il salone.
Passarono all'incirca quindici minuti di tensione lancinante e poi la porta finalmente si aprì.
Ne uscì Caesar poi Hermione, avvolta nel suo mantello e schiacciata contro di lui.
Chiunque in quel momento avesse potuto vederle gli occhi febbricitanti avrebbe faticato a riconoscerla, perché non sembrava lei, ma in fondo cosa potevano aspettarsi?
- Dove diavolo la sta portando?- sbottò Ron, alzandosi di scatto dalla poltrona.
- Al mio palazzo.- rispose Cameron pacato.
- E crede che noi non diremo nulla?- sbraitò anche Edward a quel punto.
- E' stata lei a chiedermelo. Non la sto rapendo.- scandì il demone, faticando a trattenere la stizza, così si rivolse tranquilla a Harry, evitando per di guardare anche Malfoy che sembrava sul punto di cedere davvero.
- La porto con me. Quando si sentirà di nuove in forze, potrà fare quello che vorrà.-
Potter non rispose subito, abbassando lo sguardo sulla sua migliore amica. Se ne stava lì, rannicchiata contro il torace gelido di quell'uomo. Dio, com'era cambiata. Ma in fondo lui come avrebbe potuto aiutarla?
Quel demone aveva poteri infiniti, forse avrebbe potuto cancellare quei ricordi orrendi dalla sua mente per sempre.
Ma allora perché era tanto restio a lasciarla andare? Era come se passata quella soglia, lei non sarebbe più tornata.
Inutili grida, ripicche e minacce. Caesar ringraziò Silente e poi si smaterializzò via nella massima tranquillità, portandosi via Hermione per l'ennesima volta. E lei non fece nulla per impedirglielo.
Lasciarono solo silenzio alle loro spalle. Silenzio e un dolore muto, dal nome antico.

I Bracciali Del Destino |Dramione|Where stories live. Discover now