DOLCEVITA GRIGIO

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Non era più estate.

Non faceva più caldo.

Il sole compariva alle otto del mattino e scompariva alle sei di sera.

La sala riunioni della Gibbs Records era bianca ed antisettica. Le uniche note di colore dell'arredamento erano il grande tavolo di legno e le locandine attaccate alle pareti, ma la luce pallida che entrava dalle finestre smorzava ogni slancio di allegria. E le facce dei presenti non erano da meno.

Io e Gary eravamo seduti uno di fianco all'altro. Dall'altra parte del tavolo, Samantha era affiancata da due colleghe e a capotavola c'era il capo della Gibbs. Colui che, ormai un anno prima, aveva approvato la mia collaborazione con i J-EY.

"Il contratto che Jimin ha firmato per la Gibbs Records prevede tre album nell'arco di due anni."

"Il contratto non è più valido."
"Lo è eccome."

"Jimin potrebbe denunciarvi per diffamazione. Siamo disposti a portarvi in tribunale."

"La Gibbs non si ritiene responsabile per l'accaduto."

"Non si ritiene responsabile? Samantha era la manager di Jimin."

"Sono ancora la sua manager, Gary."

"Jimin non resterà sotto la Gibbs se deve lavorare con te."

"Sono stata scorretta, lo ammetto, ma non potete dirmi che non ho fatto il mio lavoro. La popolarità di Jimin è andata alle stelle. I J-EY non raggiungevano un picco di ascolti così alto da due anni."

"Avresti dovuto consultarlo. Se ritenevi che fingere una relazione con Min Yoongi fosse una strategia di marketing così buona, avresti dovuto parlarne anche con Jimin ed illustrargli la tua idea."

"Non avrebbe accettato."

"Chi te lo assicura?"

"Sentite, non era niente di ufficiale. Min non ha firmato un contratto, gli ho solo dato un consiglio che lui ha accettato."

"Non esiste il non ufficiale fra due persone con un rapporto lavorativo. Sei la loro manager, non un'amica. Gli hai dato delle istruzioni precise, hai fatto delle considerazioni. Il video parla chiaro, hai menzionato una forma di ricompensa."

Questo era innegabile. Il capo della Gibbs si appoggiò allo schienale della sua poltrona e giocherellò con una penna. Guardò da Gary a Samantha con aria annoiata, poi spostò gli occhi su di me. Mi lanciò un'occhiata di sufficienza quando notò il modo in cui tiravo le maniche del mio dolcevita grigio, come per nascondermi le mani.

Non gli stavo più tanto simpatico, questo lo avevo capito. Ero una fonte di guadagno, ma se facevo le bizze faceva prima a sostituirmi piuttosto che a farmi riparare. E al momento sembravo parecchio guasto con il mio sguardo perso nel vuoto e la postura di chi sta cercando di sparire.

"La mia proposta è questa." ricominciò Gary. " Jimin rimane alla Gibbs Records. Incide i tre album e rimane sotto alla vostra tutela, ma il manager sono io. Avrò il controllo su tutte le interviste, gli articoli e i servizi televisivi in cui comparirà il suo nome e l'etichetta si impegna a non cavalcare l'onda del gossip. I contatti lavorativi con i J-EY devono essere nulli."

Era un buon accordo per tutti. Sul tavolo vennero sparsi dei fogli ed io passai ufficialmente dalle mani di Samantha a quelle di Gary.

* * *

Gary mi portò fuori a pranzo. Fu la prima cosa che fece in quanto mio manager. Mi fece strada in uno dei suoi ristoranti preferiti ed ordinò per me l'antipasto, il primo, il secondo e il dessert, si sforzò di mantenere la conversazione allegra e mi versò l'acqua ogni volta che il mio bicchiere restava vuoto per troppo tempo. Alla fine pagò il conto e volle anche accompagnarmi a casa.

Eravamo in auto insieme quando mi chiese con esattezza dove abitavo. Io gli dissi il nome di un albergo e lui inchiodò. Nessuno si fece male, ma mi spaventai così tanto che per un attimo smisi di essere infelice.

"Cosa?" strepitò.

"Non conosco Filadelfia."

"Sei tornato da mesi."

"Non mi andava di cercare casa."

Dietro di noi suonarono il clacson. Gary cambiò marcia e ripartì con una sgommata, ma al posto di proseguire lungo la nostra corsia, fece inversione e tornò indietro.

Fu così che iniziò un lungo pomeriggio fatto di strette di mano e appartamenti vuoti. Nel giro di cinque minuti, Gary riuscì ad organizzare un numero esorbitante di appuntamenti e mi fece viaggiare da una parte all'altra di Filadelfia.

Ad ogni appuntamento si ripeteva la stessa storia: venivamo accolti da un venditore felicissimo di fare la nostra conoscenza, ci veniva mostrato l'appartamento e noi salutavamo promettendo di pensarci. Io osservavo tutto in silenzio, era Gary che torturava i venditori per conoscere la qualità della luce, dell'aria, della temperatura d'estate e di quella invernale. Apriva tutte le finestre e insisteva sull'importanza del panorama per un artista, ma i miei responsi erano sempre gli stessi. Carino. Luminoso. Carino. Accogliente. Al sesto appartamento che visitavamo, Gary chiese alla venditrice un momento di privacy e fummo lasciati da soli.

"Che te ne pare?" mi chiese Gary. Accarezzò il davanzale di una finestra per mostrarmi quanto era nuovo e lucido.

"È bello."

"Sono tutti belli per te. Non ce n'è uno che ti piace di più?"

Misi le mani in tasca e alzai le spalle. Era un gesto disinvolto, ma avevo una faccia talmente tirata che sembrai soltanto stanco. L'abbronzatura estiva era sbiadita e la luce plumbea dell'autunno mi dava un'aria malata. Senza contare che i miei occhi erano perennemente gonfi.

"Non so se voglio un appartamento, Gary."

"Di sicuro non vuoi vivere in albergo."
"Non so stare da solo."

Lo dissi piano. Accennai anche un sorriso, ma Gary mi guardò con un'espressione così triste che sentii tutta la pietà che provava per me. Per un po' restò in silenzio, poi, in mancanza di sedie, si appoggiò ad una parete.

"Mi sento così in colpa, Jimin."

"Non devi."

"Ti ho presentato io ai J-EY."

"Senza di te non sarei dove sono oggi. Ti devo tutto."

Gary fece per ribattere, ma in quel momento tornò la venditrice dell'appartamento. Ci chiese se eravamo giunti ad una conclusione e, nonostante io non avessi confermato nulla, Gary si rizzò in piedi e andò a stringerle la mano.

"Lo prendiamo."

Lei ne fu felicissima. Ci fece strada verso la cucina e dispose su un tavolo tutte le scartoffie del caso, poi mi allungò una penna e mi indicò i punti dove serviva la mia firma. Io seguii le sue indicazioni e alla fine lei si congratulò, radiosa. Mi strinse la mano e mi consegnò le mie nuove chiavi di casa. Una volta rimasti soli, Gary mi mise un braccio attorno alle spalle e mi scosse finché non sorrisi.

"Questo è il piano." mi disse. "Ora andiamo a prendere la roba che hai lasciato in albergo e facciamo una lista di tutte le cose che ti servono per la casa. Io ti aiuto con il trasferimento e rimango a cena per tutte le sere che vuoi, finché non ti sei ambientato, poi ci rimbocchiamo le maniche e iniziamo a lavorare sulla tua musica. Hai delle nuove canzoni da farmi sentire, no?"

"Fin troppe."
"Bene."

Gary mi scrollò un'altra volta le spalle. Mi diede un'ultima strizzata, poi mi lasciò andare.

"La sistemiamo questa faccenda, Jimin. Sistemiamo tutto." 

THE LOVING ONE (BTS FanFiction - Yoonmin)حيث تعيش القصص. اكتشف الآن