HOUSE PARTY

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Filadelfia era fredda a novembre. Le persone uscivano a cena bardate di cappotti, sciarpe e stivaletti, ma all'interno del mio appartamento eravamo tutti in maniche corte.

Stavo dando una festa. Era una cosa intima, c'erano soltanto una ventina di miei conoscenti e qualche loro amico, ma non per questo ci stavamo divertendo meno. I mobili del soggiorno erano stati tutti spostati da una parte, Abby aveva portato un impianto stereo per la musica e qualcuno mi aveva prestato delle lucine colorate per completare il tutto. La maggioranza degli invitati facevano parte del corpo di ballo con cui mi allenavo ogni giorno per l'esibizione che avrebbe lanciato il mio prossimo album, per cui le danze scatenate non mancavano.

Io stavo ballando senza sosta, per lo meno. Ridevo tantissimo e facevo ridere gli altri, mi appendevo al collo dei miei amici e loro mi guidavano nei balli di cui non conoscevo i passi. Si complimentavano in continuazione per la velocità con cui imparavo, ma la verità era che ero abbastanza brillo ed abbastanza felice da essere un ballerino credibile.

In particolare c'era un ragazzo, Pablo, che quando partiva un pezzo latino-americano si materializzava alle mie spalle. Non importava con chi stessi ballando, alla prima occasione prendeva il posto dell'altra persona e mi faceva piroettare su me stesso finché non mi veniva un capogiro. Gli bastava mezzo minuto per spiegarmi i passi giusti. Me li faceva ripetere finché non li avevo memorizzati e, alla prima occasione in cui non facevo errori, mi circondava la schiena con le sue braccia forti e mi attirava a sé per ballare come si deve.

Pablo era un ragazzo timido. Mi parlava a malapena durante le prove, ma quando danzava diventava un leone. Mi conduceva con gentilezza e precisione, lasciava vagare le mani attorno alla mia vita soltanto quando era sicuro che ci stessimo entrambi divertendo. Le nostre ginocchia finivano spesso per incrociarsi e a me non dispiaceva. Non dispiaceva affatto.

Ballai con lui per quattro pezzi di seguito, ma quando iniziò il quinto sorrisi e mi staccai.

"Vado a prendere una boccata d'aria." dissi, gesticolando verso il balcone del mio appartamento. Pablo annuì, già coinvolto nel ritmo della canzone successiva, ed io andai.

Provai subito un gran sollievo, quando sentii l'aria fredda di novembre attraverso la maglietta. Ero sudato, mi sarei preso un accidente per essere uscito così, ma in quel momento avevo talmente caldo che non importava. Ammirando la vista dal mio balcone, presi il pacchetto di sigarette che tenevo in tasca e me ne portai una alla bocca. Cercai da accendere.

"Tu fumi?"

Mi spaventai quando sentii quella voce. Era tardi, il cielo era buio e le uniche luci presenti provenivano dal mio salotto. Erano tutte rosa, rosse e blu, ma mi bastò voltarmi per vedere la ragazza che si trovava alle mie spalle. Non aveva un volto familiare.

"Sei un'amica di Abby?"

"Chi? Sì, sono una sua amica."

Non le credevo, ma non mi andava di sottoporla ad un interrogatorio. C'era la possibilità che fosse una fan accanita, ma finché non faceva nulla di male non avevo motivo di chiederle di andarsene.

"Hai da accendere?" le chiesi.

Lei spalancò gli occhi. Come se io fossi un insegnante e lei l'alunna che ha dimenticato il compito a casa, corse all'interno del mio appartamento e tornò con un accendino chiesto in prestito a qualcun altro. Mi accese la sigaretta con mani inesperte ed io la ringraziai, soffiando via la prima nuvola di fumo. Le porsi il pacchetto.

"Ne vuoi una?"

"Non fumo. Scusa."
"Non devi scusarti."

"Scusa."

THE LOVING ONE (BTS FanFiction - Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora