CLACSON

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Filadelfia era fottutamente fredda durante l'inverno. Era il quarto anno che passavo in quella città tutta asfalto e grattacieli, eppure mi facevo sorprendere dal calo delle temperature ogni volta.

Durante il mio primo inverno lì, nel Duemiladiciannove, avevo conosciuto i J-EY. Ero già stato battezzato come cantante sostitutivo della band e passavo le giornate ad imparare testi, girare la città a piedi e farmi coinvolgere da ogni novità che non c'era in Tennessee. Ero felice, nel mio piccolo, ma tanto eccitato e spaventato dal futuro.

Sarei stato meno entusiasta, se avessi saputo dell'inferno che mi aspettava l'inverno successivo, nel Duemilaventi. Il tour con i J-EY era finito, Samantha e Yoongi erano stati smascherati ed io ero immerso fino al collo in una pozza di autocommiserazione. Mai stato più in basso di così. Mai stato più infelice.

Il Duemilaventuno aveva aggiustato il tiro. L'inizio era stato un disastro con la mia esibizione di The Boy That Every Girl Wants e il conseguente attacco di Yoongi, ma nel giro dello stesso mese avevo conosciuto Jungkook e la vita era diventata dolcissima.

Per questo proclamai l'inverno del Duemilaventuno come il migliore di tutti in anticipo, mentre lo stavo ancora vivendo. Anzi, mentre non era ancora propriamente iniziato.

Era il sette dicembre ed io mi trovavo all'aeroporto di Filadelfia ad aspettare Jungkook. Bastava guardarmi per dedurre che non ero lì per partire: non avevo zaini, non avevo valigie, controllavo l'orario ogni cinque secondi e tenevo gli occhi fissi sulle porte da cui sarebbe dovuto uscire il mio ragazzo dopo aver ritirato il suo bagaglio.

Per poco non saltellavo sul posto dall'eccitazione. Ero così pimpante che la guardia del corpo che avevo alle calcagna non mi sopportava più. Si sarebbe dovuta limitare a starmi vicino e a sorvegliare l'area, ma in pratica non faceva altro che sistemarmi i vestiti. Se mi allentavo la sciarpa, me la rimboccava fin sopra al naso, se mi toglievo il berretto, me lo rimetteva in testa con cattiveria e controllava che nessuno avesse visto i miei capelli rosa.

Attirava più l'attenzione lei che io, con il suo atteggiamento sull'attenti. Era esagerata. Un turista di fretta mi prese contro con la valigia e lei scattò come se fosse un pericoloso criminale. Io le dissi subito di lasciar perdere e che non mi ero fatto male, ma lei lo avrebbe rincorso fino ai confini della Terra, se io non avessi cacciato uno strillo che la immobilizzò dov'era.

Le porte che stavo sciupando con gli occhi da venti minuti erano state aperte. La gente iniziò ad uscirne trascinandosi dietro le proprie valigie ed io scattai in avanti, pazzo di gioia. La mia guardia del corpo mi corse dietro e mi pregò di aspettarlo, ma io non ne volevo sapere: nel momento in cui avvistai Jungkook, corsi ancora più forte e non rallentai finché non volai direttamente fra le sue braccia. La guardia del corpo si fermò dov'era e restò a guardarci da lontano, ansimante.

"Jungkook!" esclamai, stringendomi a quel capo, quel collo, quei capelli. "Jungkook."

Jungkook mollò le sue valigie per stringermi con entrambe le braccia. Aveva visto soltanto il lampo del mio sorriso prima che mi tuffassi su di lui, ma mi avrebbe riconosciuto sotto qualsiasi sciarpa o berretto di lana: la sua presa attorno alla mia schiena era forte e la sua voglia di rivedermi mi arrivò anche attraverso gli strati del mio piumino e del suo cappotto. Mi fece dondolare da una parte all'altra, poi io misi i piedi a terra e lo baciai. Lui sorrise nel bacio e mi inarcò all'indietro, staccandosi con un grosso "smack".

Finalmente ci guardammo in faccia. Gli diedi subito un altro bacio, poi mi costrinsi ad essere un po' meno disgustoso in pubblico e mi separai da lui. Raccolsi tutti i suoi bagagli e gli feci cenno di seguirmi, lui mi sfilò di mano il bagaglio più pesante e mi prese a braccetto. Già intenti a ridere e a guardarci con occhi brillanti prima ancora di dirci una parola, raggiungemmo la mia guardia del corpo.

THE LOVING ONE (BTS FanFiction - Yoonmin)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora