18. You've got no time

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-JIMIN-

La sua vita non era mai stata facile e frivola come quella delle favole che adorava narrare. Aveva sempre dovuto affrontare i suoi problemi a testa alta, nel tentativo di andare avanti senza farsi abbattere e di risollevarsi quando nemmeno le sue gambe erano riuscite a sostenerlo; era riuscito a raggiungere una certa posizione nonostante le sue condizioni perennemente a dir poco precarie, ed era riuscito ad intraprendere la cosa più simile ad una carriera alla quale Jimin avrebbe mai potuto sperare.

Aveva attraversato ogni tipo di avversità, dalla fame al freddo, dal tepore del sangue che gli colava sulla pelle al freddo ed umido terreno sul quale era stato costretto a dormire; aveva avuto come uniche compagne la solitudine, la tristezza e la sensazione di abbandono a congelargli le ossa.

Eppure, Jimin non riuscì a trovare un altro momento della sua vita che lo aveva terrorizzato fino a quel punto. Il sangue sembrava essersi ghiacciato nelle vene, la caviglia pulsava sordamente dandogli quasi l'impressione di essere l'unica cosa in grado di scandire il tempo che pareva essersi improvvisamente fermato, i battiti del proprio cuore che risuonava nel suo petto come se avesse voluto trapassarlo.

Sentiva distintamente gli ansiti di Namjoon, sdraiato sulle gambe di Seokjin con le braccia sanguinanti premute contro il proprio petto ed il viso tirato in un'espressione sofferente e sconvolta, gli occhi fissi sull'ammasso di piume che era appena collassato davanti a loro.

"Cosa... Che cazzo è appena successo?" mormorò Jin, stringendo a sé le spalle di Namjoon come se volesse allontanarlo dal corpo del ragazzo "Chi-Che cos'è?"

C'era qualcosa tra le fiamme.

Il rituale. Quella sera ha funzionato.

È lui che Hoseok ha evocato.

Jimin non riuscì a trattenere un singulto mentre realizzava appieno ciò che si trovava davanti ai suoi occhi. Gattonò lentamente con braccia tremanti fino al corpo del ragazzo corvino, abbassandosi quasi impercettibilmente ad osservare il movimento debole del petto che si muoveva assieme al suo respiro flebile.

"Santi Dei." borbottò accasciandosi seduto, posando una mano sulla bocca e lasciandola scorrere fino ai capelli con fare frastornato "Non è possibile."

"Cosa non è possibile, Park? Che cos'è che ha quasi strappato le braccia a Namjoon?"

"Lo ha evocato lo stregone Hoseok." mormorò Jimin, fissando con occhi sgranati la figura riversa a terra "M-me lo ha detto Kook poco prima che quella guardia scendesse nei sotterranei. Ma non credevo...Non pensavo potesse davvero... Insomma, è assurdo!"

Jin aiutò Namjoon a mettersi seduto, e Jimin riuscì a leggere la paura nei suoi occhi nonostante fosse evidente che stesse facendo del suo meglio per nasconderla.

"Quella sera io non ho visto niente." disse Jin con gli occhi incollati alle ali scure.

"Nemmeno io."

"Hyung."

La voce affaticata di Namjoon riportò l'attenzione dei due su di lui "Joon, cosa...?"

"Le mani." bisbigliò la guardia "Hyung, non sento più le mani."

Le dita di Namjoon stavano cominciando a diventare di una sfumatura nero-violacea che fece accapponare la pelle di Jimin, che cercava di non abbassare lo sguardo sul sangue che continuava a sgorgare ininterrottamente dalle ferite sulle braccia della guardia. Jin inspirò bruscamente, imprecando sottovoce mentre armeggiava goffamente con la propria cintura e la faceva sfilare dai passanti della divisa.

Dark Wings - TAEKOOKWhere stories live. Discover now